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Sinnai. Anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro di anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Due anelli in oro rosso, risalenti alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro di anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Anello in oro rosso, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottoni in oro, risalenti ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottoni in oro, risalenti ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottoni in oro, risalenti ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottoni in oro, risalenti ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottoni in oro, risalenti ai primi del Novecento o a un periodo anteriore, particolare.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottone in oro, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bottone in oro, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bracciale, risalente agli anni Trenta del Novecento, particolare.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bracciale, risalente agli anni Trenta del Novecento, particolare.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bracciale, risalente agli anni Trenta del Novecento.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bracciale, risalente agli anni Trenta del Novecento, particolare.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Bracciale, risalente agli anni Trenta del Novecento.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Collana a pibionis, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Collana a pibionis, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Collana a pibionis, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
600449 - images/morfeoshow/gioielli-5279/big/23-DSCN2052.JPG830.jpg
Sinnai. Gioja, risalente agli anni Trenta del Novecento.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della gioja, risalente agli anni Trenta del Novecento.
Proprietà Gioia Maria Cardia.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Giunchìlliu, particolare. Risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore, particolare.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Giunchìlliu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Orecchini a grappolo d’uva, risalenti alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Orecchini a grappolo d’uva, risalenti alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro di orecchino a grappolo d’uva, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro di orecchino a grappolo d’uva, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro di orecchino a grappolo d’uva, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
600449 - images/morfeoshow/gioielli-5279/big/32-DSCN2181.JPG32.jpg
Sinnai. Orecchino a galletto, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Orecchino a galletto, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Orecchini a galletto, risalenti alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Lasu, formato, da sinistra a destra, da frori, gioja e dòminu. Risale ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
449600 - images/morfeoshow/gioielli-5279/big/36-retro-di-tutto-il-lasu.JPG386.jpg
Sinnai. Retro del lasu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Frori del lasu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del frori, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Gioja del lasu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della gioja, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Dòminu del lasu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del dòminu, risalente ai primi del Novecento o a un periodo anteriore.
Proprietà eredi Anna Cocco.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Lasu, formato, da sinistra a destra, da frori, gioja e dòminu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del lasu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del lasu, risalente alla fine dell’Ottocento. Particolare della giunzione tra gioja e dòminu.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Frocu del lasu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del frocu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Gioja del lasu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della gioja, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Dòminu del lasu, risalente alla fine dell’Ottocento. Cammeo in madreperla.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro del dòminu, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento, retro.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della spilla “a margherita”, particolare. Risale alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Retro della spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, particolare, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Spilla “a margherita”, particolare, risalente alla fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
600449
La magia
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Elena Olla
Testimonianza di Elena Olla
So fare la mexina de s’ogu, la mexina de is porrus, la mexina de is murenas, la mexina de sa buca mala e la mexina de s’assìchidu, anche se quest’ultima è da tanto che non la faccio più.
La mèxina de s’ogu è quella che pratico di più; serve quando qualcuno “prende il malocchio”, perché una persona “ha gli occhi uguali all’altra e si verifica come un lampo”.
Se un bambino ha preso il malocchio, si vede perché ha una macchia sull’occhio, si chiama su crabu in s’ogu, e allora bisogna praticare la mexina. Quando ha ricevuto il malocchio gli si gela lo stomaco, ma dopo che gli faccio la mexina vomita il latte raddensato e guarisce subito.
La mexina de s’ogu mi viene richiesta ancora oggi, anche per il mal di testa, perché comunque alleggerisce, anche se la causa non è il malocchio.
Se ad avere il malocchio è un bambino, recito la preghiera mettendogli le mani in testa o altrimenti, per fare tutta la mexina, prendo un bicchiere e tre chicchi di grano e, se è malocchio, il chicco si mette verticale ed esce una bolla, se va a fondo vuol dire che è ugualmente malocchio ma che passa subito. Se tre chicchi si mettono a raggiera con le punte verso il centro, dove c’è anche la bolla, significa che la persona sta molto male. Bisogna recitare una preghiera a Gesù, una preghiera che tratta della sua vita e dei santi. Posso raccontarvi tutto questo perché voi siete più piccoli.
Ho imparato da mia mamma e da mia nonna, che mi dicevano di imparare per tramandare quest’arte a mia volta. Mi hanno insegnato quando hanno valutato che potessi essere matura, verso i sedici anni.
La mexina mi è stata chiesta anche da persone non sinnaesi. L’ho fatta a un bambino di Cagliari biondo e dagli occhi azzurri, che in ospedale non riuscivano a curare. Io l’ho guarito e non ho voluto essere pagata, malgrado la mamma insistesse. Se altre persone la facciano per soldi non lo so.
Per la mexina de is porrus bisogna trovarsi in un giorno di luna calante; è venuta a farsela fare una persona di Settimo San Pietro con un bambino che è guarito. A una donna che non ci credeva non gliel’ho fatta, diceva che ci avrebbe creduto soltanto dopo che sarebbe guarita. Per questa mexina bisogna recitare soltanto la preghiera, non c’è il bicchiere come nella mexina de s’ogu.
La mexina de sa buca mala serviva quando ai bambini uscivano delle ulcere e del muco in bocca e consiste in una preghiera alla morte e passione di Gesù.
La mexina de s’assìchidu serviva quando una persona non riusciva a guarire da uno spavento e, per poterla fare, è necessario non guardare nessuno e non rispondere neanche se si viene chiamati. Un tempo, contro gli spaventi, non c’erano gli psicologi…
Per la mexina po is murenas serve un’erba da estirpare con tutte le radici, inumidendola molto; non è facile. La appendevamo e quando l’erba si seccava, le emorroidi erano sparite. Bisognava però recitare anche le preghiere. Quest’erba non si trova più e, al suo posto, si possono usare tre bulbi di ciclamino; l’ho fatta ieri per una ragazza di Capoterra, ma è difficile trovare i bulbi, perché il ciclamino fiorisce lontano dal bulbo anche alcuni metri.
Un’altra mexina antica serviva per quando un bambino aveva mal di stomaco. Prendevamo un uovo e glielo mettevamo sullo stomaco e l’uovo girava fino a rompersi. Oppure, insieme all’uovo, gli mettevamo una fascia con un’erba selvatica. Mettevamo l’uovo nella parte dolorante e l’uovo si rompeva.
Esiste una mexina anche per quando si smarrisce qualcosa; bisogna fare una preghiera a Sant’Elena, recitare tre Credo, tre Ave Maria e tre Babu Nostu. A Sant’Elena perché lei cercava la croce di Cristo.
Per praticare queste mexinas la persona da guarire può anche essere assente, basta che io sappia come si chiama. Basta semplicemente il nome, anche se fosse in “Italia”, anche se io non la conoscessi.
A Sinnai non usavamo la sabègia, perché ai bambini facevamo direttamente la mexina; non avevamo paura perché eravamo capaci a fare la mexina e sapevamo che funzionava.
Io faccio anche l’orotzioni, per scoprire il futuro; se, per esempio, daranno la pensione a qualcuno, se un esame andrà bene e così via. Si esce sulla strada e si esamina ciò che si vede; anche questo mi è stato insegnato da mamma e da nonna.
Quando la morte è in arrivo, i cani la segnalano abbaiando in un modo particolare e significa che la morte sta per arrivare nel luogo vicino al cane che abbaia, da qualche parte nel quartiere. Molte volte me ne sono accorta e il giorno successivo ho saputo che qualcuno era morto davvero.
-
Elena Olla - seconda parte
Testimonianza di Elena Olla
So fare la mexina de s’ogu, la mexina de is porrus, la mexina de is murenas, la mexina de sa buca mala e la mexina de s’assìchidu, anche se quest’ultima è da tanto che non la faccio più.
La mèxina de s’ogu è quella che pratico di più; serve quando qualcuno “prende il malocchio”, perché una persona “ha gli occhi uguali all’altra e si verifica come un lampo”.
Se un bambino ha preso il malocchio, si vede perché ha una macchia sull’occhio, si chiama su crabu in s’ogu, e allora bisogna praticare la mexina. Quando ha ricevuto il malocchio gli si gela lo stomaco, ma dopo che gli faccio la mexina vomita il latte raddensato e guarisce subito.
La mexina de s’ogu mi viene richiesta ancora oggi, anche per il mal di testa, perché comunque alleggerisce, anche se la causa non è il malocchio.
Se ad avere il malocchio è un bambino, recito la preghiera mettendogli le mani in testa o altrimenti, per fare tutta la mexina, prendo un bicchiere e tre chicchi di grano e, se è malocchio, il chicco si mette verticale ed esce una bolla, se va a fondo vuol dire che è ugualmente malocchio ma che passa subito. Se tre chicchi si mettono a raggiera con le punte verso il centro, dove c’è anche la bolla, significa che la persona sta molto male. Bisogna recitare una preghiera a Gesù, una preghiera che tratta della sua vita e dei santi. Posso raccontarvi tutto questo perché voi siete più piccoli.
Ho imparato da mia mamma e da mia nonna, che mi dicevano di imparare per tramandare quest’arte a mia volta. Mi hanno insegnato quando hanno valutato che potessi essere matura, verso i sedici anni.
La mexina mi è stata chiesta anche da persone non sinnaesi. L’ho fatta a un bambino di Cagliari biondo e dagli occhi azzurri, che in ospedale non riuscivano a curare. Io l’ho guarito e non ho voluto essere pagata, malgrado la mamma insistesse. Se altre persone la facciano per soldi non lo so.
Per la mexina de is porrus bisogna trovarsi in un giorno di luna calante; è venuta a farsela fare una persona di Settimo San Pietro con un bambino che è guarito. A una donna che non ci credeva non gliel’ho fatta, diceva che ci avrebbe creduto soltanto dopo che sarebbe guarita. Per questa mexina bisogna recitare soltanto la preghiera, non c’è il bicchiere come nella mexina de s’ogu.
La mexina de sa buca mala serviva quando ai bambini uscivano delle ulcere e del muco in bocca e consiste in una preghiera alla morte e passione di Gesù.
La mexina de s’assìchidu serviva quando una persona non riusciva a guarire da uno spavento e, per poterla fare, è necessario non guardare nessuno e non rispondere neanche se si viene chiamati. Un tempo, contro gli spaventi, non c’erano gli psicologi…
Per la mexina po is murenas serve un’erba da estirpare con tutte le radici, inumidendola molto; non è facile. La appendevamo e quando l’erba si seccava, le emorroidi erano sparite. Bisognava però recitare anche le preghiere. Quest’erba non si trova più e, al suo posto, si possono usare tre bulbi di ciclamino; l’ho fatta ieri per una ragazza di Capoterra, ma è difficile trovare i bulbi, perché il ciclamino fiorisce lontano dal bulbo anche alcuni metri.
Un’altra mexina antica serviva per quando un bambino aveva mal di stomaco. Prendevamo un uovo e glielo mettevamo sullo stomaco e l’uovo girava fino a rompersi. Oppure, insieme all’uovo, gli mettevamo una fascia con un’erba selvatica. Mettevamo l’uovo nella parte dolorante e l’uovo si rompeva.
Esiste una mexina anche per quando si smarrisce qualcosa; bisogna fare una preghiera a Sant’Elena, recitare tre Credo, tre Ave Maria e tre Babu Nostu. A Sant’Elena perché lei cercava la croce di Cristo.
Per praticare queste mexinas la persona da guarire può anche essere assente, basta che io sappia come si chiama. Basta semplicemente il nome, anche se fosse in “Italia”, anche se io non la conoscessi.
A Sinnai non usavamo la sabègia, perché ai bambini facevamo direttamente la mexina; non avevamo paura perché eravamo capaci a fare la mexina e sapevamo che funzionava.
Io faccio anche l’orotzioni, per scoprire il futuro; se, per esempio, daranno la pensione a qualcuno, se un esame andrà bene e così via. Si esce sulla strada e si esamina ciò che si vede; anche questo mi è stato insegnato da mamma e da nonna.
Quando la morte è in arrivo, i cani la segnalano abbaiando in un modo particolare e significa che la morte sta per arrivare nel luogo vicino al cane che abbaia, da qualche parte nel quartiere. Molte volte me ne sono accorta e il giorno successivo ho saputo che qualcuno era morto davvero.
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Greca Pusceddu
Testimonianza di Greca Pusceddu
La signora protagonista dell’intervista racconta che è stata una donna anziana ad insegnarle il rito per “la medicina dell’occhio” e mostra come si compie il rito.
In un bicchiere d’acqua mette alternativamente per tre volte un grano di sale e un chicco di grano, ripetendo in sardo sempre le medesime parole, che riportiamo tradotte in italiano:
“Gesù santo ha detto una cosa,
se ti metto la mano sulla fronte,
mano nella fronte e in testa,
affinché non tema stanotte,
che andiamo a San Giovanni
e lo dice Dio, il migliore sono io,
il migliore battezzato,
all’occhio la luce ritorni”.
Questa medicina dell’occhio l’ho fatta per...
Racconta che, alla fine del rito, bisogna buttare via l’acqua su un muro, con le spalle rivolte ad esso, poiché nel muro non passano né gatti né uccelli e, di conseguenza, il malocchio non può più essere nocivo per nessuno.
Come testimonianza, la signora racconta della malattia di un nipote che, da piccolo, piangeva ininterrottamente fino a che non gli venne praticata la “medicina dell’occhio”.
In caso di oggetti smarriti o rubati, esiste un apposito rito: sulla soglia di casa si recita in sardo una appropriata preghiera, mentre contemporaneamente si scrutano attentamente i passanti e ciò che fanno, per notare, ad esempio, se qualcuno dice o perde qualcosa. Bisogna quindi interpretare i segni percepiti e capire dove possa essere l’oggetto.
La preghiera che si recita è la seguente, che riportiamo tradotta in italiano:
“Sant’Antonio crederà, un’esperienza grande ha per vedere
nel presente faccia trovare e al morto faccia parlare
e pace metta nel matrimonio e grazie porti a Sant’Antonio
che lui porterà notizia di questa cosa di cui io sto domandando”.
Come testimonianza, la signora racconta del marito che perdette una pecora in campagna e di come lei riuscì a trovarla con l’aiuto di questo rito. La preghiera può essere utile anche a prevedere il futuro, e si racconta l’episodio di un nipote della signora, cui venne pronosticato il buon esito dell’esame per l’ottenimento della patente di guida.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Frocu e gioja.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Gioja, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Gioja, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Particolare della gioja. Il cammeo rappresenta Santa Barbara, patrona di Sinnai.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Gioja, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Frocu.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Frocu.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Frocu, particolare.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Particolare dell’attacco della catenella per il frocu e la gioja.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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Sinnai. Rosario in oro con cammei in madreperla, fine dell’Ottocento. Particolare della catenella.
Proprietà sorelle Serreli, eredi di Fannj Orrù.Foto di Amos Cardia.
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L’artigianato
- gioielli
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Alessandro Chiappetti
Testimonianza di Alessandro Chiappetti
La mia passione e la mia professione sono nate per caso, quando la mia ragazza mi ha fatto sapere di un corso per orafi. L’ho seguito e mi è piaciuto, sono andato a bottega da alcuni maestri fino a quando ho deciso di aprire un mio laboratorio, ormai cinque anni fa.
Ho iniziato riproducendo gli oggetti più conosciuti, ma dopo ho ricercato uno stile personale. Non c’è una grande conoscenza della tradizione sarda, anche perché molti gioielli non si possono ricondurre a un solo paese. Il gioiello è quasi sempre lo stesso in ogni località, semmai cambia nome. Una tradizione orafa specifica di un paese potrebbe anche esistere, ma i testimoni stanno sparendo, servirebbe qualche persona anziana esperta di questo lavoro. Sicuramente, col trascorrere degli anni, gli stili dei gioielli si mescolano, perché un artigiano li realizza per clienti di molti paesi e prende ispirazione da tutti.
I miei clienti sono soprattutto persone che praticano il ballo sardo e hanno bisogno dei gioielli per il vestito, ma molti chiedono anche amuleti; sono apprezzati, anche dai giovani, è la novità degli ultimi anni. Le persone richiedono la sabègia perchè credono nel suo valore di amuleto; non è particolarmente bella, ma piace perché esprime un’idea, perché protegge chi la porta. La sabègia vale poco, diventa un gioiello prezioso per l’argento e le perle che la contornano.
Le donne richiedono i gioielli sardi per usarli anche con i vestiti moderni, non soltanto col vestito sardo antico.
Dentro i reliquiari si mettevano anche dei foglietti con preghiere e altri piccoli testi.
Oggi l’anello, esclusa la fede sarda, non è molto richiesto, ma io non realizzo tante fedi perché è un oggetto comune e a me, piuttosto, piace scoprire e diffondere delle novità.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Preparazione dei bottoni d’oro.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Preparazione delle foglie in lamina d’oro per le spille.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Banchetto da orafo.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Saldatura.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Bègia, onice e corallo con decorazioni d’argento in filo piatto.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Pendenti in lamina d’oro traforata con perle e pietre.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Croce in lamina d’oro, filigrana e corallo.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Rosario a tre patene d’argento brunito, con reliquiari.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Rosario a tre patene d’argento brunito, con reliquiari.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Laboratorio orafo di Alessandro Chiappetti, Sinnai. Rosario a tre patene d’argento brunito, con reliquiari.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Is prendas
In Sìnnia is prendas sardas s’agatant meda e sa genti sighit a ddas tenni e a ddas apretziai in di’ de oi puru. Genti meda est speddiada e no sceti allogant is prendas de s’aredeu, ma ndi pigant atras prus, imperadas e noas. De custa manera su mercau amànniat e ndi faint parti is artisanus e is butegheris de su logu, fintzas po is prendas imperadas. Custu interessu ndi benit de su tempus antigu, de su fatu chi sa bidda fiat bastantementi arrica, po su sartu mannu a po is arrelatas chi medas sinniesus teniant cun is burghesus de Casteddu, chi beniant a fai su maju o a cassa in is montis e in is padentis de Sìnnia.
No s’agatat unu connotu sinniesu schetu, cumenti narat in s’intervista Alissandru Chiapetti s’oreri, ma is prendas funt is pròpius de is diddas prus a canta e de su Campidanu de Casteddu. Oindi’ is prendas sardas ddas pigant prus chi atru is chi imperant su bistiri sardu, ma sempri prus fèminas costumant a imperai custas prendas, fintzas cun is bistiris de donnia di’. Una de is prendas prus apretziadas e spainadas est su lasu, chi de pitzus a bàscius ddu faint su frori, sa gioja e su dòminu. Po una fèmina fiat sa prenda prus de importu e, sigumenti costàt meda, si dda arregalànt un’arrogu po borta, po is passus prus de importu de sa vida, cumenti batiari, comunioni e cunfirma. Si ddu poniant in su petus, acapiau a su tzugu cun d-una feta de belludu chi passat in sa parti de palas de su frori.
De is cannacas s’agatant su giunchìlliu, sa canaca a pibionis, chi balit meda, e is arrosàrius, mancai chi custus no siant po si ddus su ponni. Sa cannaca a pibionis faiat a da fai prus arrica cun d-una gioja a forma de triàngulu.
Is prendas antigas de custa circa funt de s’aredeu de Anna Cocco, de is sorris Serreli, aredeu de Fannj Orrù e de Gioia Cardia. Funt de s’acabu de s’Otuxentus e de su cumentzu de su Noixentus, unas cantu sceti funt prus modernas, de is annus de Trinta. Is artisanus no ddus scideus, nimancu is logus de sa fàbrica e de sa bendida, ma podit essi, a su mancu po una pariga, chi ddas apant fatas cumandadas a posta de genti de Sìnnia, giai chi s’agatat Santa Bràbara de prella, chi est sa santa de sa bidda.
Is aneddus funt de oru arrùbiu, chi in su tempus antigu ddu apretziant prus pagu, ca tenit prus arràmini. Ddus fadiant de mesuras prus mannas de is de oi, po mori de is didus de is fèminas chi mancai fiant prus grussus e po ddus podi bendi a totus. Chi fiant mannus ddus firmànt cun una fetixedda de arroba posta aintrus de s’aneddu.
Is perdixeddas coloradas de is lasus e de is agullas funt giai sempri de imbidri e balint pagu o nudda, sa prenda dda fait s’afrorìgiu de oru. Is perdixedas biancas de medas prendas funt scaramatzas. In Sìnnia is arrecadas prus spainadas fiant a caboniscu, cun d-unu cabonischeddu segau in d-una folla de oru, o a tronu de àxina, cun is pibionis de scaramatza e is follas de s’àxina de oru.
Is prendas in Sìnnia fiant po bellesa o po festa sceti, no s’agatant prendas po bonasorti, giai chi po si difendi de s’ogu malu o de atrus dannus, sa genti andàt dereta de is fèminas bonas a fai is mexinas. Unas cantu de custas - po nai, Aleni Olla, chi eus intervistau - ant pigau s’arti de is mamas e de is ajajas, ddas faint ancoras e sa genti ddoi andat cunfiantzosa. Po cussu sa bègia in Sìnnia dda connoscint ma in su tempus antigu no s’agatàt. Oindi’ sa genti dda pigat prus chi atru po bellesa e ca est una prenda de sa curtura sarda. Agoa, mancai, a chini dda connoscit nci creit puru.
Sa circa dd’eus fata chistionendi cun sa genti, cun interbistas, fotografias e bìdius, imperendi su prus su sardu, chi in Sìnnia s’agatat meda. Nd’est bessia una sienda manna de curtura sarda chi tocat a fai connosci e a amanniai. Mancai is cambiamentus sotzialis mannus chi sa bidda at tentu, custa circa at amostau chi sa curtura sarda est forti e bia.
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