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I gioielli
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    Anello in argento con pietra rossa, metà Ottocento circa.
    Collezione privata.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello (retro) in argento con pietra rossa, metà Ottocento circa.
    Collezione privata.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Anello in argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Anello in argento con pietra in corallo incastonata, fine Ottocento circa.
    Collezione Bruna Lisci.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in oro con pietra in corallo incastonata, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Fedina in oro, inizi Novecento circa.
    Collezione privata.
    Foto di Marina Tolu.

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    Fede nuziale in oro, inizi Novecento circa.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Fede nuziale in oro (retro), inizi Novecento circa.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello maschile in oro con lavorazione a incisione, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello maschile in oro, inizi Novecento circa.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottoni in argento, metà Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Coppia di bottoni in argento (gemellus de prata), fine Ottocento circa.
    Erano usati per chiudere il colletto e i polsi della camicia sia delle donne che degli uomini.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Coppia di bottoni in argento (gemellus de prata), fine Ottocento circa.
    Erano usati per chiudere il colletto e i polsi della camicia sia delle donne che degli uomini.
    Collezione Pinuccia Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Gemelli in oro, primi Novecento.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Coppia di bottoni in oro con lavorazione in filigrana e pietra vitrea rossa incastonata, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Gemelli in argento decorati e dipinti, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Parti terminali di gancera in argento, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bracciale in argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Collana in corallo, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Su marengu (moneta d’oro) recto, 1863.
    Collezione Anna Maria Atzeni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Su marengu (moneta d’oro) verso, 1863.
    Collezione Anna Maria Atzeni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Su marengu (moneta d’oro) recto, 1892.
    Era un oggetto prezioso che, di solito, veniva trasformato in gioiello sotto forma di spilla o ciondolo.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Su marengu (moneta d’oro) verso, 1892.
    Era un oggetto prezioso che, di solito, veniva trasformato in gioiello sotto forma di spilla o ciondolo.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Orecchini in oro, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Particolare di un orecchino in oro, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in tre colori (bianco, giallo e rosa) dell’oro con lavorazione a incisione e perla coltivata incastonata, inizi Novecento circa.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Orecchini in oro con pietre vitree azzurre incastonate, inizi Novecento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Primo orecchino in oro (is cannixeddas), 1950 circa.
    Erano i primi orecchini delle bambine.
    Collezione Anna Maria Atzeni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro con pendenti in corallo.
    Collezione Anna Maria Atzeni.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Orecchini in oro con pendenti in corallo, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro e pendenti in corallo, 1890 circa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Pendenti di orecchini in corallo, fine Ottocento.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro con cammeo in avorio, 1920 circa.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla girasole (su girasoli) in lamina d’oro tirata a lustro e filigrana, 1890 circa.
    Erano utilizzate per fermare il fazzoletto sulla testa.
    Collezione Enrico Casti.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla girasole (su girasoli) in argento e oro.
    La spilla apparteneva a Maria Saba, classe 1881.
    Collezione Eleonora Foddi.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla girasole (su girasoli) in lamina d’argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Sa sabègia in argento con perline di corallo, inizi Novecento.
    Conosciuta anche come appiconi de s’ogu liau, si usava fissarla sul costume.
    Collezione Pinuccia Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in metallo con occhio di Santa Lucia, fine Ottocento circa.
    Amuleto contro il malocchio.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in metallo con occhio di Santa Lucia, fine Ottocento circa.
    Amuleto contro il malocchio.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Sonaglio in argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Bavetta in oro, 1963.
    Si metteva sul bavaglino del neonato come protezione.
    Collezione Anna Maria Atzeni.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Su dromi dromi.
    Follicolo di mantide religiosa, si utilizzava per curare l’insonnia mettendolo sotto il cuscino.
    Collezione privata.
    Foto di Marina Tolu.

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    Atzraxiu.
    Ferro battuto dal fabbro a fine luna, serviva per fare sa mexina contro il fuoco di Sant’Antonio.
    Collezione privata.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Contravelenu.
    Sacchetto di cuoio contenente all’interno una testa di vipera tagliata a fine luna; la testa veniva essiccata e abrebara prima di essere inserita all’interno. Si usava per curare le punture d’insetto velenose nelle persone e negli animali.
    Collezione privata.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in argento, anni Sessanta.
    Era usanza diffusa che la suocera lo regalasse alla futura nuora in occasione del fidanzamento.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in argento, particolare della croce, anni Sessanta.
    Collezione Cristina Garau.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in argento, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in argento, particolare della croce, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario con reliquiario, primi Novecento.
    Nel retro della croce è incastonata un’ampolla reliquario contenente, probabilmente, acqua benedetta.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario con reliquiario, particolare del retro della croce, primi Novecento.
    Nel retro della croce è incastonata un’ampolla reliquario contenente, probabilmente, acqua benedetta.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta (recto) di Santa Monica, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Medaglietta (verso) di Santa Monica, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Anna Rita Pala.

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    Medaglietta (recto e verso), fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta (recto), fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta (verso), fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta (recto) dell’Immacolata Concezione, 1830.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta (verso) dell’Immacolata Concezione, 1830.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta di Sant’Ignazio da Laconi, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medagliette di Sant’Ignazio da Laconi e di Santa Maria Goretti, fine Ottocento circa.
    Collezione Giuliana Peddis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Scapolare di San Francesco d’Assisi, primi Novecento.
    Collezione Maria Luigia Foddi.
    Foto di Marina Tolu.

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    Chiesa campestre di Santa Severa.
    Archivio fotografico di Angela Maria Fadda e Marco Sardu.

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    Santa Severa, facciata, anni Quaranta.
    Archivio fotografico di Mario Zurru.

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    Santa Severa, parte laterale, anni Quaranta.
    Archivio fotografico di Mario Zurru.

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    Festa di Santa Severa.
    Archivio fotografico di Mario Zurru.

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    Festa di Santa Severa.
    Archivio fotografico di Mario Zurru.

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  • images/morfeoshow/chiese_e_fes-7439/big/006 chiese_feste_gonnos.jpg

    La piccola e antichissima statua di Santa Severa collocata nella nicchia sopra l’altare della chiesa di Santa Severa.
    Foto dell’archivio comunale.

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    La statua di Santa Severa che si trova nella chiesa del Sacro Cuore.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Chiesa campestre di Santa Severa.
    Foto dell’archivio comunale.

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    Chiesa campestre di Santa Severa.
    Foto dell’archivio comunale.

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    Festa di Santa Severa.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Chiesa di Santa Barbara.
    Archivio fotografico di Angela Maria Fadda e Marco Sardu.

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    Processione dell’Assunta; sullo sfondo la chiesa di Santa Barbara.
    Archivio fotografico di Mario Zurru.

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    La statua di Santa Barbara.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Chiesa di Santa Barbara.
    www.comuni-italiani.it

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    Festa di Sant’Isidoro.
    Sant’Isidoro viene festeggiato nelle diverse chiese del paese con riti solenni.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    La statua della beata Vergine della salute.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Festa della beata Vergine della salute.
    La Beata Vergine della salute viene festeggiata, a fine maggio, nella parrocchia del Sacro Cuore.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Fiaccolata per la Beata Vergine di Lourdes.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    Chiesa del Sacro Cuore.
    Archivio fotografico di Angela Maria Fadda e Marco Sardu.

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    Chiesa del Sacro Cuore.
    Foto dell’archivio comunale – Andrea Meloni.

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    La statua di Santa Barbara portata in processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    Celebrazione della messa, nel parco di Perda de Pibera, per la festa di Santa Barbara.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il carro trainato dai buoi in processione per la festa di Santa Barbara.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk di Guspini.
    Foto di Mario Zurru.

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    Le prioresse.
    Foto di Mario Zurru.

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    La confraternita.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il carro con la statua di Santa Barbara.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il carro trainato dai buoi che portano la santa in processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    La confraternita.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk di Sant’Isidoro.
    Foto di Mario Zurru.

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    Le prioresse.
    Foto di Mario Zurru.

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    Cavalieri in processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    Cavalieri in processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    Un carro trainato dai buoi.
    Foto di Mario Zurru.

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    Le prioresse.
    Foto di Mario Zurru.

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    La confraternita.
    Foto di Mario Zurru.

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    La processione dei fedeli.
    Foto di Mario Zurru.

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    La processione dei fedeli.
    Foto di Mario Zurru.

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    La fine della processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    Festa di Sant’Isidoro, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk di Segariu, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Sa Giara” di Tuili, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Santu Juanni” di Pabillonis, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Santu Juanni” di Pabillonis, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Proloco” di Vallermosa, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Sant’Isidoro” di Samassi, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk di Siddi, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Sant’Isidoro” di Gonnosfanadiga, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con antichi attrezzi agricoli, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Giovani dentro sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Giovani dentro sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Uomini con il calesse, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Sa traca su un antico carro, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Gruppo a cavallo e il pony di Toto Putzu, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Gruppo a cavallo, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Bambini in carrozza, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con antico aratro, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Giovane coppia in sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con antichi attrezzi agricoli, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con sa traca, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattori addobbati, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattore con antichi attrezzi agricoli, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Sa traca con animali selvatici locali imbalsamati, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Carro trainato dai buoi, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Sa Giara di Tuili”, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo folk “Antiche tradizioni popolari” di Guspini, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il carro con la statua di Sant’Isidoro trainato dai buoi, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Gruppo con tamburi, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Gruppo con tamburi e giovani cavalieri, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Giovani cavalieri, 2008.
    Foto di Mario Zurru.

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    Il gruppo “Apostolato della preghiera” di Fluminimaggiore a cavallo, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Gruppo a cavallo, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Famiglia in calesse, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Trattori addobbati, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Sa traca: le donne riproducono l’atto della raccolta delle olive, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Le prioresse, 2010.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Inizio del rito.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene scoperto.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene tolto dalla croce.
    Foto di Mario Zurru.

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    Panoramica dell’altare della chiesa di Santa Barbara.
    Foto di Mario Zurru.

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    Interno della chiesa di Santa Barbara.
    Foto di Mario Zurru.

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    I confratelli.
    Foto di Mario Zurru.

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    Viene mostrato ai fedeli il chiodo che teneva il Cristo alla croce.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene tolto dalla croce.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene tolto dalla croce.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene mostrato alla Madonna.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo viene deposto su un letto e ricoperto di fiori.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo ricoperto dai fiori.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. La Madonna è vestita a lutto.
    Foto di Mario Zurru.

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    Su scravamentu. Il Cristo e la Madonna vengono portati in processione.
    Foto di Mario Zurru.

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    Le prioresse.
    Foto di Mario Zurru.

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    I confratelli.
    Foto di Mario Zurru.

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    Anello di fidanzamento, chiamato anche “manina di Seui”.
    Aperto, le due mani si intrecciano sul cuore.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello di fidanzamento, chiamato anche “manina di Seui”.
    Aperto, è composto da tre anelli uniti da un perno.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello di fidanzamento, chiamato anche “manina di Seui”.
    Chiuso, le mani nascondono e proteggono il cuore.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Fede sarda campidanese, con quattro file di grani d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Fede sarda campidanese a rombo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello “a corbula” in filigrana d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello “a corbula” in filigrana d’oro con turchese incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello “a corbula” in filigrana d’oro con turchese incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello “a corbula” in filigrana d’oro con corallo ovale incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in lastra d’oro con incastonata una corniola su cui è incisa la testa di un guerriero.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in lastra d’oro con incastonata una corniola su cui è incisa la testa di un guerriero.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello “a bottone” con palmette in lastra d’oro incisa e pietra vitrea rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/013 artigianato_gonnos.jpg

    Anello in oro con piccole perle intorno a una pietra granata incastonata.
    È abbinato agli orecchini della foto successiva.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro con piccole perle intorno a pietre granate incastonate.
    Sono abbinati all’anello della foto precedente.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    425
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    Bottoni in argento brunito con grani.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottone singolo in argento.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottone singolo (sul modello “iglesiente”) in argento con corallo incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottone a ciondolo (sul modello “iglesiente”) in argento con corallo incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottone a ciondolo (sul modello “iglesiente”) in argento con corallo incastonato.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottoni campidanesi da polso in oro e pietra vitrea rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottoni campidanesi da polso in oro con grani e pietra vitrea rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottoni in oro, lavorati “a giorno”, con pietra vitrea rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottone campidanese in oro, lavorati in filigrana, con pietra vitrea rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bracciale a scarabeo, in lastra d’oro incisa a mano.
    Riproduzione di un modello proveniente da Tharros (VII secolo a.C.).
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    343
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    Bracciale e orecchini in lastra bombata a mezzo vago con pietre granate incastonate.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Collana con vaghi d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Catena settecentesca in filigrana, con granate e bottone.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Catena in argento “a giunchiglio” con corbula, sfere d’argento pendenti e onice nero.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/029 artigianato_gonnos.jpg

    Collana “a pettorale” in oro e coralli.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Girocollo d’oro in filigrana, con ciondolo di grani d’oro e piccole perle intorno a una pietra granata incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Catena d’argento con ciondolo terminante con sa sabègia e due perline di corallo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

    475
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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/032 artigianato_gonnos.jpg

    Ciondolo sabègia con coppette a rosetta d’argento.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo a spirale in argento e onice.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo con spirali d’argento e pietra rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/035 artigianato_gonnos.jpg

    Ciondolo in argento con un’immagine sacra.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo in oro, granate e piccole perle incastonate; il disegno risale al periodo giudicale.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    547
  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/037 artigianato_gonnos.jpg

    Ciondolo “a quadrifoglio” in oro con piccole perle.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo d’oro “a bottone” in filigrana e pietra rossa incastonata.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo in argento con sa sabègia, perline di corallo e campanellini d’argento.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Ciondolo in argento con sa sabègia, perline di corallo e campanellini d’argento, particolare.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/041 artigianato_gonnos.jpg

    Ciondolo in argento (recto) con occhio di Santa Lucia, perline di corallo e campanellini d’argento.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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  • images/morfeoshow/artigianato-9720/big/042 artigianato_gonnos.jpg

    Ciondolo in argento (verso) con immagine della Madonna col bambino, perline di corallo e campanellini d’argento.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

    409
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    Orecchini in oro “a palia”, chiamati anche “orecchini della fornaia di Quartu Sant’Elena”, in filigrana e granate.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro “a lasu” con piccole perle e coralli incastonati.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro “a lasu” (sul modello “iglesiente”) con piccole perle e coralli incastonati.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in canna d’oro con gocce di corallo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in canna d’oro con gocce di corallo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in oro con spola ovale di corallo e gocce di corallo pendenti.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla sabègia in filigrana d’oro e perlina di corallo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spille in oro, chiamate anche “margherite di Quartu Sant’Elena”, in filigrana con piccole perle, pietra granata e corallo incastonati.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro in filigrana a traforo con coralli.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a mora” in filigrana a traforo con coralli.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a piccione” in filigrana, piccole perle e corallo incastonati.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a lustrino”, chiamata anche spilla a “coro”.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a lustrino” con stella in lamina d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a lustrino”, chiamata anche “presentosa”, con stella e foglie in lamina d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in oro “a lustrino”, chiamata anche “presentosa”, con stella e foglie in lamina d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla e ciondolo in oro con piccole perle e filigrana a traforo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    598
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    Spilla in filigrana d’oro con tre corbule.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Su lasu in oro con piccole perle e pietre granate incastonate.
    Usato come ciondolo con un nastrino o come spilla.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in filigrana d’oro.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bracciale a rosario in filigrana d’oro e grani di corallo.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Croce con spirali di filigrana d’oro e piccole perle incastonate.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario con bottoni in argento e grani di pietre granate.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Patena in argento con reliquiario in broccato rosso.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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    Patena in argento con reliquiario aperto in broccato rosso.
    Collezione Iuri Marrocu.
    Foto di Marina Tolu.

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I gioielli

Dalle ricerche storiche sul paese e, in particolare, sul costume e sui gioielli tradizionali e secondo le testimonianze delle persone più anziane, a Gonnosfanadiga risulta un uso molto limitato di gioielli; rispetto alla maggioranza della popolazione che viveva principalmente di agricoltura e di pastorizia erano poche, infatti, le persone di condizione sociale abbastanza agiata da potersi permettere i gioielli. A partire dai primi del Novecento, inoltre, si perse anche l’uso di indossare il costume tradizionale; gli abitanti del paese preferirono portare abiti più comodi e pratici e, pertanto, non si ha nemmeno più ricordo dei gioielli indossati in occasioni particolari con il costume. Nei periodi di particolare difficoltà economica i gioielli rappresentarono un’ottima opportunità come merce di scambio: venivano venduti in cambio di prodotti di prima necessità oppure, ad esempio, nel periodo fascista molto oro dovette essere ceduto per la patria.


Malgrado ciò, inventari e testamenti documentano l’esistenza di gioielli tramandati tra parenti o donati come ex voto ai santi, dei quali oggi non rimane più niente perché sono stati rubati oppure venduti per contribuire alla costruzione o restaurazione delle chiese. I gioielli citati in questi documenti erano prendas de oro e de prata e, nello specifico, bottoni, coralli, cannacas (collane), cadenatzus (catene) e giunchìllius d’oro (catene più lunghe, costituite da piccoli anelli, che si portavano avvolte in più giri intorno al collo).
Molto prezioso era su marengu de oru (una moneta d’oro): i pochi che avevano la fortuna di possederlo lo trasformavano in gioiello sotto forma di spilla o ciondolo.
Da questa ricerca è emerso che i pochi gioielli ancora presenti in paese vengono custoditi gelosamente dagli abitanti che, difficilmente, svelano di averli, spesso per diffidenza, spesso per il carattere riservato tipico dei Gonnesi che amano poco ostentare ciò che possiedono. Gli amuleti sono ancora più difficili da trovare perché chi, ancora, li conserva non vuole che si sappia e li custodisce ancora più gelosamente dei gioielli. È stato perciò difficile documentare i gioielli che presentiamo in questo lavoro ma, grazie alla collaborazione di alcune persone che ci hanno reso disponibili alcuni interessanti esemplari, possiamo ricostruire quali erano i principali gioielli utilizzati.

Informazioni preziose provengono dall’artigiano orafo Iuri Marrocu, intervistato nel corso della ricerca.
Secondo l’artigiano erano molto diffusi i bottoni, usati per chiudere il colletto e i polsi della camicia sia delle donne che degli uomini, le spille utilizzate per fermare il fazzoletto e gli orecchini con le gocce di corallo (is arracadas) per i quali c’era una particolare passione. I più diffusi erano costituiti da cerchi d’oro (raramente d’argento) con il pendente in corallo a forma di goccia di diverse dimensioni.
Vi erano anche molti rosari perché era usanza comune in paese che la suocera lo regalasse alla futura nuora; nella ricerca sono documentati soprattutto rosari in filigrana d’argento (l’oro non era molto diffuso) ma anche in madreperla e legno.
Molti gioielli erano dei portafortuna; uno in particolare era molto comune: sa sabègia, chiamata anche cocu o pinnareddu. Solitamente montata in argento, spesso brunito, di varie dimensioni, sa sabègia si portava appesa negli abiti come spilla ma, soprattutto, si usava regalarla alla nascita di un bambino e la si appendeva nella culla. Il globo era in pasta vitrea nera (ossidiana), ma anche in onice ed era sempre accompagnato dal corallo che dicevano avesse proprietà terapeutiche. Sa sabègia era utilizzata anche quando s’inaugurava una casa; l’amuleto veniva appeso nella stanza più distante dall’ingresso, mentre era abitudine mettere un bulbo di asfodelo sotto il granito dell’ingresso di casa.
Gli amuleti proteggevano dal malocchio persone, animali e piante; in particolar modo sa sabègia veniva utilizzata nei riti contro il malocchio che viene trasmesso, attraverso lo sguardo spesso inconsapevole, ai bambini. Questi riti vengono espletati, tuttora, principalmente dalle donne, le quali hanno ricevuto in dono da altre donne più anziane tutte le indicazioni per continuare a praticarli. Durante il rito vengono pronunciate delle formule – is brebus – che sono sostanzialmente preghiere in rima rivolte ai santi. Gli amuleti utilizzati nei riti vengono precedentemente abrebaus in modo da acquisire potenza magica. Altri elementi utilizzati nei riti erano spesso il grano, l’olio, il sale, il caffè, la palma benedetta, ecc.
Oltre all’uso della sabègia era consuetudine mettere, come protezione, un nastrino verde al polso dei bambini, oppure appendere al primo bavaglino una medaglietta - la bavetta - o una medaglietta benedetta di Sant’Antonio. La medaglia di Sant’Antonio era usata anche per proteggere gli animali e la casa; in questo caso, ad esempio, la si nascondeva sotto l’intonaco delle pareti o sotto il pavimento.

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