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La devozione
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    Anello in argento con lavorazione in filigrana e pietra vitrea incastonata, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni, Presidente del gruppo folk “Antiche Tradizioni di Guspini”.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Anello in oro con pietra verde incastonata, metà Ottocento.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Anello in oro con pietre nere (dette more), dono di fidanzamento, fine Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Anello in oro raffigurante al centro un’immagine sacra, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in oro maschile, dono di fidanzamento, fine Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Anello in oro con smeraldi, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Anello in oro con brillante, anni Cinquanta.
    Collezione Gianna Marrocu.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Anello in oro con pietra incisa, anni Sessanta.
    Collezione Gianna Marrocu.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Bottoni in argento, utilizzati nel gilet del costume tradizionale maschile, metà Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bottoni in argento, utilizzati per chiudere il colletto della camicia maschile, metà Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Bracciale in filigrana d’argento con cammeo incastonato al centro, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Doppio bracciale rigido in oro da donna con ciondolo, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Bracciale rigido in oro da donna con ciondolo, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Su cadenatzu, accessorio del costume tradizionale femminile, inizi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orologio da tasca, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orologio da tasca, anni Trenta.
    Collezione Gianni Locci, ereditato da Angelo Locci.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orologio da tasca, anni Quaranta.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Orologio da tasca, anni Quaranta.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglia delle seconda guerra mondiale.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Arracadas de caboniscu, orecchini in oro lavorati in filigrana, fine Settecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchini in filigrana d’oro con turchesi, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Orecchino in filigrana d’argento con pendente in onice, prima metà dell’Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Orecchini in argento con pendenti in corallo, fine Ottocento.
    Collezione Maria Francesca Mandis.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchino in oro, fine Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Orecchini in oro a forma di margherita con pietra al centro, fine Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Orecchini in oro ad anello, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchino in oro con perla centrale, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Orecchino in oro da bambina, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in argento con lavorazione in filigrana e pietra in corallo incastonata, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Spilla in oro da bambino con cornetto portafortuna, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Spilla in oro a forma di foglia con piccola perla al centro, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Spilla in oro con pietra centrale incastonata, primi Novecento.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Scatolina in oro porta pillole, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Sa perda de lati, fine Ottocento.
    Veniva utilizzata, soprattutto nei bambini, per protezione e per scacciare il malocchio.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Collana da uomo stile tribale con dente di cinghiale, metà Ottocento.
    Oggetto scaramantico per la caccia.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Pendente con cameo, fine Ottocento.
    Oggetto scaramantico in oro e madreperla.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Su cocu, fine Ottocento.
    Spilla da donna in argento, con globo di pasta vitrea azzurra e piccole perle di corallo, usata come amuleto contro il malocchio.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Su cocu, fine Ottocento.
    Spilla da donna in argento, con globo in onice e piccole perle di corallo, usata come amuleto contro il malocchio.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla in argento, con pietra in onice incastonata, utilizzata come amuleto nei rituali accompagnati dai brebus, metà Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglione antiveleno (recto), fine Settecento.
    Collezione famiglia Coa-Sanna.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglione antiveleno (verso), fine Settecento.
    Collezione famiglia Coa-Sanna.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglione (recto) per il rito dell’acua de patena, fine Settecento.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglione (verso) per il rito dell’acua de patena, fine Settecento.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglione raffigurante santi, fine Ottocento.
    Amuleto utilizzato nei riti contro il malocchio.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Contravelenu (letteralmente contravveleno), fine Ottocento.
    Astuccio in cuoio contenente, secondo la tradizione, una testa di serpente; viene utilizzato sulle persone come un vero e proprio antidoto, un contravveleno, alle punture velenose provocate da insetti vari.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Contravelenu (letteralmente contravveleno), fine Ottocento.
    Astuccio in stoffa (scapulariu) contenente, secondo la tradizione, una testa di serpente; viene utilizzato sulle persone come un vero e proprio antidoto, un contravveleno, alle punture velenose provocate da insetti vari.
    Collezione Tiziana Leo.
    Foto di Marina Tolu.

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    Libro di preghiere e rosario in filigrana d’argento, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Particolare del rosone a nove petali, del rosario in filigrana d’argento, con teca contente un frammento di broccato e preghiere, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario d’argento, 1950.
    La suocera, la madrina, o la madre, usavano regalarlo alla futura sposa.
    Collezione Marina Pinna.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario missionario in vetro e rame con le decine colorate con i colori dei cinque continenti, fine Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in semi di carruba e rame con l’effige della Madonna di Bonaria, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in semi di carruba e rame, particolare della medaglia con l’effige della Madonna di Bonaria e della croce, primi Ottocento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Rosario in legno, primi Novecento.
    Collezione famiglia Coa-Sanna.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Rosario colorato, inizi Novecento.
    Collezione famiglia Coa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Medaglia della Madonna (recto) delle giovani dell’Azione cattolica, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglia della Madonna (verso) delle giovani dell’Azione cattolica, primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglia dell’Immacolata (recto), primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglia dell’Immacolata (verso), primi Novecento.
    Collezione Roberto Maccioni.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglia benedetta (recto) con San Luigi Gonzaga.
    Si portava anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglia benedetta (verso) con la Madonna.
    Si portava anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta con la Madonna, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spille benedette raffiguranti la Madonna e inserite in un lembo di tessuto da portare addosso come protezione, fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Croce degli apostoli del cuore (recto), inizi Novecento.
    Si portava anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Croce degli apostoli del cuore (verso), inizi Novecento.
    Si portava anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta della Madonna di Lourdes, inizi Novecento.
    Si portava anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Croce benedetta dell’OFTAL (l’associazione che si occupa dell’accompagnamento dei malati a Lourdes), primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta con la Madonna di Medugorje, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta con l’effige della Madonna (recto), primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta con l’effige della Madonna (verso), primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medagliette benedette, fine Ottocento.
    Si portavano anche per preservarsi dai mali.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglie benedette con reliquie (recto), primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglie benedette con reliquie (verso), primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta di protezione (recto), fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta di protezione (verso), fine Ottocento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Oggetti religiosi, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta sacra, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta sacra, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Medaglietta sacra, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla benedetta, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    Spilla benedetta, primi Novecento.
    Collezione Marisa Murgia.
    Foto di Marina Tolu.

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    La parrocchiale di San Nicolò, primi Seicento.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Particolare del rosone in pietra caratterizzato da un complesso e fitto traforo.
    Chiesa parrocchiale di San Nicolò.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Particolare del portone.
    Chiesa parrocchiale di San Nicolò.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Particolare affrescato della volta a botte.
    Chiesa parrocchiale di San Nicolò.
    Archivio fotografico parrocchiale.

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    L’Arcangelo Raffaele con Tobiolo. Statua di legno intarsiata e dipinta, bottega lonisiana, fine XVIII secolo.
    Chiesa di San Nicolò (prima cappella a destra).
    Archivio fotografico parrocchiale.

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    Turibolo a tempietto gotico, pianta esagonale con rafforzi angolari e doppio ordine architettonico: quadrifore e trifore, argento sbalzato, cesellato e a traforo, bottega sarda, XVII secolo.
    Chiesa di San Nicolò.
    Archivio fotografico parrocchiale.

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    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Una cartolina degli anni Cinquanta mostra la facciata prima degli interventi di restauro che ne hanno parzialmente restituito l’aspetto originale.
    Archivio fotografico comunale.

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    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Della fabbrica ascrivibile al XII secolo la chiesa conserva soltanto la facciata di forme romaniche che si presenta oggi parzialmente risarcita nel suo aspetto originale.
    Foto di Alberto Soi.

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    Particolare dell’ampia finestra che sormonta il portale.
    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Alberto Soi.

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    Particolare degli archetti che seguono l’andamento degli spioventi. Al di sopra degli archetti si trovano conci con alloggi per bacini ceramici.
    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Alberto Soi.

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    La testa caprina che chiude la decorazione dell’arco della finestra in facciata.
    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Elio Gola.

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    Particolare dall’architrave del portale laterale della facciata, decorato con una croce a otto punte.
    Secondo alcuni studiosi la chiesa di Santa Maria di Malta sarebbe appartenuta ai Cavalieri dell’Ordine di Malta, attestati a Guspini nel XVI secolo.
    Foto di Alberto Soi.

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    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    L’edificio ha oggi tre navate spartite da arcate che si impostano su pilastri a pianta quadrata, abside semicircolare orientata a est e copertura lignea.
    Foto di Alberto Soi.

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    La statua lignea della Vergine dormiente, utilizzata per la processione dell’Assunta, il 15 agosto.
    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Alberto Soi.

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    Pala d’altare di Michael Angelus Medici raffigurante l’Ascensione della Vergine, 1796.
    Chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Alberto Soi.

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    Chiesa di San Pio X.
    Ristrutturata di recente ha ritrovato il suo splendore originario.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Chiesa di San Giovanni Bosco, nel quartiere Is Boinàrgius.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Chiesa campestre di San Giorgio, in località Santu Pedru.
    Foto di Alberto Soi.

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    Chiesetta campestre di Sant’Isidoro, nell’area artigianale di Guspini.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    La parrocchiale di San Nicolò è il fulcro della vita religiosa del paese; qui ci si sposa – la scalinata è un set ideale per le foto di gruppo – e da qui parte la processione della festa più importante del paese, la festa di Santa Maria Assunta.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    1937 ca. Piazza XX Settembre, chiesa di San Nicolò. Matrimonio di Adele Raccis e Salvatore Boi.
    Foto dell’archivio comunale.

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    Anni Quaranta-Cinquanta. Guspini. Foto di matrimonio sul sagrato della parrocchiale di San Nicolò. A sinistra, giovani donne posano con le ceste del presenti.
    Foto dell’archivio comunale.

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    2 gennaio 1949. Parrocchia di San Nicolò. Matrimonio di Grazietta Lisci e Attilio Poddighe.
    Foto dell’archivio comunale.

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    Anni Cinquanta. Sagrato della parrocchia di San Nicolò. Matrimonio di Cesare Liscia.
    Foto dell’archivio comunale.

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    1909. In una cartolina indirizzata in Belgio, da Joseph a Leontine, la partenza della processione di Santa Maria dalla chiesa di San Nicolò.
    Foto dell’archivio comunale.

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    Anni Quaranta. La processione col simulacro dell’Assunta esce dalla parrocchia di San Nicolò diretta verso la chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto dell’archivio comunale.

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    2011. La confraternita di Santa Maria precede il simulacro dell’Assunta.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    2011. Il simulacro della Vergine dormiente viene scortato dalla polizia municipale in alta uniforme.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    2011. Alla processione della festa di Santa Maria, sa festa manna, partecipano numerosi i contadini sui loro trattori addobbati come un tempo si addobbavano le tracas.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Portati in canestri, disposti artisticamente a formare tappetti decorati o sparsi in terra a creare sa ramadura, i fiori sono l’elemento decorativo più importante della festa.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Guspini ha due gruppi folk ed entrambi partecipano alla processione. In questa foto la testa del gruppo folk “Santa Maria”.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Componenti del gruppo folk “Antiche Tradizioni”.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    La recita del rosario scandisce il passo dei fedeli che seguono sempre numerosi la processione.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    La coccarda azzurra identifica un gruppo di uomini particolarmente devoto alla Madonna.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Le autorità civili e militari, accompagnate dai membri del comitato che ogni anno organizza i festeggiamenti, sfilano anch’esse in processione davanti al simulacro ligneo della Vergine dormiente.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    La via Santa Maria, che unisce la parrocchia di San Nicolò con la chiesa di Santa Maria di Malta, è il teatro di una spettacolare infiorata che ogni anno accoglie il passaggio della Vergine Assunta.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Il lungo e paziente lavoro di raccolta e disposizione dei petali in forme floreali, a comporre scritte o icone della Santa, è una grande manifestazione di arte popolare ed effimera.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    I volontari del gruppo “Infiorata” danno gli ultimi ritocchi prima del passaggio della Santa che comporterà anche la distruzione di questo capolavoro.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Il punto d’arrivo dell’infiorata, poco prima del sagrato della chiesa di Santa Maria di Malta.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Da sempre, in occasione della festa, la chiesa di Santa Maria di Malta viene riccamente addobbata. In questa foto degli anni Trenta si riconoscono (da sinistra) Virginia Frongia Cocco, tzia Pepa Casu e tzia Caterina Anna che ammirano orgogliose la loro opera.
    Foto dell’archivio comunale.

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    I cavalieri attendono, nel sagrato della chiesa di Santa Maria di Malta, l’arrivo della processione.
    Foto di Stefania Pusceddu.

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    Alla fine degli anni Quaranta un nutritissimo gruppo di cavalieri, ancora scarsa la meccanizzazione delle campagne, posa prima della processione di Santa Maria.
    Foto dell’archivio comunale.

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    A fine giugno il simulacro di Santu Pedru viene portato in processione su un carro a buoi nelle vie del quartiere Is Boinàrgius.
    Foto di Marina Tolu.

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    Un gruppo di cavalieri segue la processione di Santu Pedru lungo la via Anna Frank, la via dei portici.
    Foto di Marina Tolu.

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    La banda musicale “Città di Guspini” accompagna Santu Pedru.
    Foto di Marina Tolu.

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    Chierichetti e fedeli, con lo stendardo della parrocchia di San Giovanni Bosco, accompagnano il santo lungo le vie del quartiere Is Boinàrgius.
    Foto di Marina Tolu.

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    La festa di Sant’Antonio di Santadi è una delle processioni religiose più importanti e antiche della Sardegna. L’evento si ripete da oltre 400 anni in modo pressoché immutato: vi si partecipa in pellegrinaggio accompagnando la statua di Sant’Antonio, trasportata da un antico cocchio trainato da buoi, lungo un tragitto (di oltre 37 chilometri) che dalla chiesa di San Sebastiano di Arbus, passando per Guspini, arriva alla frazione di Sant’Antonio di Santadi, nella chiesa dedicata al santo. Numerosi sono i fedeli che seguono questo rito a piedi, a cavallo o sui carri trainati da buoi.
    Foto di Marina Tolu.

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    La processione di Sant’Antonio di Santadi è accompagnata da gruppi in costume sardo, cavalieri, suonatori di launeddas, dalla banda musicale, dal parroco e dai carri a buoi e trattori addobbati a festa (tracas).
    Foto di Marina Tolu.

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    La processione di Sant’Antonio di Santadi attraversa il centro abitato di Guspini e, dopo aver percorso una ventina di chilometri, si ferma per il pranzo e per far riposare gli animali nella località Pardu Atzei. Dopo circa due ore il corteo prosegue alla volta di Santadi.
    Foto di Marina Tolu.

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La devozione

La parrocchia di San Nicolò di Mira
La parrocchiale di San Nicolò di Mira sorge su un terrazzamento naturale, rinforzato con bastioni e dotato di una scenografica scalinata in granito realizzata nel 1864, ma successivamente ridimensionata per la sopraelevazione della piazza circostante. Il rettore di Guspini, canonico Antiogo Cara, in carica dal 1570 al 1602, dovette avviare una raccolta di fondi per la costruzione della chiesa, che esautorò quella di Sant’Alessandro dalle funzioni di parrocchiale. I lavori iniziarono solo a partire dal 1611, quando il rettore Antiogo Uda diede l’incarico ai picapedrers Giovanni Antonio Pinna di Cagliari e Antiogo Flores di Sardara. Tra il 1625 e il 1630 la chiesa ebbe completata la copertura e poté essere utilizzata a pieno titolo per le funzioni liturgiche.


La struttura originaria doveva essere a croce latina e copertura lignea; a metà Seicento il tetto ligneo fu sostituito con una volta a botte rinforzata da sottarchi. Il portale non si adegua agli stilemi rinascimentali con timpani e colonne ma presenta un’esile incorniciatura arcuata che media il sesto acuto con quello “a ferro di cavallo” dal vago gusto islamico e, comunque, in linea con i dettami della tradizione gotico-catalana. Agli angoli superiori della cornice, inoltre, insiste una coppia di nicchie archiacute, ognuna ospitante una testa marmorea virile con gorgiera, raffigurante probabilmente un nobile mecenate sardo-iberico, su capitello a fogliame; una terza testa, scomparsa, doveva essere collocata all’apice dell’arco.
Altro elemento di originalità è il rosone in pietra, dall’ampia cornice modanata a tori e gole, caratterizzato da un complesso e fitto traforo, uno dei pochi che nell’isola riprende gli stilemi del rosone catalano, secondo le indicazioni che potevano derivargli da quello della chiesa di Sant’Eulalia a Cagliari del quale, oggi, non rimane traccia, ben differente, comunque, dalla più diffusa tipologia a colonnine e archetti ogivali presente nei prospetti sardi seicenteschi e prossima ai rosoni gotici dell’Italia centrale.

La chiesa dedicata a Santa Maria di Malta
Il monumento architettonico più antico dell’abitato di Guspini è la chiesa dedicata a Santa Maria di Malta; della fabbrica ascrivibile al dodicesimo secolo, la chiesa conserva soltanto la facciata di forme romaniche. L'aula è stata ricostruita nel diciottesimo secolo. Secondo alcuni studiosi sarebbe appartenuta ai Cavalieri dell’Ordine di Malta, attestati a Guspini nel sedicesimo secolo. Ulteriore indizio è dato dall’architrave del portale laterale della facciata, decorato con una croce a otto punte.
L’edificio ha oggi tre navate spartite da arcate che si impostano su pilastri a pianta quadrata, abside semicircolare orientata a est e copertura lignea. La luce entra all’interno da monofore collocate nella parte alta della navata centrale così come nelle navatelle laterali. Nella zona presbiteriale si conservano una cornice di imposta decorata e una acquasantiera in pietra vulcanica dove si intravede una epigrafe parzialmente leggibile. La chiesa di Santa Maria di Malta custodisce anche la statua lignea dell’Assunta dormiente. La facciata dell’edificio si presenta oggi parzialmente risarcita nel suo aspetto originale: al centro si apre il portale sopraccigliato, sormontato da un’ampia finestra e da una serie di archetti che seguono l’andamento degli spioventi. Al di sopra di questi si trovano conci con alloggi per bacini ceramici.

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