- parrocchia di San Giacomo
- complesso seicentesco San Cristoforo
- complesso seicentesco San Francesco
- San Giovanni battista
- Sant'Antonio abate
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Parrocchia di San Giacomo apostolo vista dalla campagna sottostante.
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Vista della parrocchia di San Giacomo all’imbrunire.
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Parrocchia di San Giacomo apostolo; aprile, 1993.
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Parrocchia di San Giacomo (1585-1605) in stile gotico-catalano.
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Facciata della chiesa di San Giacomo.
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Prospettiva della chiesa di San Giacomo.
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Portone principale della chiesa di San Giacomo.
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Chiave di volta con inciso lo stemma del Ducato di Mandas.
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Stemma del Ducato di Mandas scolpito nella facciata principale della chiesa parrocchiale.
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Campanile durante la ricostruzione in seguito al danneggiamento dell’originario a causa di un fulmine nel 1840 e completato nel 1928 per volere del canonico Dessì.
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Campanile durante la ricostruzione negli anni 1900-1928.
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Lavori di ricostruzione (1900-1928) del campanile della parrocchia di San Giacomo con ponteggi e operai.
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Nuovo campanile parrocchiale completato, 1928.
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Esterno della chiesa di San Giacomo, con arco d’ingresso e campanile.
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Vista autunnale del campanile.
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Campanile con palma.
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Chiesa di San Giacomo vista dal complesso seicentesco di San Francesco e San Cristoforo.
Foto di Sandro Gallo.600452 - images/morfeoshow/parrocchia_d-6728/big/018 san_giacomo_mandas.jpg
Vista posteriore della parrocchia di San Giacomo.
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Vista laterale della chiesa di San Giacomo apostolo.
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Piazzale e giardino con fiori e ulivi antistante la parrocchiale di San Giacomo.
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Interno della chiesa parrocchiale di San Giacomo, anni Quaranta.
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Chiesa di San Giacomo apostolo, 2 ottobre 1948, addobbata per la festa della Madonna di Bonaria.
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Interno della chiesa San Giacomo.
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Fonte battesimale in marmo policromo del 1760.
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Cappella del fonte battesimale; particolare dell’arco di accesso, inflesso e terminante a giglio, ornato con fogliame stilizzato e due creature angeliche.
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Cappella del Crocifisso; altare in legno intagliato e policromato in stile barocco, contenuto in una nicchia sormontata da un baldacchino con colonne tortili, contenente il gruppo ligneo raffigurante il Crocifisso, la Vergine e San Giovanni, 1732-33.
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Altare marmoreo della Madonna del Rosario scolpito dal regio marmoraro Giovanni Battista Franco nel 1823.
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Carta Gloria del Vangelo in argento sbalzato e cesellato.
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Cappella di San Giacomo; baldacchino in legno intagliato e policromato commissionato nel 1712 dal parroco rettore Francisco Marcia Cordella ed eseguito dal noto siciliano Tomaso Recupo. La parte in marmo policromo è del 1823 della bottega del regio marmoraro Giovanni Battista Franco, su commissione del rettore Federico Gessa.
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Volta del presbiterio.
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Volta stellata del presbiterio in pietra tufacea.
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Antica chiesa di San Cristoforo o della Vergine del Rosario, attigua alla chiesa parrocchiale. Edificata nel diciassettesimo secolo è sede, dal gennaio 2007, del museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
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L’antica chiesa di San Cristoforo.
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Complesso seicentesco di San Francesco e San Cristoforo.
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Complesso seicentesco di San Cristoforo, sede del museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
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Prospettiva dell’antica chiesa di San Cristoforo.
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Contrafforti dell’antica chiesa di San Cristoforo.
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Particolare dell’antica chiesa di San Cristoforo.
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Complesso seicentesco di San Francesco e San Cristoforo.
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Antica chiesa e convento di San Francesco. Il convento fu fondato nel 1610 a spese del duca di Mandas.
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Chiesa e convento di San Francesco prima del restauro.
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Chiesa e convento di San Francesco prima del restauro.
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Chiesa e convento di San Francesco dopo il restauro.
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Convento di San Francesco dopo il restauro.
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Parco di San Francesco, 2011.
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Complesso seicentesco di San Francesco, 2011.
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Convento di San Francesco innevato.
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Dormitorio dell’antico convento di San Francesco.
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Ex convento di San Francesco.
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Dormitorio del convento di San Francesco.
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Dormitorio dei frati francescani sino al 1866, oggi foresteria comunale.
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Complesso seicentesco di San Francesco.
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Parte superiore del convento di San Francesco; vista su San Cristoforo sulla Parrocchia di San Giacomo.
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Ingresso principale con archi del convento di San Francesco.
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Chiostro di San Francesco.
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Parco di San Francesco con vista su San Cristoforo e San Giacomo.
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Complesso seicentesco di San Francesco.
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Antico complesso seicentesco di San Francesco.
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Complesso seicentesco di San Francesco.
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Ingresso del complesso di San Francesco.
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Particolare del chiostro di San Francesco.
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Antica chiesa di San Francesco, oggi sede della biblioteca comunale.
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Gli affreschi seicenteschi, nella prima cappella a sinistra, dell’antica chiesa di San Francesco.
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Gli affreschi seicenteschi che raffigurano gli apostoli e i santi.
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Affreschi seicenteschi; dettagli del livello superiore con apostoli e santi.
Foto dell’archivio comunale.600413 - images/morfeoshow/temp_upload/027san_francesco_mandas.jpg
Affreschi seicenteschi; particolare della volta con la Madonna e Dio Padre che regge la croce del Cristo crocifisso.
Foto dell’archivio comunale.600451
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Chiesa campestre di San Giovanni Battista.
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Chiesa campestre di San Giovanni Battista.
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Chiesa campestre di San Giovanni Battista.
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Chiesa campestre di San Giovanni Battista.
Foto di Sandro Gallo.600451 - images/morfeoshow/san_giovanni-9836/big/005 chiesa di sgb_mandas.jpg
Interno della chiesa di San Giovanni Battista.
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Statua di San Giovanni Battista.
Foto di Antonello Atzori.450600
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Piazzale della chiesa di Sant’Antonio abate.
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Compendio di Sant’Antonio abate.
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Chiesa medioevale di Sant’Antonio abate, XII-XIII secolo.
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Antica strada romana rinvenuta sotto il sagrato e la chiesa di Sant’Antonio abate.
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Copertura lignea dell’interno della chiesa di Sant’Antonio abate.
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Acquasantiera.
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Le chiese, santi e leggende
La chiesa parrocchiale di San Giacomo
La sala per il culto è a pianta rettangolare con ampia navata centrale con copertura in ginepro poggiante su archi ogivali e con cinque cappelle laterali per parte, quasi tutte con volta a botte, tranne tre che hanno la volta a crociera, e una di esse è adibita a ingresso. La balaustra del 1833 è in marmo bardiglio estratto a Mandas. Il presbiterio è rialzato rispetto alla navata principale ed è coperto da una volta stellare in pietra tufacea, mentre il pulpito, del 1856, è in marmo bianco. Ai piedi della balaustra vi sono due artistici leoni in pietra, acquistati dal rettore Luigi Lissia Riccio il 19 settembre 1740. Nel paese c’era, infatti, una cava di marmo; con questo marmo, spedito a Cagliari dal rettore Federico Gessa nel 1830, fu costruito il basamento d’una statua romana, rinvenuta poi a Uta e volgarmente attribuita alla giudicessa Eleonora d’Arborea. La statua si trova oggi nel giardino pubblico di Cagliari.
L’altare maggiore è del 1777, in marmo prezioso, opera del regio marmoraro Giovanni Battista Franco; le nicchie sopra l’altare racchiudono tre belle statue in legno intagliato, dorato e policromo, raffiguranti San Gioacchino e Sant’Anna, del Settecento, mentre quella di San Giacomo apostolo, al centro, è di scuola toscana del Cinquecento e, seppure più antica delle altre, non faceva parte di questo gruppo statuario costruito per il nuovo altare maggiore, come testimoniano le dimensioni originarie della statua, di oltre due metri di altezza, che superano quelle della nicchia. Probabilmente la statua che completava il gruppo è quella tuttora utilizzata per la processione in occasione della festa patronale e realizzata dallo scultore sardo Michelangelo Mainas; la statua è gemella di un’immagine venerata a Orosei che raffigura l’apostolo con le insegne da pellegrino, come l’iconografia del santo, già nel Seicento, universalmente lo rappresenta.
Di notevole valore storico-artistico sono, nelle cappelle laterali, tre altari in legno intagliato e policromato in stile barocco, eseguiti da intagliatori sardi tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo. Particolarmente degno di nota è il retablo dell’altare del Crocifisso, nella terza cappella a destra, raffigurante il Crocifisso, la Vergine e San Giovanni, che il rettore Luigi Lissia Riccio fece realizzare dallo scultore Giuseppe Volpe e dai fratelli intagliatori Antonio e Francesco Carta nel 1732. L’altare fu poi dorato dal maestro Sisinnio Lai tra il 1733 e il 1734. In questa antica cappella si svolgono i principali riti della settimana santa.
Approfondimenti
Il corpo rettangolare della chiesa è lungo 22 metri e largo circa 12, il coro, quadrato, misura 9 metri per 9. Le nicchie sopra l’altare maggiore racchiudono le statue in legno intagliato, dorato e policromo di San Gioacchino e Sant’Anna, del Settecento, e quella di San Giacomo del Cinquecento. Interessante l’accostamento delle tre statue: il legame logico che unisce i tre santi è oggi di non facile intuizione. Molti sono portati a pensare che ciò sia dovuto alla vicinanza delle rispettive feste liturgiche (25 luglio per San Giacomo e 26 luglio per i santi Gioacchino e Anna), ma ciò non corrisponde al calendario in vigore all’epoca; in effetti la ragione è più legata alla tradizione che attribuisce all’apostolo uno scritto apocrifo del secondo secolo, noto come il protovangelo di Giacomo, che ci ha trasmesso i nomi dei genitori di Maria. Anche la posizione dei due santi, situati nelle due nicchie ai lati dell’apostolo, ma quasi ortogonale a quella del patrono, per assecondare il movimento stesso delle statue che sembrano quasi affacciarsi verso la navata comparendo alle spalle del medesimo, esprimono plasticamente il senso della rivelazione dei loro nomi e quindi della loro vita, di cui San Giacomo avrebbe il merito.
Molto interessante è la quinta cappella a destra che presenta uno splendido arco di accesso, inflesso e terminante a giglio, con un ornamento a fogliame stilizzato e due creature angeliche. In questa cappella si trova il fonte battesimale fatto scolpire nel 1760 in marmo policromo; di pregevole fattura settecentesca era situato nella prima cappella a sinistra dal 1926 al 2004, anno in cui è stato riportato nella sua cappella originaria. Degne di nota sono anche la cappella del Sacro Cuore, che conserva le reliquie dei santi martiri Giustino, Celestino e Giusta, e la cappella della Madonna del Rosario, il cui altare fu scolpito da Giovanni Battista Franco nel 1823. Fissato all’arco del presbiterio è il magnifico lampadone in argento del Santissimo Sacramento, opera dell’orafo Luigi Montaldo che lo realizzò nel 1851.
Dovizia di vasi sacri e di altri argenti del Settecento e dell’Ottocento (vedi I gioielli devozionali), insieme a numerosi ex-voto, costituiscono il tesoro parrocchiale e, in particolare, una collezione di pezzi realizzati da Luigi Montaldo, argentiere a Cagliari, che sostituirono quelli sottratti in un furto sacrilego compiuto da ignoti nel 1840.
La sacrestia barocca, costruita nel 1601 dal rettore Saturnino Pitzalis, conserva una preziosa paratora lignea intagliata del 1640 e un dipinto di San Rocco. È coperta con una volta a botte e da essa si accede, attraverso un locale di servizio, al campanile.
Ancora si conservano nell’archivio parrocchiale i rendiconti che testimoniano come nel periodo in cui la parrocchia era retta dai parroci Salvatore Costanti (fino al 1599) e Saturnino Pitzalis (1599-1610) fervevano i lavori per la chiesa su volontà del Duca di Mandas, Don Pedro Maza Ladron y Mendoza, che fece porre sulla facciata della chiesa, nella chiave che sormonta il portone principale, il suo stemma.
Della stessa epoca era anche il campanile antico, alto circa 40 metri e situato al lato della facciata dove oggi si trova la cappella del fonte battesimale; danneggiato gravemente da un fulmine nel 1840, fu demolito completamente nel 1865 e ricostruito tra 1900 e 1928 per volere del canonico Ligas e del canonico Dessì.
Chiesa di Sant’Antonio abate
Il 16 e 17 gennaio, con i festeggiamenti in onore del santo, si rinnova ancora oggi un’antica e secolare tradizione di Mandas. Un tempo, a cura della confraternita delle Anime purganti, i preparativi avevano inizio alcune settimane prima con la raccolta della legna a cui collaborava tutto il paese offrendo tronchi, rami e anche grano, fave e soldi. La legna raccolta veniva trasportata con i buoi e sistemata nel piazzale della chiesetta per allestire su fogadoni, il tradizionale falò. L’usanza di accendere il falò è uno dei tanti elementi etnografici che si unisce a quelli strettamente religiosi. L’utilizzo dei tronchi per fare il falò si collega al culto pagano dei nuragici che adoravano il legno: tali riti furono condannati dal papa Gregorio Magno. Al suono delle launeddas e di altri strumenti musicali, per tutta la notte, si cantavano i gocius dedicati al santo, si ballava intorno al falò mentre nella casa del priore si imbandiva una ricca mensa. Terminati i balli, a tarda notte, sino alle prime ore del mattino, intorno al fuoco restavano cantori improvvisati, poeti estemporanei e bevitori. Il 17 gennaio, dopo la solenne processione per le vie del paese, si celebrava la santa messa con panegirico. In lingua sarda, in onore dell’eremita. Al termine della celebrazione, ieri come oggi, si benedivano le candele e su pan’e saba e si distribuivano ai fedeli che onoravano il Santo cantando i gocius.
Convento e chiesa di San Francesco
Di rilevante importanza, nella prima cappella a sinistra, sono gli affreschi seicenteschi che rappresentano, nei riquadri del primo livello, scene della Via Crucis, nel livello superiore, gli apostoli e i santi, nella volta, la Madonna e Dio Padre che regge la croce del Cristo crocifisso, ancora in fase di recupero e di studio.
I frati francescani furono allontanati da alcuni nobili locali. Quando lasciarono il paese, uno dei frati, disse: “Mai nisciunu mandaresu at a arrenesci a si ghetai acua a buca. Sceti su stràngiu nci at a arrenesci”.
San Giacomo Maggiore
Mandas è capofila di una rete di comuni denominata “San Giacomo in Sardegna (Santu Iacu)” a cui appartengono Cagliari, Soleminis, Perdaxius, Orosei, Ittireddu, Nughedu Santa Vittoria, Goni e Noragugume, tutti accomunati dal santo patrono e, quasi tutti, dalla chiesa parrocchiale dedicata al santo.
San Giacomo apostolo, detto il Maggiore per distinguerlo dall’omonimo apostolo detto il Minore, fu presente ai principali miracoli di Gesù, alla trasfigurazione di Gesù sul Tabor e al Getsemani alla vigilia della Passione; pronto e impetuoso di carattere, come il fratello, vengono entrambi soprannominati da Gesù boànerghes che significa figli del tuono. Per questo motivo viene invocato contro i fulmini.
Primo tra gli apostoli, fu martirizzato con la decapitazione a Gerusalemme intorno all’anno 43 dopo Cristo per ordine di Erode Agrippa. Le sue spoglie vennero traslate dopo il martirio in Spagna e la sua tomba divenne meta di grandi pellegrinaggi. Il luogo prese il nome di Santiago.
È il patrono dei pellegrini, cavalieri, soldati e delle malattie reumatiche. Il nome Giacomo deriva dall’ebraico “che segue Dio”; i suoi emblemi sono il cappello da pellegrino, la conchiglia e lo stendardo.
Santa Barbara
Santa Barbara e Santu Iacu - bosàterus portais is crais de su lampu - bosàterus portais is crais de su celu - no tocheis a fillu allenu - ne in domu ne in su sartu - Santa Barbara e Santu Iacu.
La chiesa di Santa Barbara, sita nell’omonima località dove oggi si trovano le rovine di un vasto complesso nuragico, fu una delle prime a sorgere a Mandas, la sua costruzione risale al 1593. Oggi non esiste più.
San Luigi IX re di Francia
Il suo corpo fu bollito nel vino per separare le carni dallo scheletro. Fu un cattolico appassionato, assisteva alla messa tutti i giorni e ogni sera eseguiva cinquanta genuflessioni inginocchiato, accompagnandole con una Ave Maria, un’antica pratica irlandese dalla quale si originerà il Rosario.
Nel 1297 fu canonizzato da Papa Bonifacio VII. Si festeggia il 25 agosto.
La statua di San Luigi IX, in legno intagliato e dipinto, è stata realizzata da uno scultore sardo nel diciassettesimo secolo; recentemente restaurata è conservata nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei (vedi I musei).
Sant’Isidoro
La statua di Sant’Isidoro, dei primi del Seicento, è conservata nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
Sant’Efisio
La statua di Sant’Efisio, in legno intagliato e dipinto, è stata realizzata da uno scultore sardo nel diciassettesimo secolo; è conservata nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
La Vergine Assunta dormiente
La statua della Vergine Assunta dormiente, in legno intagliato e dipinto, fu realizzata nel 1732 dallo scultore Giuseppe Volpe; i vestiti in seta e minuziosamente decorati sono opera di Pietro Mirello e risalgono agli anni Cinquanta; il diadema a cinque stelle, la corona e i sandali, tutti in argento sbalzato e cesellato, sono quelli realizzati dall’argentiere Ignazio Solanas nel 1713; la lettiga è in legno intagliato con decorazioni dorate e due angeli che reggono la corona.
La statua è custodita nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
Santa Vittoria
Vittoria e la cugina Anatolia, come raccontano i testi biblici, rifiutarono le nozze con due patrizi, perché consacrate a Dio. I due uomini, con il favore imperiale, le mandarono in esilio nei loro possedimenti in Sabina, presso la città di Tremula (oggi Monteleone Sabino, Rieti). In questo territorio c’era un terribile dragone, il cui sbuffo pestifero faceva morire uomini e animali. Domiziano, signore del luogo, si recò da Vittoria e la pregò di salvare la città dal drago, lei accettò a patto che lui e tutti gli abitanti diventassero cristiani una volta scacciato il dragone dalla città. Domiziano mantenne la promessa e fece diventare cristiani i suoi abitanti. Nella grotta in cui si trovava il drago Vittoria fondò un oratorio e si occupò di tutte le fanciulle vergini. Fu denunciata e uccisa con una spada perché si rifiutò di adorare la dea Diana.
La statua di Santa Vittoria, del sedicesimo secolo, in legno intagliato e dipinto, è custodita nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
San Rocco
San Rocco è invocato contro le malattie del bestiame e contro le catastrofi naturali e, in particolare, è protettore dalla peste.
Il dipinto di San Rocco è custodito nella sacrestia della chiesa parrocchiale di San Giacomo; se ne trova anche una riproduzione nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
La settimana santa
Tra i riti che si usava fare vi era la preparazione de su nènniri (misto di grano e orzo seminato su terriccio posto in vasi di terracotta o in piatti). Il Giovedì Santo questi contenitori venivano posti nell’altare del Crocifisso o ai piedi del Cristo morto.
I riti della settimana santa hanno inizio con la Domenica delle Palme. La popolazione si reca in chiesa con i rami d’ulivo e con le palme lavorate. Rami e palme benedette vengono poi portati nelle proprie abitazioni o nei luoghi di lavoro in segno di protezione.
Il Giovedì Santo vede la celebrazione della santa messa in Coena Domini, seguita dalla solenne veglia di preghiera. Il Venerdì Santo si ripropone il rito de s’iscravamentu, mentre la sera si svolge la processione con il Cristo morto o la Via Crucis (a seconda del volere del parroco, c’è chi celebra la Via Crucis il venerdì precedente e la processione con il Cristo Morto il Venerdì Santo).
Il Sabato Santo è dedicato alla riflessione, al raccoglimento e alla preghiera. Anticamente le campane venivano legate e i ragazzini ricordavano gli appuntamenti religiosi per le strade del paese suonando matracas e strociarranas.
A mezzanotte inizia la solenne veglia di Pasqua con l’ingresso trionfale in parrocchia di Gesù risorto. Le luci, spente sino a pochi minuti prima, vengono accese e le campane riprendono a suonare a festa.
La domenica mattina si svolge il rito de s’incontru (el encuentro spagnolo), con il saluto del Risorto alla Madre Maria, alla quale viene tolto il velo del lutto. Per questa processione viene utilizzata la statua del Cristo risorto, in legno intagliato e dipinto, realizzata nel diciottesimo secolo dallo scultore sardo Giuseppe Antonio Lonis e custodita nel museo di arte sacra Peregrinatio Fidei.
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