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L’abito tradizionale
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    Nome: abito con scialle di seta
    Denominazione locale: bistiri a sciallu de seda
    Uso: abito da sposa ceto medio, abito da cerimonia
    Tessuto: seta
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito con scialle di seta
    Denominazione locale: bistiri a sciallu de seda
    Uso: abito da sposa ceto medio, abito da cerimonia
    Tessuto: seta
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito a liste di canna
    Denominazione locale: bistiri a perra de canna
    Uso: giornaliero
    Tessuto: misto lana de abordau (adattamento sardizzato di bordeaux)
    Datazione: seconda metà dell’OttocentoCollezione: famiglia Serreli
    Modella: Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito a liste di canna, particolare della camicia a perra de canna
    Denominazione locale: bistiri a perra de canna
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lana
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito a liste di canna, particolare della gonna a tancus (parte superiore blu, parte inferiore rossa)
    Denominazione locale: bistiri a perra de canna
    Uso: giornaliero; il blu veniva usato nel periodo della vedovanza
    Tessuto: lana
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito buono
    Denominazione locale: bistiri bonu
    Uso: matrimonio, cerimonia (ricca borghesia)
    Tessuto: panno e broccato
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Francesca Boassa
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito buono, particolare del velo in tulle ricamato a mano su cui è appuntata la spilla margherita in oro (spilla de faci); sul petto si notano i bottoni e sa cannacca, entrambi in oro.
    Denominazione locale: bistiri bonu
    Uso: matrimonio, cerimonia (ricca borghesia)
    Tessuto: tulle
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Francesca Boassa
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: da sinistra, abito a liste di canna, abito buono e abito con scialle di seta
    Denominazione locale: da sinistra, bistiri a perra de canna, bistiri bonu e bistiri a sciallu de seda
    Uso: giornaliero, cerimonia (ricca borghesia), cerimonia (ceto medio)
    Tessuti: misto lana de abordau, panno e broccato, seta
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modelle: da destra, Michela Orrù, Francesca Boassa, Marta Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: cuffia
    Denominazione locale: scufiotu
    Uso: serviva per raccogliere i capelli; ci si appuntava sa spilla de faci per mantenere il velo e lo scialle di seta. Era usato sia con l’abito buono sia con l’abito con lo scialle di seta.
    Tessuto: raso
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: fazzoletti per la testa
    Denominazione locale: mucadori de conca
    Uso: giornaliero; variava il colore secondo i gusti personali, nell’abito buono era sempre bianco.
    Tessuto: lana
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: fazzoletti per la testa
    Denominazione locale: mucadoris de conca
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lana
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: scialle di seta, particolare del ricamo
    Denominazione locale: sciallu de seda
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lana ricamata
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: fazzoletto
    Denominazione locale: mucadori
    Uso: giornaliero
    Tessuto: raso
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: camicia a liste di canna
    Denominazione locale: camisa a perra de canna
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lino
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: camicia a liste di canna, particolare della manica
    Denominazione locale: camisa a perra de canna
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lino
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: corpetto
    Denominazione locale: cossu
    Uso: tutte le occasioni. Nel vestito buono si usava sotto la camicia con funzione di reggiseno, mentre in quello a scialle di seta andava sopra la camicia e sotto su spensu, il corpetto a maniche lunghe.
    Tessuto: broccato con passamaneria argentata
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: corpetto
    Denominazione locale: cossu
    Uso: giornaliero
    Tessuto: broccato
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: corpetti a maniche lunghe
    Denominazione locale: spensus
    Uso: cerimonia ceto medio
    Tessuto: raso con trine d’oro
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: giacca in velluto
    Denominazione locale: sa vellada
    Uso: cerimonia, indossato con l’abito buono
    Tessuto: velluto, passamaneria argentata o dorata
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: gonna
    Denominazione locale: gunnedda de asuta
    Uso: si indossava sotto la gonna per valorizzare le forme femminili come simbolo di fertilità (uso probabilmente derivante dagli antichi romani, i primi ad averlo documentato).
    Tessuto: panno
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: grembiule dell’abito buono
    Denominazione locale: imboddiu, deventali de su bistiri bonu
    Uso: cerimonia ricca borghesia
    Tessuto: broccato
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: grembiule dell’abito con scialle di seta
    Denominazione locale: deventali de su bistiri a sciallu de seda
    Uso: cerimonia classe media
    Tessuto: raso
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: grembiule dell’abito con scialle di seta, talvolta usato anche con l’abito a liste di canna
    Denominazione locale: deventali de su bistiri a sciallu de seda
    Uso: cerimonia ceto medio
    Tessuto: raso
    Datazione: fine Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: grembiule dell’abito a liste di canna
    Denominazione locale: deventali de su bistiri a perra de canna
    Uso: giornaliero
    Tessuto: lana leggera ricamata
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito da uomo
    Denominazione locale: bistiri de mascu
    Uso: festivo
    Tessuto: orbace e tela (lino)
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Bruno Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito da uomo, particolare del sereniccu (adattamento sardizzato della città greca di Salonicco; altri invece propendono per l’allusione alla sera). Ci sono delle somiglianze di abbigliamento con i paesi balcanici e della Grecia.
    Denominazione locale: bistiri de mascu
    Uso: festivo
    Tessuto: orbace e tela (lino)
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Bruno Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: catena
    Denominazione locale: giunchilliu
    Uso: festivo, chiudeva su sereniccu
    Materiale: argento
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: abito da uomo, particolare della s’ista de peddi (mastruca) e della berritta
    Denominazione locale: bistiri de mascu
    Uso: giornaliero
    Tessuto: pelle di cervo (mastruca) e orbace (berritta)
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Modella: Bruno Orrù
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: mastruca
    Denominazione locale: ista de peddi
    Uso: si utilizzava per andare a cavallo perché riparava dal freddo e dal vento senza impedire la mobilità.
    Tessuto: pelle di cervo, ma poteva anche essere di capra.
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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    Nome: cinta
    Denominazione locale: cintroxu
    Uso: giornaliero
    Tessuto: pelle rivestita in raso
    Datazione: seconda metà dell’Ottocento
    Collezione: famiglia Serreli
    Foto di: Claudia Castellano

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L’abito tradizionale

Le prime rappresentazioni degli abiti sinnaesi apparvero nelle riviste che circolavano in Sardegna nel corso del diciannovesimo secolo. Baldassarre Luciano, in una litografia pubblicata nel 1878 sulla rivista Il buon umore, raffigura una domestica che indossa una cuffia di broccato sulla testa, una giacca con maniche strette, una gonna di bordato rosso e blu, un grembiule di seta e un fazzoletto sulla vita.
Giuseppe Cominotti, in una litografia del 1826, raffigura una ragazza sinnaese a cavallo in abito da sposa. Il vestito è molto simile a su bistiri bonu (l’abito da sposa della ricca borghesia), quello che oggi le ragazze dei gruppi folk di Sinnai indossano per ballare nelle feste e nelle sagre paesane.
Molte famiglie di Sinnai custodiscono gelosamente numerosi abiti antichi come una sorta di eredità familiare. Liliana Serreli conserva nella sua casa campidanese diversi abiti femminili e maschili appartenuti ai suoi avi, risalenti tutti alla seconda metà dell’Ottocento. La sua collezione è importantissima dal punto di vista etnografico e ci dà un’idea di come donne e uomini si vestivano a Sinnai nel diciannovesimo secolo. Le riproduzioni di questi costumi vengono utilizzate principalmente dai componenti del gruppo folk di Sinnai “Funtana de Olia” nato nel 2001 ma presente dal 1948 come Gruppo Folk Sinnai. In base alla tradizione, a Sinnai possono essere classificate quattro categorie di abiti: su bistiri bonu (l’abito da sposa e da cerimonia della ricca borghesia), su bistiri a sciallu de seda (l’abito da sposa e da cerimonia del ceto medio), su bistiri a perra de canna (l’abito giornaliero) e su bistiri de mascu (l’abito maschile).


Su bistiri bonu (l’abito buono)
Era l’abito che veniva usato dalle ragazze della ricca borgesia in occasione delle nozze o di importanti cerimonie. Sulla testa si indossava su scufiotu, una cuffia che serviva per raccogliere i capelli, e su velu, un velo in tulle ricamato a mano dove si appuntavano ornamenti in oro e spille come sa spilla de faci.
La camicia era di lino ornata e ricamata molto finemente con pizzi nel collo e nei polsini. Sotto la camicia (non sopra, come nell’abito con scialle di sete e in quello giornaliero) andava su cossu, un corpetto che aveva la funzione di reggiseno (non esisteva la biancheria intima). Nelle spalle si legava su pannu de piturra, un fazzoletto ricamato dove veniva fissata sa cannacca, un prezioso girocollo in oro. Molto importante era sa vellada, una giacca in velluto attillata a mezze maniche che serviva per modellare la vita. La gonna, sa gunnedda, era di velluto rosso e aveva delle pieghe sia davanti che dietro. Sopra sa gunnedda andava s’imboddiu, grembiule in broccato che si distingueva dagli altri per la particolare fattura dei ricami e dei pizzi. Le scarpe erano rivestite di broccato e si abbinavano con s’imboddiu.
Nel vestito buono abbondavano is prendas (i gioielli) che, oltre ad avere una funzione decorativa, denotavano la classe sociale. Famose in tutto il Campidano sono le collane, come su giunchìlliu, sa cannacca de oru e su lasu, quest’ultimo considerato il gioiello più importante per una donna perché descriveva un percorso di vita.

Su bistiri a sciallu de seda (l’abito con scialle di seta)
Era l’abito da sposa e da cerimonia delle ragazze del ceto medio. Sulla testa si indossava su mucadori, un fazzoletto che serviva per tenere i capelli. Sopra il fazzoletto poggiava su sciallu de seda, uno scialle di seta viola e verde. La camicia era di lino con pizzi sui polsini e sul colletto; sopra la camicia andava su cossu e su spensu, un corpetto di raso a maniche lunghe ornato con trine d’oro. Come gonna si usava sa gunnedda de abordau (sardizzazione di bordeaux), così chiamata perché venivano messe in risalto le righe bordeaux del vestito. Sopra la gonna si legava su deventali, un grembiule di raso con vari ricami sul lato inferiore, spesso dotato di busciàcca, una tasca di broccato che veniva legata sotto il grembiule.

Su bistiri de donnia di (l’abito di tutti i giorni)
Era il vestito che serviva per tutti i giorni. Sulla testa si indossava su mucadori che spesso era di cotone ma poteva essere anche di raso o di lana. La camicia era di lino bianco, veniva stirata disponendo il tessuto con delle pieghe e per questo veniva chiamata a perra de canna (liste di canna). Sopra la camicia si indossava su cossu sul quale si appuntava su pannu de piturra simile strutturalmente a quello de su bistiri bonu ma molto più modesto. La gonna, sa gunnedda a tancus, era composta da una parte superiore di colore blu e una inferiore di colore rosso. Il blu veniva usato nei periodi di vedovanza.

Su bistiri de mascu (l’abito da uomo)
L’abito da uomo si presentava in una sola variante; veniva indossato sia quotidianamente che nelle feste e nelle cerimonie con l’aggiunta di alcuni capi. Sulla testa andava sa berritta, un copricapo in orbace lungo circa 60 centimetri che veniva lasciato cadere all’indietro sulla schiena. La camicia era di lino ornata con dei ricami nei polsini e nel colletto. Sia i polsini che il colletto si chiudevano con dei bottoni d’oro. Sopra la camicia andava su gropetu, un gilet di velluto rosso con bottoni d’oro rifinito ai bordi con numerosi ricami dorati. Sopra su gropetu andava s’ista de peddi, più nota come mastruca. Questa era fatta in pelle di cervo (quando ancora il cervo si poteva cacciare nelle montagne di Sinnai) e si utilizzava per andare a cavallo, perché riparava dal freddo e dal vento senza limitare la mobilità sull’animale. Un capo molto interessante è su sereniccu, una sorta di mantello in orbace con un ampio cappuccio che si chiudeva all’altezza del petto con su giunchìlliu, una catena ornata d’oro o d’argento. Is cratzonis (i calzoni) erano di lino e rimanevano piuttosto larghi. Sopra is cratzonis andava s’arroda, un gonnellino di orbace che aveva il bordo in velluto e veniva tenuto da sa carrighera, una cinta in pelle rivestita di broccato.

Tessuti e stoffe maggiormente utilizzate
Lana e misto lana
Si usava nei vestiti a sciallu de seda e a perra de canna. Usato per gonne, fazzoletti e sottogonne.

Lino
Impiegato per camicie, mutandoni e, in generale, per le parti bianche dei vestiti.

Orbace
Particolare lavorazione della lana, veniva utilizzato principalmente per gli abiti maschili.

Raso
Utilizzato per fazzoletti, corsetti e deventalis.

Seta
Si adoperava per su sciallu de seda e diverse altre componenti dei vestiti.

Broccato
Lavorazione particolare della seta, si usava per i corsetti.

Velluto
Impiegato nei corsetti.

Panno
Utilizzato per le gonne.

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