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Antichi mestieri
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    Panoramica di Sant’Andrea Frius.
    Foto di Alberto Soi.

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    Panoramica di Sant’Andrea Frius.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Panoramica di Sant’Andrea Frius.
    Foto di Carlo Atzeni.

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    Panoramica di Sant’Andrea Frius.
    Foto di Carlo Atzeni.

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    Panoramica di Sant’Andrea Frius innevato.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Ingresso di una casa tipica sant’andriese con doppio arco, fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Casa tipica sant’andriese, fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Casa tipica sant’andriese, fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Copertura di una casa tipica sant’andriese di fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Casa tipica sant’andriese in via Meucci, fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Casa antica sant’andriese in via Cavour, zona storica del paese.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Murales in via Garibaldi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Chiesa di Sant’Andrea Apostolo, ricostruita negli anni Cinquanta su una preesistente del Settecento.
    Foto di Alberto Soi.

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    Mosaico policromato sul frontone della facciata della chiesa di Sant’Andrea Apostolo.
    Nel mosaico è raffigurato il santo titolare in atto di pescare e rappresenta l’episodio del vangelo in cui Gesù sceglie gli apostoli per l’evangelizzazione.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Colonna con la statua della Madonna del Carmelo, anni Sessanta.
    La colonna è stata fatta erigere dal medico condotto del periodo, il dottor Pibiri, nella casa di Giovanni Aru, in via Garibaldi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Crocifisso in legno, affisso per le vie del paese, indicante una delle quindici stazioni della Via Crucis.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Anziani seduti in piazza Roma, 2011.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Uomo di campagna, legato alle vecchie tradizioni.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Piazza San Pio da Pietrelcina.
    Foto di Carlo Atzeni.

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    Piazza Roma, prima della ristrutturazione.
    Archivio fotografico privato.

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    Piazza Roma, prima della ristrutturazione.
    Archivio fotografico privato.

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    Bar, ristorante e pizzeria Su Nuraxi.
    Foto di Carlo Atzeni.

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    Piazza dei caduti.
    Foto di Alberto Soi.

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    Sa cruxi santa in via Libertà.
    In ricordo dei missionari che arrivavano in paese negli anni 1925, 1960, 1966.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Via Libertà.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Via Libertà innevata.
    Archivio fotografico privato.

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    La chiesetta campestre dedicata a Nostra Signora di Bonaria prima della riedificazione.
    La chiesa si trova in un piccolo colle alla periferia del paese, sulla strada per Cagliari.
    Foto di Bruno Atzori.

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    La chiesetta campestre dedicata a Nostra Signora di Bonaria dopo la riedificazione del 1963.
    Foto di Alberto Soi.

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    Un mesoni (ovile) in località Terra de Antini.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Un mesoni (ovile) in località Terra de Antini.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Mielificio sulla strada per Cagliari.
    Foto di Carlo Atzeni.

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    Sa cadira de s’aremigu.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Parco comunale Giadrinu, così chiamato perché anticamente era un grande frutteto.
    Si intravede la nicchia, costruita nel 1997, in onore di Sant’Isidoro.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Parco comunale Giadrinu, così chiamato perché anticamente era un grande frutteto.
    Si intravede la nicchia, costruita nel 1997, in onore di Sant’Isidoro.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Parco comunale Giadrinu.
    Foto di Alberto Soi.

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    Rimboschimento della zona di Su Cappucciu, sulla statale 387 verso Cagliari.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Ingresso di una grotta nelle campagne intorno al paese.
    Questa grotta era un rifugio durante i bombardamenti.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Campagna intorno al paese.
    Foto di Alberto Soi.

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    Campagna intorno al paese.
    Foto di Alberto Soi.

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    Campagna intorno al paese.
    Foto di Alberto Soi.

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    Campagna intorno al paese.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Campagna in località Coxinas.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Campagna in località Coxinas.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Campagna in località Coxinas.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Il rio Coxinas, a sud del paese.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Cavalli al pascolo nell’altopiano di Pranu de Sànguni.
    Foto di Alberto Soi.

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    Resti della casa del colonnello (sa domu de su coronellu) nell’altopiano di Pranu de Sànguni, primi Ottocento.
    Si racconta che il colonnello Virdis di Sassari avesse ricevuto dal comune, come premio per aver fatto la guerra, dei terreni da coltivare. Lui piantò alberi da frutta, impiantò vigneti, ma ostacolò il pascolo al brado dei pastori di Sant’Andrea, San Nicolò e San Basilio. Alcuni dicono che morì in un agguato, altri che, riuscì a fuggire ferito nascosto in un carro pieno di fieno, ma morì poi di cancrena.
    Oggi rimangono solo i resti della sua abitazione e il portone, che si trova in una casa del paese.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Resti della casa del colonnello (sa domu de su coronellu) nell’altopiano di Pranu de Sànguni, primi Ottocento.
    Si racconta che il colonnello Virdis di Sassari avesse ricevuto dal comune, come premio per aver fatto la guerra, dei terreni da coltivare. Lui piantò alberi da frutta, impiantò vigneti, ma ostacolò il pascolo al brado dei pastori di Sant’Andrea, San Nicolò e San Basilio. Alcuni dicono che morì in un agguato, altri che, riuscì a fuggire ferito nascosto in un carro pieno di fieno, ma morì poi di cancrena.
    Oggi rimangono solo i resti della sua abitazione e il portone, che si trova in una casa del paese.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese, via Libertà.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese, via Libertà.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone del vecchio asilo.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Ingresso di una casa con portale in legno, con grande arco lavorato e sagomato.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Ingresso di una casa con portale in legno, con grande arco lavorato e sagomato.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone, primi Ottocento.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Ingresso di una casa con arcata di fine Ottocento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Ingresso di una casa con arco lavorato e sagomato.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Portone tipico di una casa sant’andriese.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Ingresso della bottega de su ferreri Luigi Mereu, via Verdi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Maschera utilizzata dai cavalieri durante la manifestazione. A sinistra è raffigurato un drago, in ricordo della leggenda che racconta di un drago ucciso da San Giorgio nell’altopiano di Pranu de Sànguni.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Maschera utilizzata dai cavalieri durante la manifestazione. A sinistra è raffigurato un drago, in ricordo della leggenda che racconta di un drago ucciso da San Giorgio nell’altopiano di Pranu de Sànguni.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Cavalieri di Sant’Andrea Frius si esibiscono nella pariglia chiamata su fusti.
    Viene legato un bastone (su fusti) alla sella del cavallo per permettere a un cavaliere di salire sulle spalle degli altri due compagni che guidano i cavalli.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Cavalieri di Sant’Andrea Frius si esibiscono nella pariglia chiamata il ponte.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Cavalieri di Sant’Andrea Frius si esibiscono nella pariglia chiamata sa funi.
    Viene legata una fune alla sella del cavallo per permettere a due cavalieri di tenersi in equilibrio.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Cavalieri di Sant’Andrea Frius si esibiscono nella pariglia chiamata sa funi.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Giovanissimo cavaliere al galoppo nella pariglia cuaddu solu.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Cavalieri durante la manifestazione.
    Foto di Bruno Atzori.

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    Cavaliere in corsa con la spada per trafiggere il drago.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Cavaliere in corsa con la spada per trafiggere il drago.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Cavaliere in corsa con la spada per trafiggere il drago.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Cavaliere in corsa con la spada per trafiggere il drago.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Il drago che i cavalieri devono trafiggere con la spada.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Daniele Deidda, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    L’uomo con la sciabola è Claudio Cossu, alla sua sinistra Rita Dedoni, l’uomo con la cravatta è il segretario comunale, davanti a lui, seduta, sua moglie Angelina Cocco, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Anna Giuseppa Cappai, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Eugenio Melis, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    La famiglia Callai, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Irene Pia, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Barbara Serra, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Aru Angelo, ritratto di matrimonio, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di famiglia, primi Novecento.
    Archivio fotografico privato.

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    Fulgenzio Atzeni in abiti militari, 1912.
    Archivio fotografico privato.

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    Delia Atzeni fra le braccia della mamma Chiara Meloni, in posa per una foto ricordo da inviare al padre Fulgenzio Atzeni, richiamato al fronte, 1915.
    Archivio fotografico privato.

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    Fulgenzio Atzeni, 1915.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di gruppo, prima guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Delia Atzeni, 1917.
    Archivio fotografico privato.

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    Giovanni Aru, soldato nella prima guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

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    Delia Atzeni con i genitori Chiara Meloni e Fulgenzio Atzeni, 1917-18.
    Archivio fotografico privato.

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    Francesco e Fulgenzio Atzeni, 1919.
    Archivio fotografico privato.

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    Bissenti Cocco, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

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    Teresa Mulargia, 1920.
    Archivio fotografico privato.

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    Giuseppe Fanunza con la moglie Vitalia Mulargia, 1920.
    Archivio fotografico privato.

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  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/021 ricordi_saf.jpg

    Foto di famiglia, 1920.
    Archivio fotografico privato.

    360
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/022 ricordi_saf.jpg

    Antonio Meloni, 1920.
    Archivio fotografico privato.

    390
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/023 ricordi_saf.jpg

    Gruppo di amici, 1920.
    Archivio fotografico privato.

    600
    389
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/024 ricordi_saf.jpg

    Foto di coppia, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    437
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/025 ricordi_saf.jpg

    Foto di famiglia, 1920.
    Archivio fotografico privato.

    398
    600
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    La piccola Savina Casula in braccio alla mamma Peppeda Lallai, 1920.
    Archivio fotografico di Casula Savina.

    375
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/027 ricordi_saf.jpg

    Sa prentzadura (la torchiatura), anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    600
    402
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/028 ricordi_saf.jpg

    Giovanni Cappai, alle spalle si intravede Ciccitu Cocco, 1924.
    Archivio fotografico privato.

    385
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/029 ricordi_saf.jpg

    Foto di famiglia, 1924.
    Archivio fotografico privato.

    600
    417
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/030 ricordi_saf.jpg

    Foto di tre bambine, 1924.
    Archivio fotografico privato.

    382
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/031 ricordi_saf.jpg

    Adele Paderi con le tre figlie, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    363
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/032 ricordi_saf.jpg

    Foto di famiglia, 1926.
    Archivio fotografico privato.

    600
    403
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/033 ricordi_saf.jpg

    Giuseppe Meloni, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    405
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/034 ricordi_saf.jpg

    Marcello Cappai col fratello Francesco, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    368
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/035 ricordi_saf.jpg

    Giuseppe Cappai e Rita Dedoni con i figli Francesco, Mario e Giovanni, anni Venti.
    Archivio fotografico privato.

    600
    379
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/036 ricordi_saf.jpg

    Fiorenza Cocco, 1920.
    Archivio fotografico privato.

    393
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/037 ricordi_saf.jpg

    La classe di prima elementare nell’anno scolastico 1927-28.
    Archivio fotografico privato.

    600
    361
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/038 ricordi_saf.jpg

    La classe di terza e quarta elementare nell’anno scolastico 1929-30.
    Archivio fotografico privato.

    600
    358
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/039 ricordi_saf.jpg

    Gruppo di donne, 1929.
    Archivio fotografico privato.

    374
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/040 ricordi_saf.jpg

    Gruppo di amici, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    419
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    Gruppo di amici, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    422
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/042 ricordi_saf.jpg

    Campo militare, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    393
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/043 ricordi_saf.jpg

    Maria Mulargia, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    425
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/044 ricordi_saf.jpg

    Virgilio Pinna con la divisa militare, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    439
    600
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    Agata Meloni, anni trenta.
    Archivio fotografico privato.

    364
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/046 ricordi_saf.jpg

    Giuseppe Atzeni, noto Peppino, militare maniscalco, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    417
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/047 ricordi_saf.jpg

    Giovanni Atzeni, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    394
    600
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    Da sinistra, Maria Mulargia, Gesuina Sulis, Tina Cossu e, seduta, Antonia Melis, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    451
    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/049 ricordi_saf.jpg

    Il primo a sinistra è Virgilio Pinna, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    366
    600
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    Giuseppe Aru, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di famiglia, anni Trenta.
    In alto da sinistra, Giuseppe Aru e Antonio Meloni noto “Antonicu”, in basso si riconoscono, Assunta Meloni, Agatina Meloni, Ida Meloni con la mamma Luigia Aru, nota “Laurina”.
    Archivio fotografico privato.

    380
    600
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    Luigia Aru, nota “Laurina”, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    390
    600
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    Antonino Aru, 22 settembre 1932.
    Archivio fotografico privato.

    364
    600
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    Giuseppe Aru, 25 dicembre 1936.
    Archivio fotografico privato.

    369
    600
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    Antonino Aru, 19 febbraio 1937.
    Archivio fotografico privato.

    388
    600
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    Angelo Aru, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    429
    600
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    Zappatori dell’azione cattolica, 1937.
    Archivio fotografico privato.

    600
    375
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    Piccoli Balilla in un raduno del 1938.
    Archivio fotografico privato.

    600
    375
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    Paolina Marcia con il figlio Giuseppe Aru, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Mansueto Casula con il cognato Giuseppe Aru, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Il gruppo delle “circoline” dell’azione cattolica.
    Archivio fotografico privato.

    600
    420
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    Gruppo di amici; si riconoscono Antonio Mulargia e Teodato Fadda, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    371
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    I coniugi Eugenio Melis e Teresa Mulargia con i loro figli, 1939.
    Archivio fotografico privato.

    387
    600
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    Gruppo di donne di Sant’Andrea Frius, 1939.
    Archivio fotografico privato.

    427
    600
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    Delia Atzeni nel giorno del suo matrimonio con Luigi Mascia, 20 novembre 1938.
    Archivio fotografico privato.

    373
    600
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    Antonino Atzeni, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    372
    600
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    Contadini al lavoro nei campi, 1937.
    Archivio fotografico privato.

    600
    341
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    Teresa Mulargia con alcune delle figlie, anni Trenta.
    Archivio fotografico privato.

    423
    600
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    Giuseppe Atzeni soldato in Abissinia negli anni 1937-38.
    Archivio fotografico privato.

    600
    411
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    Fotomontaggio, Giuseppe Aru e, in basso, il padre Angelo, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    392
    600
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    Giuseppe Aru, 11 agosto 1940.
    Archivio fotografico privato.

    387
    600
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    Giuseppe Aru con un amico, 10 novembre 1941.
    Archivio fotografico privato.

    405
    600
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    Giuseppe Aru, 20 maggio 1940.
    Archivio fotografico privato.

    409
    600
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    Antonino Aru, 4 aprile 1940.
    Archivio fotografico privato.

    424
    600
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    Antonietta Melis, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    368
    600
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    Delia Atzeni nel cortile di casa con il piccolo Antonio Mascia, 1940.
    Archivio fotografico privato.

    395
    600
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    Giovanni Atzeni in divisa militare, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    341
    600
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    Ederina Callai e Giuseppina Mulargia, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    399
    600
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    Maria Teresa Schirru, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    374
    600
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    Rodolfo Pinna, bersagliere durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

    413
    600
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    Rodolfo Pinna, bersagliere durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico storico.

    380
    600
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    Virgilio Pinna, militare durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico storico.

    372
    600
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    Clementina Putzu con le figlie Vitalia e Gina, 1942.
    Archivio fotografico privato.

    362
    600
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    Gruppo di militari durante la seconda guerra mondiale a Tripoli.
    Archivio fotografico privato.

    388
    600
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    Militari ritratti a Tripoli durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

    361
    600
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    Gruppo di ragazze. Si riconosce, a sinistra, Savina Casula, anni quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Mansueto Casula nel giardino con il cognato Giuseppe Aru e il fratello Ubaldo Casula, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    409
    600
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    Un’auto greca trasporta feriti durante la seconda guerra mondiale, 28 ottobre 1940.
    Archivio fotografico privato.

    600
    400
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    Ricordo dei caduti nella seconda guerra mondiale, 05 luglio 1940.
    Archivio fotografico privato.

    600
    371
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/090 ricordi_saf.jpg

    Salvatore Mameli con la divisa militare, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    407
    600
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    Gruppo di militari durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico storico.

    600
    464
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/092 ricordi_saf.jpg

    Celebrazione di una messa al fronte, seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    386
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    Gruppo di militari; il primo a destra è Giuseppe Aru, 1940.
    Archivio fotografico privato.

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    377
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    Gruppo di militari; il primo a destra è Giuseppe Aru, 2 agosto 1940.
    Archivio fotografico privato.

    600
    418
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/095 ricordi_saf.jpg

    Giuseppe Aru noto Peppino con la divisa militare, 1941.
    Archivio fotografico privato.

    399
    600
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    Giuseppe Aru durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

    355
    600
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    Giuramento dell’aviere Giovanni Atzeni all’Aeronautica Militare, 1941.
    Archivio fotografico privato.

    600
    345
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/098 ricordi_saf.jpg

    Giovanni Atzeni e Antonia Melis, primi anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    353
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    Giovanni Atzeni durante la seconda guerra mondiale.
    Archivio fotografico privato.

    600
    434
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    Eligio Casula con la sorella Matilde, suora di carità dell’ordine di San Vincenzo, primi anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    410
    600
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    Eligio Casula, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    378
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    Antonio Atzeni, 19 agosto 1941.
    Archivio fotografico privato.

    347
    600
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    Palmira Espa e Giovanni Cannas, 1941.
    Archivio fotografico privato.

    600
    405
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    Soldati durante una esercitazione; si riconosce Giuseppe Aru.
    Archivio fotografico privato.

    600
    383
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    Gruppo di militari; si riconosce Giuseppe Aru.
    Archivio fotografico privato.

    600
    375
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    Gruppo di militari; l’uomo con l’elmetto è Giuseppe Aru.
    Archivio fotografico privato.

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    402
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    Giovanni Atzeni con la compagna Antonia Melis, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Giuseppe Aru nel deposito di Gesico.
    Archivio fotografico privato.

    600
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    Giuseppe Aru nel deposito di Gesico.
    Archivio fotografico privato.

    600
    409
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    Antonio Atzeni, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    482
    600
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    Assunta Casula con i fratelli Mansueto e Savina, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    386
    600
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    Antonia Melis, 26 maggio 1940.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Gruppo di amici; si riconoscono Giovanni Atzeni, Ninnu Montisci e Raffaele Puddu, 1948.
    Archivio fotografico privato.

    600
    353
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    Giovanni Aru con gli amici in una battuta di caccia, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    400
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    Foto di famiglia; da sinistra Giuseppe Aru con il padre Angelo e il fratello Giovanni, in alto a sinistra, la madre Paolina Marcia, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Alfredo Palmas con la divisa militare, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Giovanni Secci, noto Giuannicu, con la moglie Antonia Serra, ritratti a Pranu de Sànguni, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    411
    600
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    Giorgino Melis, Mansueto Casula e Francesco Cappai, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

    345
    600
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    Giovani soldati, anni Quaranta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di gruppo, 1948.
    Archivio fotografico privato.

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    La famiglia Atzeni, 21 maggio 1950.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Francesco Atzeni con le nipoti Maria Rita e Ferdinanda Atzeni, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Spettacolo del circo a Sant’Andrea Frius, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    381
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    Gruppo di amici nella via Cagliari a Sant’Andrea, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Le spigolatrici, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Squadra di calcio, primi anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    383
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    Pietro Mura e Fulgenzio Atzeni, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/128 ricordi_saf.jpg

    Bambino col girello, 1951.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Bambini dell’asilo, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    421
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    Gruppo di anziani, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    363
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    Antonio Atzeni, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Peppeda Lallai con la figlia Matilde Casula, suor Stefania, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Eligio e Ubaldo Casula con la mamma Peppeda Lallai, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Da sinistra Antonio Mascia, Fulgenzio Atzeni e Chiara Meloni, in piedi si riconoscono, Luigi Mascia e Delia Atzeni, 1954.
    Archivio fotografico privato.

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    Giovanni Atzeni col figlio Marcello, fine anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    423
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    Fulgenzio Atzeni, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    La classe di terza elementare, 1959.
    Archivio fotografico privato.

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    Antonio e Fulgenzio Atzeni, anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    Anna Maria Aru e la sorella minore Maria Pina, fine anni Cinquanta.
    Archivio fotografico privato.

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    413
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    Matilde Casula con i nipoti Marcello, Anna Maria e Maria Pina Aru e Grazietta e Augusto Casula, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
  • images/morfeoshow/album_dei_ri-8987/big/141 ricordi_saf.jpg

    Sergio Pinna, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Sergio Pinna, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Sergio Pinna, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

    412
    600
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    Squadra di calcio, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

    600
    401
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    Preparativi per un matrimonio, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

    600
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    Operai intenti ad asfaltare la strada Sant’Andrea Frius-Senorbì, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di gruppo, 1960.
    Archivio fotografico privato.

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    366
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    Giovani in mesuidda (nel centro del paese), anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    418
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    Foto ricordo della celebrazione della festa dei caduti, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    425
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    Savina Casula con le figlie Anna Maria e Maria Pina, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Classe dell’asilo, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    Savina Casula con il marito Giuseppe Aru e figli Anna Maria, Angelo e Maria Pina, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Marcello, Pierpaolo, Anna Maria e Maria Pina Aru, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Giovanni Aru, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    Giuseppe Aru e Savina Casula con il figlio Angelo, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di gruppo, anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    In mesuidda (nel centro del paese), anni Sessanta.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Donne con is marigas in testa.
    Archivio fotografico privato.

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    Ragazze nello spiazzo dell’attuale Piazza Roma.
    Archivio fotografico privato.

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    438
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    Donne intente a fare il bucato.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Donna intenta a fare il pane.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto ritratto.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto ricordo della leva militare.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ritratto di coppia.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ritratto; la donna porta degli orecchini con pendenti.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto ricordo della leva militare.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ritratto.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Giampaolo Cocco (classe 1825) indossa il costume tradizionale: berretta, fazzoletto annodato sotto il mento (forse indica un lutto), camicia bianca, corpetto con abbottonatura centrale, giacca, calzoni bianchi a gonnellino e ghette.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Donna con bambino.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    Il pranzo dopo la tosatura delle pecore.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ritratto; la donna porta degli orecchini circolari.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    600
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    Foto di famiglia.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di gruppo.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di gruppo; sullo sfondo si intravede l’antica chiesa di Sant’Andrea apostolo.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ricordo della leva militare; l’uomo indossa un anello.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ricordo di un bambino.
    Archivio fotografico privato.

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    Gruppo di anziani del paese.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto di gruppo; si riconoscono il parroco don Mascia e padre Marcello.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ricordo della leva militare.
    Archivio fotografico privato.

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    Barbara Fanunza.
    Archivio fotografico privato.

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    Foto ricordo sul carro a buoi.
    Archivio fotografico privato.

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    Su gueteri Ubaldo Vacca, famoso in tutto il circondario per i bellissimi fuochi d’artificio che produceva. La sua bottega era in via Grazia Deledda.
    Archivio fotografico privato.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Composizione delle polveri utilizzate per realizzare i diversi effetti nei fuochi d’artificio.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Autorizzazione comunale per l’accensione dei fuochi d’artificio in onore dei festeggiamenti della Madonna dell’Assunta.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Campanaccio antico.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Museruola per buoi (sa sportìzia) utilizzata per impedire che i buoi mangiassero mentre aravano.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Sa musiera, un altro tipo più recente di museruola per buoi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Il giogo dei buoi (su giuali) utilizzato per tenere legati i buoi nei lavori sui campi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    A sinistra, il ferro che veniva messo ai buoi; a destra, un oggetto utilizzato per pulire e raschiare il ferro dal fango dopo che il bue arava.
    Foto di pinna Marcella.

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    Oggetto utilizzato nei cavalli e nei buoi.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Su crabistu, veniva messo nel collo dei vitelli durante lo svezzamento.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Oggetto utilizzato per catturare le volpi, per evitare che mangiassero il bestiame.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Oggetto utilizzato per catturare le volpi, per evitare che mangiassero il bestiame.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Le falci venivano utilizzate nei lavori contadini, per tagliare le spighe, l’erba; la più piccola per tagliare le canne del ruscello.
    Foto di Marcella Pinna.

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    La roncola (su cavunatzu) utilizzata per tagliare la legna.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Sa sàsua utilizzata per prendere la farina dal sacco.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Le forbici per tosare le pecore.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Oggetti antichi utilizzati in campagna.
    Foto di Marcella Pinna.

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  • images/morfeoshow/oggetti_trad-2050/big/015 oggetti_saf.jpg

    Giovanni Atzeni, intervistato nel corso della ricerca.
    Foto di Claudia Castellano.

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    Caffettiera antica.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Ferro da stiro antico.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Cestini utilizzati dalle massaie.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Su lacu, utilizzato un tempo per dar da mangiare agli animali.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Sa moba, la macina in pietra utilizzata per macinare il grano con l’aiuto dell’asinello.
    Foto di Marcella Pinna.

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    La carrucola (sa tallora).
    Foto di Marcella Pinna.

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    Is francas, utilizzata per recuperare le cose cadute nel pozzo.
    Foto di Pinna Marcella.

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    Su barribi, veniva riempito di acqua o di vino e portato in campagna quando si andava a lavorare.
    Foto di Marcella Pinna.

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    Su carru, il carro dei buoi.
    Foto di Marcella Pinna.

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Antichi mestieri

Le principali attività economiche di Sant’Andrea Frius erano la pastorizia e l’agricoltura e, fino agli anni Ottanta, erano attive anche due miniere che rappresentavano un’ulteriore risorsa per il paese.
Ogni famiglia faceva il possibile per essere indipendente e non dover comprare utensili, cibo e vestiario: per questo la maggior parte delle persone era in grado di realizzare molti lavori. Il contadino costruiva e riparava gli utensili destinati ai lavori agricoli quotidiani. Per gli utensili di maggior grandezza si rivolgeva al fabbro o al falegname. Le ragazze, fin dalla giovane età, apprendevano da mamme e nonne tutti i segreti delle arti domestiche: dovevano, infatti, essere in grado di cucire, filare, ricamare, cucinare, fare il pane, la pasta e i dolci. Il pane doveva essere sufficiente al fabbisogno di tutta la famiglia e anche a quello dei servitori. Non era un lavoro faticoso ma richiedeva tempo e bravura. Tutti in casa facevano i dolci, ma famosissima in paese per i buonissimi e bellissimi dolci sardi era Efisia Melis, tzia Efisiedda, mentre per i “monumentali” gattò c’era Amelia Cossu. Erano le più abili e venivano chiamate in occasione di matrimoni e altre diverse ricorrenze.
Oggi gli strumenti un tempo utilizzati nei lavori quotidiani hanno assunto una valenza artistica e culturale, svincolata dalle loro funzioni d’uso.


La bottega de su ferreri
I fabbri realizzavano molti oggetti utili per la vita quotidiana.
Un tempo, quando gli unici mezzi di trasporto erano cavalli, asini, muli e buoi, quello del fabbro era un lavoro molto diffuso. Gli animali, infatti, venivano portati da su ferreri due volte all’anno per evitare che si azzoppassero; ciascun ferro veniva fatto su misura. Il fabbro solitamente aveva un aiutante che teneva sollevata la zampa dell’animale, mentre lui appoggiava il ferro incandescente per prendergli l’impronta. Poi il fabbro batteva il ferro nell’incudine e lo fissava allo zoccolo dell’animale che veniva limato e riadattato alla ferratura.
Nel paese c’erano le botteghe di Luigi Mereu in via Verdi, Giuseppe Atzeni e Luigi Paderi in via Armando Diaz e Salvatore Mannai in via Cavour.

La bottega del falegname
La falegnameria del paese si trovava in via IV novembre (sa cora de pareta, piccolo sentiero) e apparteneva a Serafino Mura.

Su maistu de carru
Per la popolazione era essenziale avere il carro sia per lavorare che per gli spostamenti.
In paese su maistu de carru era l’artigiano Luisicu Anedda e si trovava in via Garibaldi. Realizzava a mano carri per buoi con esclusione di alcuni pezzi che venivano prodotti dal fabbro.

Su butaio
L’artigiano che produceva e aggiustava botti si chiamava Andrea Melis e la sua bottega era in via Alessandro Volta.

Su sabateri
Il calzolaio lavorava col cuoio e la colla. C’erano diverse botteghe in paese: quella di Guido Melis in via Piave, di Angelo Aru in via Michelangelo e di Boricu Aru in via Cavour. Oltre che aggiustare le scarpe usate, ne producevano di nuove e andavano poi a venderle col carro in tutta la Trexenta. Erano tempi di povertà e tutta la produzione veniva venduta per assicurare un discreto benessere alla famiglia. Anche i loro figli, infatti, iniziarono a indossare le scarpe solo in età adulta.

Su gueteri
L’artigiano si chiamava Ubaldo Vacca ed era famoso in tutto il circondario per i bellissimi fuochi d’artificio che produceva. La bottega era in via Grazia Deledda.

La mietitura
I mietitori – is scadaredis – lavoravano a giornata e tagliavano le spighe con la falce. La loro paga solitamente era commisurata al grano seminato. Le spighe erano poi raccolte dalle spigolatrici.

Le spigolatrici
Ogni mietitore aveva il diritto di scegliere la sua spigolatrice; lei gli doveva portare l’acqua da bere durante il lavoro e, per ringraziarlo di averla scelta, qualche prodotto dell’orto, dolci, uova o pane.
Anche il proprietario dei terreni da mietere mandava le sue serve alla stoppia (sa stoa).
Prima dell’arrivo del padrone e di tutte le serve nessuno poteva raccogliere le spighe (boddiri sa spiga) nel campo mietuto. Le sebidoras, le serve che lavoravano nella casa domestica, non potevano andare nei campi se non prima di aver sbrigato le faccende domestiche, e anche le altre spigolatrici dovevano aspettarle.
Una volta raccolte, le spighe venivano portate nelle case e messe in su stabi affinché il grano rimanesse asciutto. Su stabi doveva essere prima disinfettato.

La trebbiatura
Si ripuliva molto bene lo spazio scelto per stendere le spighe (sterri sa spiga). Le spighe dovevano essere disposte in circolo con la parte superiore (sa cabitza) verso l’interno, in modo che i chicchi di grano calpestati durante la trebbiatura rimanessero all’interno del cerchio formato dai gambi della spiga. Al centro del cerchio si conficcava nel terreno un palo di legno attorno al quale giravano gli animali (buoi, cavalli, asini) che provvedevano alla trebbiatura. Gli animali giravano intorno al palo almeno diciotto volte, ma spesso anche tutto il giorno, accompagnati dall’uomo.
Si seguiva questo procedimento anche per fave, piselli e ceci. Si facevano poi dei mucchi e si aspettava che il vento separasse la paglia dal raccolto.

Incungiai sa palla (prendere la paglia)
Una volta che il vento aveva separato il raccolto dalla paglia, si raccoglieva anche quella. La paglia veniva portata nelle case con i carri. Sul carro veniva disposta sopra sa cedra, una stuoia fatta con rametti di olivastro o di mirto. Il locale che accoglieva la paglia prendeva il nome di domu de palla.

Is serbidoris
Sia i bambini che le bambine venivano acodraus, ovvero mandati a lavorare presso le famiglie benestanti. Con le loro paghe contribuivano al sostentamento della famiglia. Se il salario era alto si riusciva a risparmiare per provvedere al corredo o, nel caso degli uomini, all’acquisto della casa. L’anno lavorativo iniziava il 7 settembre.

L’aratura
L’aratura veniva fatta col bestiame. L’aratura di febbraio-marzo si chiamava manixu, quella di maggio manixu de beranu, quella invernale manixu de atòngiu.

La semina
Con la semina si lanciavano le semenze, poi si arava.
Dopo l’aratura si facevano dei solchi profondi per lo scolo delle acque piovane dette coras.
Al centro del terreno si faceva un solco maggiore degli altri per le acque laterali in modo che non si allagasse il terreno. Prima di arare si toglievano le erbacce con la zappa; alcune erbacce, come il papavero, venivano tolte con le mani.

La vendemmia
Dopo la vendemmia, l’uva raccolta si portava in spalla sul carro dentro tini rotondi di legno di castagno detti staredus. Sopra il carro l’uva si sistemava dentro sa cubidina manna e sa cubidina pitica; arrivati a casa si metteva in un’altra cubidina piu grande e si pigiava con i piedi. Si lasciava fermentare una o due settimane, a volte anche di più, ma ogni giorno doveva essere comunque pigiata. Dopo si toglieva la vinaccia (sa benaza) che veniva pressata con sa prentza mentre il mosto veniva messo nelle botti. La vinaccia si metteva poi in sa cubina e si allungava con acqua del pozzo; si lasciava fermentare un paio di giorni e diventava su piriciolu, il vino dei poveri.
La vigna doveva essere curata tutto l’anno. Dopo la vendemmia veniva potata e i tralci delle viti venivano legati in alto. Successivamente la terra veniva scratzada, ossia zappata per formare dei canali lungo i filari per raccogliere l’acqua piovana. Quando le foglie delle viti crescevano si smamàt, si eliminavano cioè le foglie inutili e si curavano le altre con la cenere o lo zolfo. Quando passavano i buoi per arare, le foglie più grandi venivano legate per non rischiare che venissero stracciate e ai buoi veniva messa sa sportitzia, una sorta di museruola, affinché non mangiassero le viti.

Il lavoro degli animali
Il bestiame era molto utile all’uomo per compiere molti dei lavori quotidiani.
I buoi aravano dalla mattina alla sera, trasportavano legna, pietre ecc. I buoi avevano un campanaccio chiamato pitiolu furisteri che suonava quando l’animale mangiava; all’alba quando non si sentiva più il campanaccio significava che il bue aveva finito di mangiare e si poteva iniziare il lavoro nelle campagne.
Per irrigare l’orto ci si serviva dei mulini che prendevano l’acqua dal pozzo. Solitamente erano in legno ed erano azionati da un asinello a cui veniva messo in testa su facili, un sacco per evitargli capogiri.
C’era una ruota grande che girava con dei vasetti in terracotta, ben distanziati tra loro e legati a una catena, che scendevano, prendevano l’acqua del pozzo e risalivano colmi d’acqua. L’acqua veniva utilizzata direttamente per irrigare o raccolta in un vascone chiamato sa bràziga.
Per macinare il grano veniva usata la macina in pietra (sa mola) azionata anch’essa dall’asinello che girava la macina per tutto il giorno, ad eccezione degli intervalli per svuotare su lacu, un contenitore in pietra, dalla farina. Si faceva scorrere la farina da una fessura laterale e ciò che rimaneva - la crusca - veniva data alle galline. Sa mola si trovava solitamente in una stanza dentro la casa.

L’apicoltura
In passato l’apicoltura era diffusissima; ogni famiglia aveva un’arnia (su casidu) fatta di sughero, per la provvista familiare di miele e cera. Il miele veniva estratto una volta all’anno.

Il pollaio
Ogni famiglia aveva il pollaio. La gallina era, infatti, l’animale più economico e comune da allevare e non creava impedimenti alle altre attività. Le galline stavano in un terreno aperto chiamato axrola dove venivano buttati i rifiuti: le galline infatti servivano anche per ripulire perché mangiano tutto.

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