La vanità
- gioielli
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Luciana Quartu - gioielli
Testimonianza di Luciana Quartu
I gioielliLa signora Luciana ci parla dei gioielli tradizionali.
Ricorda che un tempo nel paese erano molto diffusi gli anelli d’oro e d’argento lavorati con perle. In particolare ne ricorda uno in argento con un piccolo scomparto interno richiudibile usato per metterci medicine o anche veleno e anelli con le iniziali che, solitamente, venivano regalati per il fidanzamento.
La collana più diffusa era su ghetau, costituito a treccia da più fili ritorti di notevole lunghezza, che si portava avvolto in più giri intorno al collo e che poteva terminare con un pendente. Si usavano anche altre catene in argento con o senza pendente, orecchini e spille. Gli orecchini e le spille venivano regalati in diverse occasioni, ad esempio per il battesimo e la cresima. Il rosario in argento veniva regalato, di solito, dalla suocera alla futura nuora. Per quanto riguarda i gioielli ex voto erano molto diffusi gli anelli con immagini di Santi e cuori d’argento. Questi gioielli (ma anche altri oggetti come le statuette di cera) venivano regalati ai santi come segno di ringraziamento per la grazia ottenuta.
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Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono.
Collezione privata.
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Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono.
Collezione privata.
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Maninfide. Anello di fidanzamento in oro con le mani che si stringono. In questa foto con l’anello aperto si può notare che le due mani si congiungono sopra un cuore d’oro, simbolo d’amore.
Collezione privata.
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Anello di fidanzamento in oro.
Collezione privata.
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Anello di fidanzamento in oro.
Collezione privata.
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Anello di fidanzamento e nuziale in oro con castone centrale.
Collezione privata.
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Anello in filigrana d’argento con la parte superiore che si apre. Poteva contenere medicine.
Collezione privata.
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Anello in filigrana d’argento con la parte superiore che si apre. Poteva contenere medicine.
Collezione privata.
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Anello in oro.
Collezione privata.
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Anello in oro con pietra centrale e rifiniture in argento.
Collezione privata.
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Anello di fidanzamento in oro con castone raffigurante un fiore.
Collezione privata.
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Anello in oro a filo ritorto e pallina centrale.
Collezione privata.
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Anello maschile di fidanzamento in oro.
Collezione privata.
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Anello bottone in filigrana d’argento.
Collezione privata.
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Bottoni in filigrana d’argento e granulazione con granato.
Collezione privata.
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Bottone in filigrana d’oro e granulazione con granato.
Collezione privata.
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Collana d’oro.
Collezione privata.
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Particolare del ciondolo della collana d’oro.
Collezione privata.
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Ciondolo antico d’oro.
Collezione privata.
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Ciondolo antico d’oro con pietra vitrea verde centrale e due piccole laterali.
Collezione privata.
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Retro del ciondolo con pietra vitrea verde centrale e due piccole laterali.
Collezione privata.
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Ciondolo antico d’oro con pietra vitrea rossa centrale e altre pietre laterali.
Collezione privata.
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Ciondolo antico portafoto in argento.
Collezione privata.
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Ciondolo antico portafoto in argento.
Collezione privata.
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Ciondolo antico portafoto in argento.
Collezione privata.
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Catena giunchilliu in argento; si portava avvolta varie volte intorno al collo (a meda passadas) e spesso con un pendente. Questa catena è opera dell’argentiere Raimondo Cardu.
Collezione privata.
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Catena giunchilliu in argento; si portava avvolta varie volte intorno al collo (a meda passadas) e spesso con un pendente.
Collezione privata.
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Cadenatzu in argento. Molto simile a su giunchilliu è costituito però da anelli più grandi.
Collezione privata.
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Catena per orologio.
Collezione privata.
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Catena a tre fili in argento per orologio.
Collezione privata.
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Catena ad anelli in argento per orologio.
Collezione privata.
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Orologio in argento.
Collezione privata.
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Orologio antico (Roscof), 1700.
Collezione privata.
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Orologio da polso in oro.
Collezione privata.
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Gancera in argento a unico segmento.
Collezione privata.
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La medaglia d’oro al merito civile conferita a Salvatore Corrias.
Salvatore Corrias di San Nicolò Gerrei fece espatriare in Svizzera centinaia di perseguitati politici ed ebrei. Riconosciuto come partigiano combattente, nel giugno del 2006, il Presidente della Repubblica gli conferì la medaglia d’oro al merito civile.
Collezione privata.
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Orecchini in oro; probabilmente manca il pendente.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro con perla incastonata al centro.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro con perla incastonata al centro.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro.
Collezione privata.
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Orecchini di battesimo in oro.
Collezione privata.
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Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
Collezione privata.
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Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
Collezione privata.
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Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra e brillantini.
Collezione privata.
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Orecchini di fidanzamento in oro con pietra vitrea azzurra.
Collezione privata.
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Orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
Collezione privata.
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Orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
Collezione privata.
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Retro degli orecchini in oro con pietra vitrea rossa.
Collezione privata.
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Orecchini in oro con pietre vitree rosse.
Collezione privata.
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Spilla in lamina e filigrana d’oro raffigurante un fiore.
Collezione privata.
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Spilla in piastra filo d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla in lamina d’oro e pietre vitree colorate.
Collezione privata.
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Spilla bottone in filigrana d’oro e rubino incastonato. La spilla è opera dell’argentiere Raimondo Cardu.
Collezione privata.
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Spilla con due bottoni in filo e filigrana d’oro.
Collezione privata.
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Spilla fermaglio in argento. Si usava per trattenere il fazzoletto.
Collezione privata.
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Spilla fermaglio in argento con fiori. Si usava per trattenere il fazzoletto.
Collezione privata.
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Gioielli in oro.
Collezione privata.
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Parure spilla fermaglio, orecchini e anello in oro con ametista.
Collezione privata.
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Bottoni in filigrana d’oro e granulazione e spilla in piastra filo e filigrana d’oro.
Collezione privata.
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Parure collana con ciondolo, orecchini e anelli in oro con corallo.
Collezione privata.
Archivio fotografico privato.446600
la magia
- gioielli
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Luciana Quartu - brebus
Testimonianza di Luciana Quartu
BrebusAnche a San Nicolò Gerrei c’era la tradizione degli scapolarius (pezzi di stoffa benedetta) cuciti sugli abiti o portati appesi al collo in modo da averli in ogni momento della giornata e raffiguranti immagini di Santi. Al loro interno contenevano medaglie del Santo protettore o preghiere (scritus); tuttavia solo chi li realizzava ne conosceva esattamente il contenuto. Solitamente venivano confezionati da suore, frati o sacerdoti su richiesta dei genitori in segno di protezione per i propri figli.
I brebus venivano usati come soluzione a svariati problemi. I più usati erano quelli contro il malocchio, la paura, l’itterizia nei bambini e, in ambito agricolo, ad esempio, per impedire che il raccolto andasse a male. Sant’Antonio era uno dei Santi più invocati: per ritrovare un oggetto smarrito o rubato, per ricordare qualcosa dimenticata. Esistevano diverse formule e di solito queste dovevano essere recitate in orari prestabiliti e generalmente il venerdì. Le preghiere non potevano essere svelate ma chi le conosceva poteva garantirne l’efficacia.
La signora Luciana racconta dei brebus po sa carra segada, un rimedio contro la scoliosi, perché in passato si usava fasciare i bambini appena nati e, a volte, succedeva che la fascia s’allentava e il piccolo poteva subire dei danni alla spina dorsale.
Per alleviare e guarire (sa passadura) l’infiammazione della puntura degli insetti (contra ferenu) si metteva dell’olio in una pentola e si friggeva un geco vivo e una vipera. Si metteva il tutto all’interno di un corno e si passava sopra la parte infiammata.
Per il mal di denti o per la pressione alta si ricorreva alle sanguisughe (sa sangunera), le quali succhiavano il sangue cattivo. Di solito le sanguisughe si trovavano nei fiumi ed erano conservate dentro un barattolo in modo da poterle utilizzare quando necessario. -
Virgilia Erriu - magia
Testimonianza di Virgilia Erriu
La magia e i fuochi di San GiovanniLa signora Virgilia ci racconta di vecchie tradizioni. In particolar modo dei fuochi di San Giovanni (is foghixeddus de Santu Anni) in cui venivano utilizzate le erbe aromatiche adoperate nelle strade in cui passavano le processioni (s’arromadura). Le erbe benedette venivano poi raccolte e conservate appositamente per essere utilizzate nei fuochi. Se ne facevano quattro mucchi di fila nei vari rioni e, al calar della sera al rintocco delle campane, si accendevano le fiamme e si saltavano i mucchi di corsa uno dopo l’altro.
In tale occasione si poteva diventare gomais o gopais de froris (comari o compari di fiori). Si prendevano due fuscelli e scambiandoli vicendevolmente si recitava per tre volte: “Gomais (o gopais) seus, sa vista de deus, sa vista de Santu Anni, abarreus gomais (o gopais). Sa dì de su giuditziu a ndi torrai bonus contus”.
La signora ricorda anche che nel mese di gennaio si festeggiava Sant’Antoni de su fogu (su fogaroni o su fogu de carona) e che, dopo i festeggiamenti, si portava a casa un mozzicone spento come ricordo. Il falò, infatti, prima che venisse acceso, veniva fatto benedire dal sacerdote. Questa tradizione è ancora viva nel paese. -
Virgilia Erriu - brebus
Testimonianza di Virgilia Erriu
BrebusLa signora Virgilia parla dei brebus (preghiere e rimedi antichi) che venivano utilizzati nel paese. Si rammarica del fatto che non abbia imparato tutti gli antichi riti che conosceva il nonno.
In particolare racconta della “medicina” per far scomparire i porri che compie personalmente. La persona con i porri deve prendere di nascosto un pezzo di carne dalla casa della propria madre e nasconderla dopodiché la signora Virgilia reciterà una serie di preghiere a bassa voce in modo che nessuno possa sentirle.
Non tutti hanno la possibilità di apprendere questi “doni” (brebus), perché possono essere insegnati esclusivamente a una persona più piccola altrimenti perderebbero la loro efficacia.
Oltre ai brebus per i porri, la signora parla del fuoco di Sant’Antonio che può essere risanato attraverso una Messa in onore del Santo celebrata grazie alle offerte raccolte con una colletta nel paese.
Un’altra malattia molto diffusa anticamente era la mastite (su pilu de tita) che provocava la mancanza di latte materno sia nelle donne che negli animali. In questi casi veniva usato il cosiddetto scritu, una sorta di sacchetto benedetto con all’interno delle cose di cui ancora oggi non si sa di preciso il contenuto. La signora Virgilia racconta di quando fu mandata dal padre da una donna che possedeva su scritu e di cui necessitava per curare il bestiame. Giunta all’abitazione ricorda che raccolse il sacchetto da terra poiché secondo il rito “dalla terra nasciamo e dalla terra dobbiamo tornare”. Rientrata a casa, sempre secondo il rito, buttò il sacchetto per terra e il padre lo raccolse per poi passarlo sul seno del bestiame. Infine, per l’insonnia, si metteva sotto il cuscino sa sonniga che è possibile trovare in campagna sotto i muretti a secco.
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Su sonagliu.
Amuleto contro il malocchio (i sonagli hanno la funzione di allontanare gli influssi negativi), la campanella veniva regalata al primogenito e tramandata per generazioni.
Collezione privata.
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Amuleto “occhio di Santa Lucia” montato in argento.
L’opercolo del gasteropode Turbo rugosus per la sua forma, richiamante quella dell’occhio, è divenuto l’amuleto deputato a proteggere gli occhi da ogni male.
Collezione privata.
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Su pinnadeddu.
Questo amuleto di forma sferica in pasta vitrea nera, chiamato in altre zone dell’isola pinnadellu, sabegia, sebeze, coco, veniva appeso negli abiti o nelle culle e aveva lo scopo di proteggere dal malocchio gli adulti e in particolar modo i bambini.
Collezione privata.
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Su corru de su pistilloni.
Il corno veniva utilizzato come rimedio per l’infiammazione provocata dai pizzichi di insetti (sa passadura). Dentro il corno veniva messo olio e un geco (secondo alcuni anche una vipera) che era stato fritto da vivo. Poi l’olio veniva usato per alleviare e guarire l’infiammazione della puntura dell’insetto (contra ferenu).
Collezione privata.
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Sa sonniga.
Questo amuleto veniva messo sotto il cuscino come rimedio per l’insonnia. Si trovava in campagna sotto i muretti a secco.
Collezione privata.
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Su scritu.
Amuleto contro il malocchio e dolori di varia natura costituito da un piccolo sacchetto arancione ricamato a mano che poteva contenere immagini o vesti di santi, preghiere e formule sacre. Veniva fatto benedire e portato cucito tra le vesti.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.600600 - images/morfeoshow/magia-6408/big/007 magia_sng.jpg
Su scritu.
Retro del sacchetto.
Collezione privata.
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Su scritu.
Amuleto contro il malocchio e dolori di varia natura costituito da un piccolo sacchetto di velluto rosso con bordatura dorata che poteva contenere immagini o vesti di santi, preghiere e formule sacre. Veniva fatto benedire e portato cucito tra le vesti.
Collezione privata.
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Su scritu utilizzato per curare la mastite (su pilu de tita).
Sacchetto confezionato a mano con stoffa rossa quadrettata e provvisto di laccetto. Non si conosce di preciso il contenuto del sacchetto ma si dice fosse molto efficace.
Collezione privata.
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Su scapulariu.
Scapolari recanti le scritte “Cor Jesus miserere nobis” e “Mater et decor Carmeli ora pro nobis” confezionati dalle monache carmelitane. Si portavano cuciti tra le vesti come protezione dai mali.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.600600 - images/morfeoshow/magia-6408/big/011 magia_sng.jpg
Su scapulariu.
Scapolari recanti le scritte “Cor Jesus miserere nobis” e “Mater et decor Carmeli ora pro nobis” confezionati dalle monache carmelitane. Si portavano cuciti tra le vesti come protezione dai mali.
Collezione privata.
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La signora Carmela Tarantello pratica i brebus contro il mal di testa.
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la devozione
- gioielli
- collezione parrocchiale
- chiese e feste
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Luciana Quartu - fidan-zamento e matrimonio
Testimonianza di Luciana Quartu
Il fidanzamento e il matrimonioLa signora Luciana racconta del fidanzamento e del matrimonio.
Il ragazzo, prima di dichiarare i suoi sentimenti alla ragazza, si confidava con i genitori. Erano loro, infatti, che valutavano se la ragazza scelta fosse “quella giusta” per il loro figlio. Se davano il consenso veniva mandato a casa della ragazza su paralimpiu, un parente o un amico intimo dell’aspirante sposo; se era una persona gradita veniva accolta facendola sedere su una sedia nuova, se non era ben accetta gli veniva offerta una sedia rotta. I genitori della ragazza chiedevano qualche giorno di riflessione per prendere una decisione, di solito entro otto giorni davano una risposta. Ciò a cui tenevano di più era che il ragazzo fosse benestante e che, soprattutto, avesse la casa e il bestiame. Se il ragazzo era considerato all’altezza della propria figlia, invitavano a casa i genitori del futuro sposo e il fidanzamento diventava ufficiale. Al ragazzo veniva dato il consenso per potersi recare tutti i giorni a casa della ragazza. La “prima uscita” in pubblico per i fidanzati era per andare alla Messa domenicale. Dopo la Messa il fidanzato si tratteneva a pranzo a casa dei genitori della fidanzata; la settimana successiva era la ragazza che andava a pranzo a casa dei genitori del fidanzato. Come tradizione, la sera della “prima uscita insieme”, tutti i parenti dello sposo si recavano a casa della sposa per portarle is prendas come segno d’amore. Il regalo consisteva di solito in un anello su cui era incisa la lettera R (ricordo) oppure la chiave, simbolo del matrimonio, o ancora tre perle con i colori della bandiera italiana.
Dopo un breve periodo si cominciava a parlare di matrimonio. La mattina delle nozze lo sposo, accompagnato dai genitori e da tutti i parenti, andava a prendere la sposa e prima di uscire dalla propria casa, la madre della sposa, dava loro la benedizione (s’aratzia) come augurio per una nuova vita insieme. In un piatto venivano messe tre pietre di sale, dei petali di fiori, grano, foglie di limone, monete, caramelle e della carta tagliata a pezzetti; il piatto veniva poi rotto gettandolo per terra davanti agli sposi. Sia lo sposo che la sposa venivano accompagnati all’altare dai rispettivi padri. Finita la cerimonia era usanza recarsi nella futura casa degli sposi e poi si proseguiva con i festeggiamenti.
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Rosario sardo in argento: corona con avemarie in piccoli grani di pasta vitrea rossa con delle sfumature bianche, legature in argento e distanziatori a “S”, appendice con spartitore in piastra d’argento traforata con uccello incoronato, terminale con crocefisso in argento distanziato da un grano di corallo incapsulato in filigrana d’argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.462600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/002 gioielli_devozione_sng.jpg
Rosario di fidanzamento in argento, XIX secolo.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.390600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/003 gioielli_devozione_sng.jpg
Rosario con grani in madreperla verde acqua, legature in argento e terminale con crocefisso in argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.427600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/004 gioielli_devozione_sng.jpg
Rosario con grani in madreperla bianca, legature in argento e terminale con crocefisso in argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.450600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/005 gioielli_devozione_sng.jpg
Croce in argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.390600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/006 gioielli_devozione_sng.jpg
Rosario sardo in argento: corona con avemarie in grani di corallo, pater a bottone in filigrana d’argento, legature in argento e distanziatori a “S”, appendice con spartitore in piastra d’argento raffigurante un uccello dal quale pende un rosone a sei petali in filigrana d’argento, distanziato da un grano di corallo incapsulato e un bottone in filigrana d’argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.442600 - images/morfeoshow/gioielli-7561/big/007 gioielli_devozione_sng.jpg
Particolare dell’appendice del rosario sardo in argento.
Collezione privata.
Foto di Manuela Maxia.600600
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Stauroteca (con reliquia) in lamina d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, 1760.
Collezione parrocchiale.
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Turibolo in argento sbalzato, cesellato, traforato e con parti in fusione; di bottega sarda, XVII-XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Navicella porta incenso in argento sbalzato, cesellato e con parti in fusione; di bottega sarda, 1625.
Collezione parrocchiale.
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Calice in lamina d’argento sbalzata, cesellata, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Calice in lamina d’argento sbalzata, cesellata, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVI-XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Pisside in argento sbalzato, cesellato, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Ostensorio in argento dorato, sbalzato, cesellato, con parti in fusione, pietre e vetri colorati; di bottega cagliaritana, fine XV inizi XVI secolo.
Collezione parrocchiale.
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Patena in argento ribattuto e dorato; di probabile bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Cucchiaio per incenso in argento a stampaggio e cesellato, con incisi il delfino, lo stemma sabaudo e due iniziali non distinguibili; di bottega genovese, XIX secolo.
Collezione parrocchiale.
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Aspersorio in argento ripiegato, sbalzato e cesellato; di bottega sarda, XIX secolo.
Collezione parrocchiale.
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Mestolo battesimale in argento sbalzato e cesellato; di bottega sarda, 1627.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata, traforata e con vetri colorati; di bottega sarda, XIX secolo.
Collezione parrocchiale.
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Corona da statua in lamina d’argento sbalzata, cesellata e traforata; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Aureola da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XIX secolo.
Collezione parrocchiale.
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Diadema da statua in argento sbalzato, cesellato e traforato; di bottega sarda, XVI-XVII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Sandali dell’Assunta in lastra d’argento sbalzata e cesellata; di bottega sarda, XIX secolo.
Collezione parrocchiale.
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Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Insegna processionale di confraternita (ferula) in lastra d’argento sbalzata, cesellata e con parti in fusione; di bottega sarda, XVIII secolo.
Collezione parrocchiale.
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Croce processionale in argento sbalzato, cesellato, con parti in fusione e parti dorate; di bottega sarda, 1635.
Collezione parrocchiale.
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Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
Collezione parrocchiale.
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Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
Collezione parrocchiale.
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Cuore d’argento; ex voto di 185 soldati a San Nicolò al rientro dalla guerra.
“A voi San Nicolò. Partendo per la guerra sciogliemmo il voto che se tornati fossimo salvi, vi avremmo offerto un cuore d’argento. Oggi questo voto consacriamo con l’offerta promessa, a ricordo perenne di gratitudine consacrandovi l’affetto dei nostri cuori”. San Nicolò Gerrei, 18 maggio 1919. Sacerdote Francesco Lecca, rettore.
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Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari, anni Sessanta.
La foto è stata scattata prima della costruzione del secondo campanile, ultimato nel 1963 circa.
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Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari.
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Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari.
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Interno della chiesa parrocchiale.
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Interno della chiesa parrocchiale.
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Mariano e Salvatore Scioni, alle loro spalle la chiesetta campestre di Santa Lucia, 1965.
La costruzione della chiesa risale al 1963.
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La chiesetta campestre di Santa Lucia.
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Processione per la festa di Sant’Antonio da Padova, 1960.
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Processione per la festa di Sant’Antonio da Padova, 1960.
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Festa del santo patrono San Nicola di Bari, 1950.
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Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari, maggio 1956.
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Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari, 1960.
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Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari.
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Processione per la festa del santo patrono San Nicola di Bari.
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Festeggiamenti in onore del santo patrono San Nicola di Bari, 1974-75.
Il costume di Selargius.
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Processione per la festa della Vergine Assunta (la Madonna dormiente).
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I gioielli
A San Nicolò Gerrei i gioielli tradizionali sardi non erano molto diffusi; erano privilegio di poche persone e, durante la guerra, molti sono stati donati alla Patria. Tuttavia il paese ha avuto “l’onore” di avere un artigiano orafo: Raimondo Cardu (1840-1927). A quel tempo faceva molta meraviglia che una persona potesse esercitare e mantenere la famiglia con questo mestiere.
Raimondo Cardu - su prateri (l’argentiere) - giovanissimo fu mandato a Cagliari da un famoso orefice artigiano da cui imparò l’arte della lavorazione dell’oro e dell’argento. A vent’anni partì militare in Sicilia dove rimase per ben dieci anni (era il periodo della spedizione dei mille, il giovane Cardu faceva parte dell’esercito regolare e si è sempre rammaricato di non essere stato con i garibaldini).
Al rientro aprì un laboratorio orafo nella sua casa, mettendo a frutto l’esperienza maturata a Cagliari. In particolare aveva appreso il sistema di ottenere l’argento dal minerale grezzo (piombo ovvero galena argentifera) mediante il procedimento di coppellazione, il processo per separare l’argento dal piombo argentifero fondendo il minerale fino a recuperare l’argento puro che poi riduceva in fili sottili per la lavorazione dei gioielli. Si racconta che quando ricavava il filo d’argento non consentiva la presenza di nessuno perché il più piccolo movimento poteva compromettere il procedimento. Acquistava il minerale grezzo nel Sarrabus, nelle miniere di Monte Nai, dove si recava a cavallo.
Realizzava catenine, cadenatzus, orecchini, anelli, bottoni sardi in filigrana. I discendenti, grazie ai quali conosciamo la sua storia, hanno ancora qualche pezzo di catena da lui realizzata. Nella chiesa parrocchiale vi sono due pezzi in argento che, testimonianze popolari, riferiscono abbia realizzato lui. Il primo è il rosario della Madonna del Rosario (la statua portata in processione il giorno della festa della Candelora), lavorato in filigrana e impreziosito con perle rosse; il secondo è una coppia di sandali, lavorati finemente al cesello, appartenenti all’Assunta (la statua della Madonna dormiente).
Nel paese la collana più diffusa era su ghetau; costituito a treccia da più fili ritorti, di notevole lunghezza, si portava avvolto in più giri intorno al collo in modo che ricadesse sul petto come un pendente.
C’era anche su giunchilliu, una catena in argento costituita da piccoli anelli e molto lunga, che si portava anche questa avvolta in più giri (a meda passadas) intorno al collo e accompagnata spesso da un pendente. Su cadenatzu, simile a su giunchilliu, è costituito però da anelli più grandi. Alcune persone in paese possiedono ancora queste tipologie di collane, ma spesso sono state tagliate e suddivise tra parenti.
I gioielli più diffusi erano gli orecchini: le lorigas con o senza pendente in corallo e le arracadas, orecchini circolari con estremità appuntita utilizzati per il foro dei lobi delle orecchie. Accompagnavano sia l’abbigliamento giornaliero che quello festivo. Venivano quasi sempre regalati dalle madrine al momento del battesimo; era usanza, infatti, praticare i fori nei primi mesi di vita del neonato.
C’erano inoltre le spille con testina (agullas). Le spille erano in lamina d’oro con bordi incisi, decorazioni e pietre varie; venivano usate per trattenere lo scialle o per fermare altri gioielli sul petto. I bottoni (buttonis) in filigrana o lamina d’oro o d’argento venivano usati, invece, per chiudere colletti e polsini delle camicie. Sa gancera, infine, veniva utilizzata per chiudere il mantello o il cappotto.
Un tempo era frequente che, in casi di grave malattia o per altre particolari richieste, si facesse voto alla Madonna o ai Santi e, se esauditi, si donasse qualcosa di prezioso alla chiesa in segno di ringraziamento. Nella chiesa parrocchiale possiamo pertanto ammirare bellissimi oggetti, alcuni dei quali, donati nel corso degli anni: la croce processionale, la lampada pensile, la stauroteca (al cui interno è presente una reliquia), la navicella porta incenso, alcuni calici, la pisside, corone, aureole e diademi da statua, un ostensorio, i sandali dell’assunta, l’aspersorio, il mestolo battesimale, un’insegna processionale di confraternita, una patena e rosari (arrosarius).
I gioielli venivano regalati soprattutto al momento del fidanzamento. Nel paese si è soliti dire: “Ita no fiant is antigus po circai femina” (che cosa non facevano gli antichi per trovare una donna). Durante il periodo del corteggiamento (su fastigiu) si diceva: “Eh! Ti ses fatu cincu soddus” per rivelare che due furiant fastigendu (stavano amoreggiando). A un certo punto entrava in scena su paralimpiu, un amico intimo o un parente stretto dello sposo che si presentava a casa della sposa per dire ai genitori: “Seu beniu a domandai sa manu de sa filla”. Naturalmente, in genere, si trattava di una persona seria e affidabile, ma se per qualche motivo non era ben visto ddi donànt sa cadira peus chi teniant, sa prus becia (gli offrivano, per sedersi, la sedia più vecchia che avevano). In ogni caso a su paralimpiu beni acolliu (ben accolto) si doveva dare una risposta, positiva o negativa, perché la ragazza poteva essere già promessa a qualcun altro, oppure perché i genitori non erano contenti del pretendente. Infatti sa cosa chi prus teniant a coru su babu e sa mama de sa sposa furiat sa domu. Tant’è vero che, candu sciiant ca su sposu teniat sa domu, si diceva: “Chi no prus tenit sa domixedda” ed erano contenti. Candu no teniat sa domu si diceva: “Tanti gei est arruendi-nde-ddi sa domu!” per sottolineare che era talmente povero da non avere neanche la casa. Se su paralimpiu se ne andava con il consenso, il padre dello sposo veniva invitato, dalla famiglia della sposa, a presentarsi personalmente (ddi donànt s’intrada) e il fidanzamento diventava ufficiale: ndi iat pigau is fueddus sigurus e su sposu podiat intrai a domu de sa sposa dònnia dii a cabudu de cena (lo sposo poteva recarsi a casa della sposa ogni giorno dopo cena).
A questo punto si chistionàt de acabamentu de coja (si parlava dell’organizzazione del matrimonio) con i parenti dello sposo e della sposa. Sa prima bessida impari coincideva spesso con le festività del Natale quando la coppia poteva recarsi insieme alla Messa. Da allora erano fidanzati (fiant sposus in craru) e ogni domenica potevano andare insieme alla Messa.
Per il fidanzamento si regalava l’anello; il dono rendeva ufficiale il fidanzamento. Fra le tipologie di anello più regalate vi era quello a castone con la lettera R (ricordo) incisa sopra; oppure l’anello con la chiave, sigillo del matrimonio. Se si rompeva il fidanzamento, si restituivano i regali ricevuti.
La mattina della cerimonia lo sposo, accompagnato dai genitori e da tutti i parenti, andava a prendere la sposa e prima di uscire dalla propria casa, la madre della sposa, dava loro la benedizione (s’aratzia). Dopo il matrimonio, prima di varcare la soglia della nuova casa e dopo la benedizione del sacerdote, il suocero consegnava ufficialmente le chiavi di casa e il proprio figlio alla sposa e pronunciava le seguenti parole: “Teni contu de is crais e de sa domu e de fillu miu”.
gioielli
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