La vanità
- gioielli
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Peppina Pili - gioielli
Testimonianza di Peppina Pili
I gioielliChe gioielli si usavano anticamente?
Chi poteva permetterselo possedeva una parure: anelli, orecchini, la spilla; su ghetau era di grande valore, con un ciondolo centrale e due pendenti: era bellissimo, nonostante fosse di gente povera. C’era un detto: “poboritu e alligritu”.
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Anello a piastra in oro con castone decorato con gemme formanti un fiore.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro decorato e lavorato, con pietre preziose incastonate nella parte centrale.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro decorato a rilievo, con piccolo cerchio centrale.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro con quadrante frontale decorato con motivo floreale, perle e smeraldo incastonati.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro con motivo realizzato con elementi tondeggianti a decorazione e rubino incastonato.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro a fascia con pietre colorate.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro con doppio giro, volute decorative, perle e smeraldo incastonati.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro inciso con motivi geometrici e parte centrale romboidale con pietre incastonate.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro finemente lavorato e lastra frontale con pietre preziose.
Collezione parrocchiale.
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Anello in oro con diamanti incastonati.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/011 vanita_mandas.jpg
Anello in filigrana sarda.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/012 vanita_mandas.jpg
Anello in argento filigranato e granulato.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/013 vanita_mandas.jpg
Anello d’argento in filigrana e granulato.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/014 vanita_mandas.jpg
Anello d’argento in filigrana e granulato.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/015 vanita_mandas.jpg
Bottone in argento filigranato e granulato, con pietra rossa incastonata e fermo per asola a forma di “T”.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/016 vanita_mandas.jpg
Bracciale rigido, realizzato a fascia con incisioni e lavorazioni in rilievo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Maura Crabu.600474 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/017 vanita_mandas.jpg
Bracciale rigido, realizzato a fascia con incisioni e lavorazioni in rilievo.
Collezione parrocchiale.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/018 vanita_mandas.jpg
Bracciale in oro decorato con motivi geometrici.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600333 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/019 vanita_mandas.jpg
Particolare delle decorazioni del bracciale in oro.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/020 vanita_mandas.jpg
Gancere in argento incise e lavorate con vari motivi.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/021 vanita_mandas.jpg
Gancera de chinzu in argento a un segmento e pendente in argento con raccordi lavorati con elementi floreali.
Collezione privata.
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Gancera de chinzu in argento a un segmento e pendente in argento con raccordi lavorati con elementi floreali.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.332600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/023 vanita_mandas.jpg
Gancera a un segmento in argento, con catena e maglie ad anelli.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.411600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/024 vanita_mandas.jpg
Gancera in argento a segmento doppio con catenelle grosse e raccordi decorati con elementi vegetali.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.497600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/025 vanita_mandas.jpg
Gancera in argento a segmento doppio, decorata con elementi floreali e pendente con volatili raffigurati.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.384600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/026 vanita_mandas.jpg
Particolare del pendente di una gancera in argento con volatili ed elementi vegetali incisi.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.478600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/027 vanita_mandas.jpg
Pendente di gancera in argento lavorato e con una maschera raffigurata.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/028 vanita_mandas.jpg
Raccordi di gancera in argento, decorati con elementi zoomorfi.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600380 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/029 vanita_mandas.jpg
Raccordi di gancera in argento lavorati con elementi floreali e zoomorfi.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600446 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/030 vanita_mandas.jpg
Coppia di orecchini in oro con diamanti incastonati.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/031 vanita_mandas.jpg
Coppia di orecchini in oro con diamanti incastonati.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/032 vanita_mandas.jpg
Parure di collana, bracciale e orecchini in filigrana d’oro e granulazione.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600364 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/033 vanita_mandas.jpg
Spilla in argento granulato e traforato con perla rossa incastonata.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/034 vanita_mandas.jpg
Spilla in lamina e filo d’oro decorata con motivi floreali e vetro colorato.
Spilla in lamina e filo d’oro con motivi geometrici e pasta vitrea.
Collezione parrocchiale.
Foto di Claudia Castellano.600460 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/035 vanita_mandas.jpg
Teca e bottone in filigrana d’argento.
Collezione privata.
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Teca in filigrana d’argento traforata e granulata, con pietra rossa incastonata.
Collezione privata.
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Teca in filigrana d’argento traforata e granulata, con pietra rossa incastonata.
Collezione privata.
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Interno della teca in filigrana traforata d’argento.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/i_gioielli-7144/big/039 vanita_mandas.jpg
Costume tradizionale mandarese e gioielli indossati.
Collezione privata.
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Costume tradizionale mandarese e gioielli indossati.
Collezione privata.
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Fitta bottoniera in filigrana d’argento, gemelli e bottoni in filigrana d’oro.
Collezione privata.
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Particolare della bottoniera in filigrana d’argento.
Collezione privata.
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Costumi tradizionali mandaresi e gioielli indossati.
Foto di Antonello Atzori.546600
La magia
- gioielli
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Adriano Crabu - medicina per i porri
Testimonianza di Adriano Crabu
La “medicina” per i porriChe “medicina” pratica?
Pratico la “medicina” contro i porri. Utilizzo le foglie del fico e il latte che producono e pronuncio delle parole segrete; mi è stata tramandata quando ero ragazzo da un anziano, tziu Angellicu, e io potrò trasmetterla, a mia volta, a una persona più giovane, quando non la praticherò più. -
Bonaria Mulliri - mexinas
Testimonianza di tzia Bonaria Mulliri
Bonaria Mulliri 103 anni, nata a Mandas il primo ottobre del 1907.
Tradizioni magicheCi descrive qualche tradizione magica come la “medicina” dell’occhio?
Se ne facevano tante: mexinas, malifatus, sa mexina po is guronis; la “medicina” si faceva per tutto, perché non c’era niente, né medici capaci né cure, dilagava solo la peste e la malaria e c’erano s’ossu caninu e is ogus malus.
Per fare i brebus si cercavano i vermi che si trovavano all’interno delle canne del rovo.
Era usanza fare la “medicina” per i guronis (le pustole); si utilizzavano nove ingredienti: segatura di legno, sapone, olio d’oliva, olio di semi, grasso di maiale, erba bollita e tagliata in piccoli pezzi, foglie d’erba, ecc. In genere si mettevano tante cose quante erano le pustole. Si tagliuzzava tutto fino a renderlo una poltiglia e poi si applicava sulla parte interessata come un unguento. -
Peppina Pili - mexinas
Testimonianza di Peppina Pili
Is mexinasCosa ci può dire delle tradizioni riguardanti le “medicine” per il malocchio?
Prima queste “medicine” erano tantissime e, da quello che raccontano, la gente ci credeva molto.
Quando ero piccola, me lo racconta sempre anche mia sorella maggiore Eleonora, per due volte stavo per morire. Era venuto a casa un tipo continentale, a comprare fave, mamma mi teneva in braccio e mi allattava. Quest’uomo mi prese in braccio e non smetteva di dire e ripetere che ero una bellissima bambina; io diventai moribonda, mi avvolsero nelle fasce per il pane, non davo segni di vita, e mamma continuava a urlare disperata: “La mia bambina”.
Ricordo dai racconti di mia madre e mia sorella che da piccola, già camminavo da sola, ero andata in processione alla casa degli Evaristiani e anche lì mi sono sentita male; mi sono arresa come nell’altro episodio.
La “medicina” del malocchio la faceva zia Angelina, durante il rito diceva:
“Sa bachixedda mia bona bona e ita nci fais sola in custu logu, a filla tua ant fertu a ogu, cantu m’ingannat s’ogu, s’ogu cantu m’ingannat, prega a Santu Lioru, a Santu Pantaleu, sanat a te, a teu sanendi, tres perdas de sali, tres crabonis motus, a custa creatura passint is ogus trotus”.
Si facevano la croce in fronte e sputavano facendo una croce in aria.
Questo è quello che mi ricordo, ma non è esatto, non sono mai riuscita a impararla bene. A zia Angelina la cercavano in tanti per questa “medicina”, anche per gli animali.
Qui c’era zia Speranza Mulliri che la faceva, poi zia Cosimina; lei metteva tre granelli di grano nell’acqua e se faceva le bollicine che salivano in superficie voleva dire che la persona era “presa d’occhio”.
Signora Maria si faceva fare uno scritto per le figlie, perché quando erano “prese d’occhio” veniva loro un forte mal di testa.
Per tornare al discorso degli animali, zia Giovanna, una volta, in tempo di guerra, aveva fatto la “medicina” a una tazza di caffè, che a quei tempi era poco, e poi lo nominava sempre rimpiangendolo, ed era stato fatto bere a un maiale e l’animale era guarito davvero.
Signora Giovanna mi disse che in certe situazioni, anche non sapendo fare la “medicina dell’occhio”, dovevo recitare il Credo.
Un giorno mi sono spaventata tantissimo. Avevano rubato dei maiali e li avevano portati e venduti a molte persone, anche noi avevamo comprato un maiale grande. Io stavo facendo la farina nelle case vecchie, in una stanzetta dove facevo queste faccende; qui c’era anche la stanza dei buoi, dove c’era il residuo delle fave. Erano venuti i carabinieri con gente, credo del nord Sardegna, probabilmente i padroni dei maiali, io mi sono distratta per accompagnare questi signori e non trovavo più mia figlia Annamaria. Era piccola e non la lasciavo andare sola da nessuna parte, neanche dalla nonna, la chiamavo insistentemente ma non rispondeva. Sentivo solo i maiali che erano entrati nella stanza a mangiare le fave e quel rumore mi sembrava quello delle ossa della mia bambina, ero terrorizzata, più morta che viva, invece lei, aveva avuto paura dei maiali e si era nascosta sotto il letto. Era venuta zia Speranza e mi aveva fatto la “medicina”, per farmi passare lo spavento. E mi disse di recitare un Credo in queste situazioni, per far passare il malore. -
Sabrina Pitzalis - medicina del malocchio
Testimonianza di Sabrina Pitzalis
La “medicina” del malocchioChe “medicina” pratichi?
La “medicina” del malocchio.Da quanto tempo la fai e da chi ti è stata tramandata?
Da circa quindici anni e mi è stata tramandata da mia cugina.E tu a tua volta a chi la puoi tramandare?
La posso tramandare a una persona più piccola di me e solo il Giovedì Santo.Per fare questa “medicina” cosa utilizzi?
Utilizzo il sale, l’acqua e l’olio, recito una preghiera e pronuncio il nome della persona a cui viene praticata.
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Catena in oro con cuore, realizzato in rilievo, e pendente con pietre preziose colorate e frange.
Collezione parrocchiale.
Foto di Claudia Castellano.365600 - images/morfeoshow/magia-8094/big/002 magia_mandas.jpg
Amuleto in argento lavorato e traforato con perla color turchese e rosone a otto petali in filigrana contenente un frammento di tessuto.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.416600 - images/morfeoshow/magia-8094/big/003 magia_mandas.jpg
Anello amuleto in argento con occhio di Santa Lucia.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/magia-8094/big/004 magia_mandas.jpg
Amuleto a ciondolo con angelo e sonagli in argento.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600 - images/morfeoshow/magia-8094/big/005 magia_mandas.jpg
Spuligadentes zoomorfo in lamina d’argento incisa.
Collezione privata.
Foto di Maura Crabu.600600
La devozione
- gioielli
- cerimonie
- celebrazioni
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Bonaria Mulliri - matrimonio
Testimonianza di tzia Bonaria Mulliri
Bonaria Mulliri 103 anni, nata a Mandas il primo ottobre del 1907.
Il matrimonioCi racconta com’era il matrimonio anticamente?
Tra le varie tradizioni c’era quella di cercare i parenti, quelli che avevano una stretta relazione con i futuri sposi, ed era un’usanza da rendere pratu torrau.
Tutti facevano un regalo, oggetti per la casa e per la famiglia.
Il giorno del matrimonio erano tutti invitati alla cerimonia in chiesa, ma non tutti al ricevimento.
La famiglia dello sposo doveva procurare la casa; quella della sposa tutte le cose da portare nella nuova abitazione, il corredo e tutti gli attrezzi utili per le varie faccende domestiche: strexu de fenu, ciulliris e pallinis in quantità, ad esempio, quelli per la lavorazione del pane e la farina; la novella sposa doveva saper usare tutti gli utensili e saper fare i lavori domestici. Inoltre, si occupava di tutta la biancheria e dei mobili, che venivano regalati dal padre della sposa.
Si preparava sa sprexa e si buttava appena la sposa usciva fuori dalla chiesa e lungo tutto il cammino fatto dagli sposi sino alla nuova casa, a me ne fecero ventidue.Com’era preparata sa sprexa?
Era di buon auspicio e il piatto in cui era riposta conteneva: carta di seta tagliata molto fine e di tutti i colori, una manciata di grano e una di sale, sempre per buon augurio ai novelli sposi.Com’erano l’abito della sposa e i gioielli indossati?
La sposa indossava una collana, una spilla e gli orecchini, abiti seri e semplici di colore bianco o rosa pallido e un fazzoletto di seta per la testa.E lo sposo?
Lo sposo indossava abiti eleganti, cravatta e, rigorosamente, il cappello; chi voleva e poteva, metteva accessori vari.
Sempre per buon augurio, i parenti mettevano dei soldi all’interno delle scarpe degli sposi. -
Bonaria Mulliri - feste
Testimonianza di tzia Bonaria Mulliri
Bonaria Mulliri 103 anni, nata a Mandas il primo ottobre del 1907.
Le feste tradizionaliQuali erano le tradizioni della festa di San Giovanni?
Il giorno della processione in onore di Sant’Isidoro si facevano le corone di fiori per abbellire i buoi, venivano poi benedette e messe da parte per fare il falò la notte di San Giovanni. Si preparava un piccolo falò in ogni rione del paese e tutti, uomini e donne, lo saltavano a croce, recitando un rituale che li faceva diventare gopais de froris.
Si faceva questo rito anche per non prendere una malattia: s’arrùngia (una sorta di prurito).Per la festa di Sant’Antonio cosa si faceva?
Si faceva il grande falò - su fogadoni - e tanti balli. Si faceva anche sa mina de crèsia: si mettevano, nel piazzale della chiesa, grandi teli di stoffa con polvere da sparo e durante l’elevazione della “messa cantata” si sparavano i cosiddetti guetus. Venivano fatti anche per altre feste, ad esempio, per la festa patronale di San Giacomo. -
Peppina Pili - battesimo
Testimonianza di Peppina Pili
Il battesimoQuali erano le usanze e le tradizioni per il battesimo?
Il battesimo si celebrava dopo circa nove giorni dalla nascita; la mamma andava in chiesa con il figlio, anch’io sono andata con mia mamma.
S’incresiu consisteva nell’ascoltare la messa la mattina; il sacerdote scendeva dall’altare e si avvicinava alla mamma e al bambino, le dava la candela e lei, con il bambino e la candela, s’inginocchiava nei primi gradini dell’altare. Il sacerdote recitava una preghiera, dava la benedizione, si spegneva la candela e il rito era concluso. -
Speranza Marras - festa di San Giovanni
Testimonianza di Speranza Marras
Festa di San GiovanniCi racconta com’era la tradizione della festa di San Giovanni Battista e il rituale del gopais de froris?
Il primo patrono di Mandas, proveniente dalla cultura bizantina, fu San Giovanni Battista, di cui si conserva la chiesa campestre, recentemente restaurata; la festa si celebra il 24 giugno, con una missa cantada.
La tradizione dei festeggiamenti è quella di allestire piccoli falò nei vari rioni del paese (negli incroci delle vie) - is fogadoneddus - fatti di paglia e rami e, anche, delle corone dei fiori che portavano i buoi nella processione di Sant’Isidoro e quelli che venivano messi nelle strade dove passava la processione del Corpus Domini.
Per il rituale, due persone si mettevano vicino al fuoco, uno di fronte all’altro, si scambiavano un fiore incrociando le mani e dicevano: “Gomai seus in vida de Deus – in vida de Santu Giuanni – sposus po cent’annus - in vida de Santu Giuanni – su babu, su fillu e su spiritu santu – Amen”.
Si toccavano la mano e si baciavano e, per completare il rito, saltavano il falò facendosi il segno della croce. Si instaurava così tra i due una forma particolare di amicizia e di rispetto assoluto: i due si definivano gopais de froris (compari di fiori), o, ancora meglio, santuannis.
Le comari salutandosi si dicevano: “O gomai bengiat a domu” e l’altra rispondeva: “No fait tengu su molenti mollendu, bengiat fustei” e l’altra ancora: “No fait tengu sa pudda frucendi” e l’altra rispondeva: “No ddi fait nudda at a essi po un’àtera borta”. -
Speranza Marras - la pietra della vergogna
Testimonianza di Speranza Marras
La pietra della vergognaCi racconta la storia della perda de sa bregùngia?
Un tempo questa pietra si trovava a destra dell’arco d’ingresso del piazzale della chiesa parrocchiale di San Giacomo apostolo. Su questa pietra venivano fatte inginocchiare o sedere le donne colpevoli di adulterio, le ragazze madri e gli uomini che commettevano lievi furti.
Nant ca su canonicu liggiat unu lìburu e nel sermone, durante la messa, esortava i colpevoli a pentirsi e a rendere l’eventuale refurtiva. Alcuni si presentavano spontaneamente dinanzi alla pietra. Quando i fedeli uscivano dalla chiesa alla fine della funzione religiosa (solitamente sa missa cantada, cioè quella delle ore undici che era la più frequentata) “i colpevoli” erano esposti allo scherno pubblico, alla sbregungias davanti a tutta la popolazione, e non potevano alzarsi sino a quando l’ultima persona non era uscita dalla chiesa. Da qui il nome di pedra de sa bregùngia. Era la giustizia dell’epoca.
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La statua della Vergine Assunta dormiente con i gioielli della parrocchia in occasione della sua festa.
Collezione parrocchiale.
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Particolare dei gioielli della statua.
Collezione parrocchiale.
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Rosario a tre rosoni, seconda metà XIX secolo.
Corona con avemarie in pasta vitrea rossa, pater a bottone in lamina d’argento traforata, legatura in argento con distanziatori a “S”. Appendice con croce-stella in filo d’argento con inserti in filigrana e tre rosoni a otto petali in filigrana contenenti cromolitografie.
Collezione parrocchiale.
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Rosario sardo domenicano, metà XIX secolo.
Corona con avemarie in grani di corallo, pater a bottone in filigrana d’argento, legatura in argento con distanziatori a “S”. Appendice con fiocco e croce-stella in filigrana d’argento con castone centrale in pasta vitrea, due rosoni a otto petali in filigrana con castoni in pasta vitrea alle estremità e terminale con crocefisso in fusione d’argento e castoni in pasta vitrea sui bracci.
Collezione parrocchiale.
Foto di Claudia Castellano.400600
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Gruppo dei bambini di Prima Comunione, giugno 1933.
Foto dell’archivio comunale.600371 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/002 cerimonie_mandas.jpg
Arrivo in chiesa della sposa, 22 ottobre 1950.
Foto dell’archivio comunale.600380 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/003 cerimonie_mandas.jpg
Matrimonio, 22 ottobre 1950.
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Il canonico Salvatore Dessì, don Cadoni e un folto gruppo di chierichetti, anni Cinquanta.
Foto dell’archivio comunale.600371 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/005 cerimonie_mandas.jpg
Prima Comunione di Franco e Pietro Carta, 9 giugno 1955.
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La sposa con gli invitati fuori dalla propria abitazione. Riconoscibili, da sinistra, Giorgio Cabras, Tilde Cabras, Anna Luisa Cabras, Giovanni Mulliri e Agnese Fadda, 1963.
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Matrimonio di Paola Orrù e Paolo Melis, 1963.
Foto dell’archivio comunale.600427 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/008 cerimonie_mandas.jpg
Distribuzione dei confetti: Paolo Sulis, Ines Schintu, Maria Assunta Seu e gli sposi Paolo Melis e Paola Orrù, 1963.
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Matrimonio di Lucia Deidda e Pasqualino Cucciari, 27 aprile 1964.
Foto dell’archivio comunale.600406 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/010 cerimonie_mandas.jpg
Gruppo di invitati al matrimonio di Lucia Deidda e Pasqualino Cucciari, 27 aprile 1964.
Foto dell’archivio comunale.600406 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/011 cerimonie_mandas.jpg
Gruppo di invitati al matrimonio di Lucia Deidda e Pasqualino Cucciari, 27 aprile 1964.
Foto dell’archivio comunale.600401 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/012 cerimonie_mandas.jpg
Matrimonio di Francesco Spano e Rita Pilia, 27 novembre 1965.
Foto dell’archivio comunale.600404 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/013 cerimonie_mandas.jpg
Matrimonio di Vitalia Spano e Antonio Atzori, 1971.
Archivio Laboratorio Immagini.600422 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/014 cerimonie_mandas.jpg
Matrimonio di Steri Aurora.
Archivio Laboratorio Immagini.600416 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/015 cerimonie_mandas.jpg
Matrimonio Pittau-Vacca.
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Matrimonio di Anna Sedda e Angelino Serra.
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Matrimonio di Antoniccu Piras.
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Matrimonio di Mario Pisano e Anna Curreli.
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Matrimonio.
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Ingresso della chiesa: il giorno del matrimonio.
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Foto di gruppo all’ingresso della chiesa: il giorno del matrimonio.
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Matrimonio di Immacolata Boi e Cenzo Ronconi.
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Il giorno del matrimonio.
Foto dell’archivio comunale.600430 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/024 cerimonie_mandas.jpg
Foto ricordo per il matrimonio.
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Prima Comunione di Luisa Melis, con Elisea Melis, Adriana Melis, Alessio Melis ed Efisio Melis.
Foto di Roberto Tocco.415600 - images/morfeoshow/cerimonie-4499/big/026 cerimonie_mandas.jpg
Prima Comunione di Maria Pia Santa Cruz.
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Ricordo della Prima Comunione di Maria Grazia.
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Ricordo della Prima Comunione.
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Foto ricordo in occasione della Prima Comunione.
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Foto ricordo in occasione della Prima Comunione.
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Matrimonio di Fiorenza e Pepuccio Siddi, con Efisio Melis.
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Matrimonio di Anna Curreli e Mario Pisano.
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Matrimonio di Filomena Saba e Giovanni Scioni.
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Confraternita al rientro in parrocchia da una processione, 1933.
Foto dell’archivio comunale.600415 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/002 celebrazioni_mandas.jpg
Processione con il simulacro di San Luigi Gonzaga, anni Cinquanta.
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La Santissima Vergine del Carmelo ospite in casa Raccis, ottobre 1950.
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Processione.
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Santissimo Sacramento in processione per il Corpus Domini.
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Santissimo Sacramento in processione per il Corpus Domini.
Foto dell’archivio comunale.600383 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/007 celebrazioni_mandas.jpg
Santissimo Sacramento in processione per il Corpus Domini, anni Cinquanta.
Riconoscibili, da sinistra, il maresciallo Francesco Urru, preceduto dal sindaco Virgilio Perra, e il dottor Francesco Cabras.
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Processione con le confraternite.
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Processione per le vie del paese.
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Processione per le vie del paese.
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Processione in onore della Vergine Maria.
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Scene di vita ecclesiastica a Mandas.
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Scene di vita ecclesiastica a Mandas.
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Celebrazione religiosa.
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Tziu Gerenniu prepara le palme per la benedizione.
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S’incontru. Una delle tante tradizioni importate a Mandas dagli spagnoli.
In primo piano Beniamino Pilia con uno dei figli e Virgilio Perra; in fondo, con il vestito da confratello, Serafino Mulliri, anni Cinquanta.
Foto dell’archivio comunale.
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S’incontru, anni Cinquanta.
Foto dell’archivio comunale.600443 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/018 celebrazioni_mandas.jpg
S’incontru: momento culminante dell’incontro fra il Cristo Risorto e la Madonna, anni Cinquanta.
Foto dell’archivio comunale.600411 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/019 celebrazioni_mandas.jpg
S’incontru: momento culminante dell’incontro fra il Cristo Risorto e la Madonna, anni Cinquanta.
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S’incontru: rientro in parrocchia della processione, anni Cinquanta.
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Ricordo del giorno di Pasqua, Mandas, 22 aprile 1962.
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Falò di Sant’Antonio Abate, 17 gennaio 2011.
Foto di Antonello Atzori.600450 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/023 celebrazioni_mandas.jpg
Balli sardi del gruppo folk “Santu Jacu” nel compendio medioevale di Sant’Antonio in onore del Santo.
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Suonatori di launeddas eseguono i goccius in onore di Sant’Antonio.
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Domenica delle Palme: benedizione. Riconoscibili le sorelle Paba.
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S’incontru: la Madonna con il velo da lutto, 2011.
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S’incontru: momento culminante dell’incontro fra il Cristo Risorto e la Madonna, 2011.
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S’incontru: le sorelle Bruna e Ninna Atzori con lo stendardo, 2011.
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S’incontru: il rientro della processione. Visibile la croce processionale in argento della collezione parrocchiale.
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Festa di Sant’Isidoro: piazzale della chiesa di San Giacomo con i buoi e i trattori, 1987.
Sant’Isidoro è protettore degli agricoltori e patrono di Madrid. La festa in onore del Santo è retaggio della dominazione spagnola.
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Festa di Sant’Isidoro: piazzale della chiesa di San Giacomo con il poeta Giovanni Zedda e i cavalli bardati a festa, 1987.
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Processione di Sant’Isidoro: Dino Vacca con il suo giogo di buoi, 1987.
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Festa di Sant’Isidoro: trattori addobbati nel piazzale della parrocchia di San Giacomo, anni Novanta.
Archivio fotografico dei mandaresi.600401 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/034 celebrazioni_mandas.jpg
Processione di Sant’Isidoro: trattori addobbati, anni Novanta.
Archivio fotografico dei mandaresi.600402 - images/morfeoshow/celebrazioni-8175/big/035 celebrazioni_mandas.jpg
Festeggiamenti per i quattrocento anni della chiesa parrocchiale di San Giacomo apostolo, 2 luglio 2005.
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Sant’Isidoro. Statua policroma in legno intagliato e dipinto di bottega sarda dei primi del Seicento, 2011.
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Festa di Sant’Isidoro. Trattori nel piazzale antistante la chiesa di San Giacomo, pronti per la benedizione, 2011.
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Festa di Sant’Isidoro. Trattori addobbati a festa: in primo piano su pallini con il grano, in segno di buon auspicio per un buon raccolto, 2011.
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Festa di Sant’Isidoro. Dettagli dei trattori addobbati: fiori, grano e spighe, 2011.
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Festa di Sant’Isidoro. Dettagli dei trattori addobbati: icone religiose, spighe e fiori, 2011.
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Processione di Sant’Isidoro. Trattori addobbati a festa: riconoscibile Alessandro Deidda, 2011.
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Processione di Sant’Isidoro, 2011.
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Processione di Sant’Isidoro. Cavalli bardati con i cavalieri Matteo Gessa, Matteo Damu e Giancarlo Colombo, 2011.
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Processione in onore di San Giovanni Battista: partenza dalla chiesa di San Giacomo, 2011.
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Festa di San Giovanni Battista: preparazione del falò nella chiesetta campestre, 2011.
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San Giacomo Maggiore, patrono di Mandas.
La festa di San Giacomo apostolo il Maggiore, vanta a Mandas origini antichissime. Si ha notizia della festa manna de sa idda, infatti, già negli ultimi anni del 1500 quando la comunità di Mandas innalzò a San Giacomo, patrono del paese, un grande santuario. La festività rappresentava per Mandas, paese a economia esclusivamente agricola, l’occasione per rinnovare i propri sentimenti religiosi di gratitudine per la fine della raccolta del grano. La festa iniziava, come oggi, il 24 luglio con una solenne processione con il simulacro del santo, a cui partecipava tutto il paese e alcuni suonatori di launeddas. Per un’antica leggenda, in processione non si porterà mai il piccolo simulacro di San Giacomo (conservato in una nicchia del muro del presbiterio) perché si tramanda che, spostando la statua, si scatenerebbe un diluvio. Il 25 luglio tutto il paese si recava alla messa solenne per ascoltare il panegirico in onore del santo. Il pomeriggio, come ricordano anche l’Angius e il Casalis, il paese assisteva allo “spettacolo della corsa e alla ricreazione della danza nazionale all’armonia delle launelle”. La chiesa parrocchiale di San Giacomo apostolo il Maggiore è stata consacrata da monsignor Ernesto Maria Piovella il 5 maggio 1928.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: il Santo, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: il giogo dei buoi nel piazzale della parrocchia di San Giacomo, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: il giogo dei buoi, particolare degli addobbi, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: il giogo dei buoi di Perra Mario porta il Santo in processione, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: suonatori di launeddas, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: confraternite in processione, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: Gruppo Folk “Santu Iacu” di Mandas in processione, 2011.
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Festa patronale di San Giacomo apostolo: Gruppo Folk “Santu Iacu” di Mandas, 2011.
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I gioielli
La ricerca di collezioni private di gioielli ha permesso di scoprire che diverse famiglie possiedono una buona quantità di prendas de oro; in particolare, anelli, collane e orecchini in filigrana d’oro, decorati e traforati, ma anche amuleti legati alla magia. Molto diffusi is cadenatzus e i gioielli utilizzati soprattutto con il costume sardo: bottoni d’argento e spille, in lamina e filigrana d’oro.
La spilla ha diversi utilizzi; la troviamo nelle vesti di seta della statua della Vergine Assunta dormiente e nel costume tradizionale femminile, per fermare il copricapo a benda, per trattenere lo scialle o per fissare in precise posizioni alcuni gioielli sul petto. Nella Trexenta viene utilizzata anche per fermare e mantenere su mucadori mannu (un fazzoletto di seta damascata utilizzato come copricapo): si tratta, in questi casi, di uno spillone d’oro detto, in dialetto, s’agulla de conca o sa broscia.
L’anello è il gioiello ornamentale femminile più diffuso. Realizzato con diverse fatture sia in oro che in argento, con pietre dure o in pasta di vetro incastonate a dentelli ripiegati, oppure in argento filigranato, traforato e granulato, è utilizzato principalmente come dono di fidanzamento e matrimonio per simboleggiarne l’unione.
Sono stati trovati anche anelli con incastonate pietre o conchiglie contro il malocchio. Un amuleto di questo tipo, che ritroviamo in una collezione privata, è costituito dall’opercolo della conchiglia Turbo rugosus, comunemente chiamato “occhio di Santa Lucia”, la santa protettrice della vista, e utilizzato appunto nei riti contro il malocchio. Si riteneva, infatti, che il malocchio potesse essere trasmesso attraverso lo sguardo, sia verso le persone, ma anche verso animali, piante e oggetti. Un tempo alcune persone praticavano sa mexina de s’ogu pigau per liberarsi dal malocchio. Oggi a Mandas non ci sono anziani che praticano questo rito, ma è stato comunque tramandato e, in paese, ci sono alcuni giovani che lo praticano. L’“occhio di Santa Lucia” lo ritroviamo anche nella collezione del tesoro della chiesa custodito nel museo di arte sacra, per quella sorta di commistione tra magia e religione che, da sempre, caratterizza i gioielli della tradizione popolare sarda.
L’amuleto era uno strumento di difesa contro la sofferenza e il male attribuito a cause sconosciute; era quindi considerato un oggetto magico, spesso simbolo della potenza divina, che aveva la forza di neutralizzare gli influssi malefici e preservare dalle malattie. Veniva spesso portato fissato nelle vesti o appeso al letto o alla culla, o riposto sotto il cuscino.
Magia e fede sono sempre strettamente intrecciate, sia per quanto riguarda i riti contro il malocchio, sia nei vari rimedi della medicina popolare in cui dicius e brebus convivono naturalmente con le preghiere più strettamente religiose. Oltre alla “medicina” contro il malocchio ci sono anche altri riti per varie malattie, ad esempio per i porri.
Un particolare amuleto, in lamina d’argento, appartenente a una collezione privata, è costituito da un angioletto e, all’estremità, da piccoli sonagli. Gli amuleti sono accompagnati spesso da sonagli che hanno la funzione di rafforzare il richiamo della forza magica per allontanare il male.
La ricerca ha evidenziato anche la presenza di un argento da toilette chiamato spuligadentes che aveva un doppio uso: per la pulizia dei denti e delle orecchie (come i nettaorecchie etiopi ed egiziani), ma anche una funzione magico-religiosa. Sono realizzati con forme abbastanza complesse, terminanti da una parte a punta (lo stuzzicadenti) e dall’altra con una palettina (il nettaorecchie), con rappresentazioni zoomorfe (cerbiatti, cavalli, cani, colombe, insetti, rapaci, unicorni, draghi), antropomorfe (le più frequenti sono i cavalieri) o con immagini sacre (in genere il volto di Cristo o della Madonna), oppure hanno incorporato un reliquiario o un fischietto, per tenere lontano i malefici. Gli esemplari più semplici sono costituiti da un profilo a forma di cuore da cui si diramano esternamente i due elementi ricurvi contrapposti. Sono spesso portati appesi, inseriti in un anello di sospensione, in una lunga catena d’argento detta a giunchilliu affinché potessero sempre proteggere.
I gioielli sardi sono strettamente connessi al costume tradizionale, integrandolo e completandolo nei suoi elementi decorativi.
I bottoni sono un elemento indispensabile e caratteristico del costume. Possono essere cuciti in serie, in numero variabile da dieci a ventiquattro, o appesi in una catenella di sospensione - sa butonera - utilizzata per chiudere le maniche del caratteristico giubbino di seta femminile - su giponi o baschina - e anche il corpetto maschile - su cropetu - che aveva una fitta bottoniera sul davanti.
I bottoni d’argento o d’oro (più rari) sono costituiti da due calotte, coniche o semisferiche, talvolta schiacciate e saldate nelle basi. Possono essere realizzati con varie tecniche: in lamina intera liscia, in lamina traforata, in filigrana con effetti di trasparenza o applicata su lamina arricchita da granulazioni (minuscole sferette saldate) e da elementi romboidali o discoidali incisi. Alla sommità possono avere un granulo, un castone liscio con le iniziali del proprietario o una pietra incastonata. Sono fissati a nastri o muniti di fermi a “T” per consentire il passaggio nelle asole.
Anche le bottoniere hanno una valenza magica. Innanzi tutto è ritenuta un’offesa se qualcuno, in particolar modo, un uomo, tocca la bottoniera di una donna, ma soprattutto, all’interno di alcuni bottoni, vengono spesso inserite delle piccole pietre di modo che il tintinnio prodotto possa scacciare l’influsso negativo.
Un altro gioiello particolare trovato nella ricerca e strettamente connesso al costume è sa gancera.
La catena conosciuta con il termine di gancera ha la funzione di chiudere alcuni indumenti sia maschili che femminili. Generalmente realizzata in argento è costituita da due elementi posti alle estremità e da una catenella di collegamento. Nella Trexenta viene usata per chiudere il cappotto di panno maschile - su sereniccu – e nel pantalone tipo gonnellino in orbace - s’arroda - che veniva completato con una catenella d’argento munita di un’appendice decorativa lasciata cadere lungo il fianco, sa gancera de chinzu (la catenella della vita). Viene anche utilizzata per allacciare le due parte anteriori del corpetto femminile - su cossu - all’altezza del petto o in vita, per tenere aderenti al viso i lembi del copricapo femminile o per chiudere il grembiule.
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