La vanità
- gioielli
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Maria Pasqua Lobina e Rosa Pisu
Testimonianza di Maria Pasqua Lobina
Sa qualcosa in merito ai gioielli in oro che venivano dati ai santi?
So poco, so soltanto che quando veniva chiesta una grazia al santo, poi gli veniva dato in dono una medaglia, un orecchino, un anello o un altro gioiello per “grazia ricevuta”. Tutti questi ex voto sono infatti appesi ai santi a testimonianza delle grazie concesse.Ci si scambiava dei regali in oro fra fidanzati?
Sì, più o meno come adesso ci si regalava l’anello o il bracciale…E se i due fidanzato si lasciavano, i regali si dovevano restituire?
Dipende dai motivi del litigio, a volte sì a volte no.Testimonianza di Rosa Pisu
Mi sa dire qualcosa sui gioielli, se ce ne sono ancora e quando si indossavano?
C’erano i ghetaus ma la maggior parte sono stati divisi tra i figli; si indossavano per le feste di Santa Maria e Santa Barbara, per i battesimi e le cresime e anche per fare le foto per le lapidi, infatti in cimitero sono molte le foto di persone con i gioielli.Ho sentito che spesso l’oro veniva dato in pegno, per esempio per comprare il grano, quando si aveva mancanza di liquidit.
È possibile. Ti racconto un particolare legato al pegno dei gioielli. Mia madre aveva is scritus de umbra (i testi dell’oscurità) e quando qualcuno glieli chiedeva lei voleva in pegno un anello d’oro, per avere la certezza che glieli restituissero; aveva anche quelli della sciatica e altri che non ricordo, forse quelli de sa stria. Si diceva, per esempio, che quando una persona aveva mal di gambe, fosse striau e per questo facevano una medicina. Per accertare la malattia, il malato veniva misurato con un fil’‘e litzu, il filo che si utilizzava per tessere, dalla testa ai piedi e, con le braccia allargate, dalla punta del dito medio di una mano all’altra. La misura doveva essere la stessa, se vi era una differenza si doveva stabilire di quante “lune” consisteva: per esempio, si diceva: striada de seti lunas. Successivamente il filo veniva bruciato e fatto bere nel caffé. Una volta mia madre fece lo sbaglio di dare uno di questi scritti a una sua cara amica senza chiederle un pegno; l’amica curiosa l’apri e su scritu non potè avere più nessun valore, perché se si apre perde il suo potere magico.Ha accennato prima che ai bambini appena nati si mettevano delle foglie verdi, per esempio prezzemolo, contro il malocchio; sa se comprassero anche dei gioielli che avevano quel potere?
Per i neonati si compravano dei braccialetti che avevano dei cuoricini o dei cornetti; chi non poteva comprare il braccialetto d’oro utilizzava un cordoncino di filo di seta verde: il verde era il colore determinante per evitare sa scoradura de s’ogu.
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Anello in lamina d’oro con incisione a bulino.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 1,5.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro con incisione a bulino.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 1,5.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro a castone piatto con la lettera R di ricordo incisa a bulino.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro a castone piatto con la lettera R di ricordo incisa a bulino.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro e castone con chiave in oro a rilievo e una perla di fiume applicata.
La chiave, raffigurata sull’anello donato alla sposa, era simbolo e augurio di buona amministrazione della casa.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro e castone con chiave in oro a rilievo e una perla di fiume applicata.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello in lamina d’oro e castone con chiave in oro a rilievo con perla di fiume applicata e quattro pietre incastonate in pasta vitrea bianca.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Anello da uomo in oro a castone piatto con la lettera S incisa a bulino.
La lettera rappresenta l’iniziale dello sposo.
Collezione privata, XIX secolo, cm 2.Foto di Emilia Sanna.
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Anello “a buccia” in lamina d’oro con incisione a bulino e pietre incastonate.
Collezione Efisia Saddi, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello “a buccia” in lamina d’oro intrecciata e incisione a bulino e, al centro, pietre incastonate mancanti.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 3.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello “a buccia” in lamina d’oro intrecciata e incisione a bulino e, al centro, pietre incastonate mancanti.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 3.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello “a buccia” in lamina d’oro con incisione a bulino e pietre incastonate.
Collezione Efisia Saddi, XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello d’oro con quarzo citrino incastonato.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 1,5.Foto di Emilia Sanna.
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Anello d’oro con quarzo citrino incastonato.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 1,5.Foto di Emilia Sanna.
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Anello d’oro di alta manifattura, con incisioni a bulino, pietra vitrea verde al centro e due pietre incastonate.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Anello d’oro finemente inciso con tre perline incastonate.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 2.Foto di Emilia Sanna.
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Anello d’oro con quarzo citrino incastonato.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Anello d’oro con quarzo citrino incastonato.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Bottone in lamina e filigrana d’argento, con granulazione e castone in pasta vitrea rossa.
Collezione privata, XIX secolo, cm 2.Foto di Emilia Sanna.
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Bottoni da uomo realizzati con monete d’argento del 1865.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 2.Foto di Emilia Sanna.
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Bottoni da uomo realizzati con monete d’argento del 1865.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 2.Foto di Emilia Sanna.
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Bottone in lamina, filigrana d’argento e granulazione.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 1,5.Foto di Emilia Sanna.
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Bottone in lamina d’oro e filigrana, con tre file di granuli e pasta vitrea rossa incastonata a griffe.
Collezione privata, inizi XIX secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Catena di Sant’Antonio (giunchigliu) in argento e pendente croce-stella con elementi a bottone in filigrana e al centro una pasta vitrea celeste.
Collezione privata, XIX secolo, catena m 2 e croce stella cm 8.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena di Sant’Antonio (giunchigliu) in argento e pendente croce-stella con elementi a bottone in filigrana e al centro una pasta vitrea rossa.
Collezione privata, XIX secolo, catena m 2 e croce stella cm 8.Foto di Carlo Ballocco.
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Collana (cannacca) con vaghi in lamina d’oro con cilindretti alla base, applicazioni in lamina d’oro e cordonature in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 65.Foto di Carlo Ballocco.
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Collana (cannacca) con vaghi in lamina d’oro con cilindretti alla base, applicazioni in lamina d’oro e cordonature in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 65.Foto di Carlo Ballocco.
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Collana (cannacca) con vaghi in lamina d’oro con cilindretti alla base, applicazioni in lamina d’oro e cordonature in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 70.Foto di Emilia Sanna.
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Vago di collana in lamina d’oro e applicazioni in filo d’oro; il vago ha due cilindretti alla base.
Collezione privata, XIX secolo, cm 3.Foto di Emilia Sanna.
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Catena in lamina d’oro.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo.Foto di Carlo Ballocco.
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Collana semirigida in oro con maglie intrecciate, elementi floreali e a “S” e piccole semisfere.
Collezione privata, Burcei, anni Sessanta.Foto di Emilia Sanna.
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Catena con anelli lavorata a bulino.
Collezione privata, cm 130.Foto di Emilia Sanna.
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Catena con anelli lavorata a bulino.
Collezione privata, cm 130.Foto di Emilia Sanna.
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Catena con doppio pendente in lamina d’oro con motivi floreali e con pietra vitrea rossa al centro, perline, piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena con doppio pendente in lamina d’oro con motivi floreali e con pietra vitrea rossa al centro, perline, piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena con doppio pendente in lamina d’oro con motivi floreali e con pietra vitrea rossa al centro, perline, piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 150.Foto di Emilia Sanna.
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Doppio pendente in lamina d’oro con motivi floreali e con pietra vitrea rossa al centro, perline in pasta vitrea bianca, piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione privata, XX secolo, cm 7.Foto di Emilia Sanna.
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Doppio pendente in lamina d’oro finemente incisa con motivi floreali e con castoni di cristallo e piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione Efisia Saddi, XIX secolo, cm 7.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena con doppio pendente in lamina d’oro finemente inciso con motivi floreali e con castoni di cristallo e piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione privata, XIX secolo, cm 120.Foto di Carlo Ballocco.
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Doppio pendente in lamina d’oro con incisioni, decorazioni floreali al centro, pietre di cristallo e piccole sfere in oro.
Collezione privata, XIX secolo, cm 7.Foto di Emilia Sanna.
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Catena a torciglione in oro con il pendente precedentemente descritto.
Collezione privata, XX secolo, cm 60.Foto di Emilia Sanna.
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Doppio pendente in lamina d’oro con incisioni, decorazioni floreali e, al centro, pietre di cristallo e piccole sfere in oro.
Collezione privata, XIX secolo, cm 7.Foto di Emilia Sanna.
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Catena con anelli in lamina d’oro lavorata a bulino e pendente in oro finemente inciso con motivi floreali e, al centro, pietra di pasta vitrea rossa e piccole sfere d’oro.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Pendente in oro finemente inciso con motivi floreali e, al centro, pietra di pasta vitrea rossa e piccole sfere d’oro.
Collezione privata, XIX secolo, cm 3,5.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena in lamina d’oro traforata con medaglione porta foto con filo ritorto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Medaglione in oro porta foto con filo ritorto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena in lamina d’oro traforata con il medaglione precedentemente descritto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena per orologio in oro con porta foto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 40.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena per orologio in oro con porta foto.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Particolare della catena per orologio precedentemente descritta.
Collezione privata, XIX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena per orologio in argento con una bussola come pendente.
Collezione privata, XVIII secolo, cm 30.Foto di Emilia Sanna.
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Catena in lamina d’oro con orologio d’oro.
Collezione privata, XX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena quadrupla per orologio in argento con bottone.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 17.Foto di Emilia Sanna.
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Catena quadrupla per orologio in argento con bottone.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 17.Foto di Emilia Sanna.
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Il bottone della catena per orologio.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 17.Foto di Emilia Sanna.
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Particolare di gancera in argento a due catene con placca.
Collezione privata, XVIII secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Particolare di gancera in argento con terminale cuoriforme.
Collezione privata, XVIII secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Gancera in argento a tre catene con placche rotonde e terminale cuoriforme con puttino.
Collezione privata, XVIII secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Terminale di gancera in argento cuoriforme con incisione di puttino.
Collezione privata, XVIII secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Portachiavi in argento (graughéri) con tripla catena e piastre in lamine e inserto cuoriforme con puttino.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 80.Foto di Emilia Sanna.
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Portachiavi in argento (graughéri) con tripla catena e piastre in lamine e inserto cuoriforme con puttino.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 55.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini in lamina d’oro, filigrana a scafo e filo ritorto. La parte superiore a forma di navicella con galletto e pendente a lampione in filigrana.
Collezione privata, XIX secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Orecchini “a buccia” in lamina d’oro con motivi floreali centrali, incisioni e pasta vitrea rossa.
Collezione Efisia Saddi, XIX secolo, cm 3.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini in lamina d’oro con motivi floreali centrali, piccole sfere d’oro e incisioni.
Collezione Efisia Saddi, XX secolo, cm 3.Foto di Carlo Ballocco.
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Orecchini in lamina d’oro, filigrana a scafo e filo ritorto. La parte a forma di navicella con galletto e pendente a lampione in filigrana. È la tipologia definita arrecadas a caboniscu e lantioni.
Collezione privata, XIX secolo.Foto di Carlo Ballocco.
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Orecchino in lamina d’oro, filigrana a scafo e filo ritorto. La parte a forma di navicella con galletto e pendente a goccia in lamina, filigrana e filo ritorto con granulazione.
Collezione privata, XIX secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini in lamina d’oro finemente incisi.
Collezione privata, XX secolo, cm 1,5.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini in lamina d’oro lavorata e pasta vitrea verde al centro.
Collezione privata, XX secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchino a pala. La parte superiore in lamina d’oro con scaramazze e applicazioni di filo ritorto; la parte centrale in lamina traforata e incisa con scaramazze e applicazioni di filo ritorto e la parte inferiore tripartita in lamina traforata con scaramazze e filo d’oro.
Collezione privata, XIX secolo.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini a pala. La parte superiore in lamina d’oro con scaramazze e applicazioni di filo ritorto; la parte centrale in lamina traforata e incisa con scaramazze e applicazioni di filo ritorto e la parte inferiore tripartita in lamina traforata con scaramazze e filo d’oro.
Collezione privata, XIX secolo, cm 7.Foto di Emilia Sanna.
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Orecchini in lamina d’oro incisa e decorata con applicazioni floreali e pasta vitrea blu.
Collezione privata, XX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Particolare dell’orecchino precedentemente descritto.
Collezione privata, XX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Spilla in lamina d’oro con motivi floreali, pietra vitrea rossa centrale e, ai due lati, pietre vitree blu e piccole sfere d’oro; i bordi sono finemente decorati.
Collezione Efisia Saddi, XIX secolo, cm 7.Foto di Carlo Ballocco.
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Spilla in lamina d’oro finemente incisa con decorazioni floreali; al centro di ogni fiore laterale vi è una perla d’oro che manca nel fiore centrale.
Collezione privata, XX secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Spilla in lamina d’oro con motivi floreali, pietra vitrea rossa centrale e bordi finemente decorati.
Collezione privata, Burcei, XIX secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Spilla di alta manifattura in lamina d’oro con bordi incisi, pietra vitrea blu e perline incastonate.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 4.Foto di Emilia Sanna.
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Spilla da petto in piastra e filo d’oro a forma di fiore. Lo stelo è realizzato con filo d’oro e filigrana.
Collezione privata, fine XIX secolo, cm 6.Foto di Emilia Sanna.
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Spilla con pietra vitrea rossa incastonata con griffe e incorniciata da scaramazze, elementi in filigrana e foglioline in lamina d’oro rifinite a bulino.
Collezione privata, XIX secolo, cm 6.Foto di Emilia Sanna.
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Scialle in seta nera ricamato a mano.
Collezione privata, XIX secolo.Foto di Emilia Sanna.
402600
La magia
- gioielli
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Maria Pasqua Lobina
Testimonianza di Maria Pasqua Lobina
Che tipo di medicina pratica?
So fare solo la medicina de is porrus (per le verruche), che mi fu insegnata da una anziana signora di Burcei, ormai defunta (mentre racconta mostra come si annodano i fili di un erba, N.d.C.).
Si prende un filo d’erba si fanno tanti nodi quanti sono le verruche e si dice il nome della persona e il punto in cui si trovano; mentre faccio i nodi dico una preghiera a un santo, poi nascondo il filo d’erba in un posto dove nessuno lo può più toccare.
Quanto tempo ci vuole perchè le verruche spariscano?
Non lo so, so solo che la gente viene dopo un certo periodo di tempo per ringraziarmi.
Da quanti anni fa questo tipo di medicina?
Non ricordo, ero ragazzina e prima che io muoia devo insegnarla a una delle mie figlie e il fatto che l’abbia fatta vedere a te potrebbe anche impedire la validità della trasmissione di questo dono.
A quante persone la può insegnare?
Credo solo a una, ma è molto importante che chi fa il rito abbia molta fede altrimenti è inutile.
Brebus
Per un’animale con i vermi.
Si tagliava un rametto di fico selvatico con il pollice e l’anulare e si recitava per tre volte: «Come cade il latte a terra così cada il verme di questo animale». Poi si pronunciava il nome dell’animale da curare.
Per le emorroidi.
Si recitava per tre volte: «In nome di Maria Santissima non sia la mia mano ma la mano di Maria Santissima, nel nome di San Sebastiano questo male guarisca presto».
Oppure, con del fil di ferro fine si infilavano sette bulbi di ciclamino, il primo in mezzo poi tre da sinistra e tre da destra, si legava il fil di ferro e si appendeva dentro il camino, in modo che i bulbi si seccassero. I bulbi venivano presi con l’anulare e il pollice. Il rito doveva essere compiuto in un giorno di luna calante.
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Rosa Pisu
Testimonianza di Rosa Pisu
Che tipo di medicina pratica?
La medicina per la mastite. L’ho vista fare a un signore anziano negli anni Cinquanta, quando avevo vent’anni, ed essendo una persona curiosa gli chiesi di insegnarmela.Sono molte le persone che ancora le chiedono di praticarla?
Sì, abbastanza; mi telefonano anche quando sono ricoverate all’ospedale e mi chiedono di farla anche se non possono essere presenti. Prendo un bicchiere con del latte e facendo il segno della croce dico:Santu Simoni mannu
artu unu guidu e de braba unu pramusorris carralis chi de sa braba mia arrieispill’‘e ttta si callit e no ndi saneis
nosu no seus arriendi de sa braba bostra
seus prangendi de is titas nostas.
Chi is titas de bosatri seis prangendi
si ddas agateist sanas e fortis
chi de Simoni seis in sa lega
is titas de bosatri torrint prenas
che s’àcua in is benas.
Si ripete per tre volte facendo il segno della croce con il dito anulare unito al pollice.
Cosa succede quando la fa direttamente alla persona?
Invece di fare il segno della croce sul bicchiere lo faccio sul seno e verso un po’ di latte sull’unghia del pollice, poi lo butto per terra. Questo si fa tre volte al giorno per tre giorni.Fa qualche altro tipo di medicina?
Faccio la medicina contro il malocchio, utilizzando s’àcua abrebada, di fronte a dolori di varia natura, come il mal di testa, dolori intercostali, sciatalgia e altri malesseri; e per riconoscere i segnali controllo come si posizionano i grani dentro l’acqua.Ci racconti come fa.
Prendo un bicchiere, ci metto dell’acqua e prendo dei chicchi di grano e, facendo il segno della croce sul bicchiere, faccio cadere il chicco del grano dicendo:
Cestu Sant’Antiogu
Deus ti sanit s’ogu
e Santu Pantaleu s’ogu ti sani ‘eu
e bandit a inni’
s’ogu sanau ti.
Ripeto questi versi per tre vosolte e ogni volta lascio cadere un chicco; in base a come si posiziona e dove forma una bollicina capisco di che male si tratta. Quando il chicco si solleva e forma una bollicina in alto, per esempio, vi è il malocchio scorau de ogu, se invece il chicco è coricato e la bollicina si forma al centro può essere mal di pancia, se si pone di fianco è un dolore intercostale, se si pone al centro in alto è mal di stomaco. La medicina con l’acqua veniva fatta anche per gli animali che non stavano bene e per gli ovili quando non tutto andava per il meglio.
Quando fa questa medicina la persona deve essere presente?
No, basta che io pensi alla persona quando dico i brebus, certe volte mi chiamano al telefono, spesso la faccio ai miei nipoti che vivono nel continente.Ci sono delle persone che fanno i brebus anche quando smarriscono delle cose o degli animali. Lei conosce questa medicina?
Sì è vero, ci sono persone che la sanno fare, ma io non la faccio perché non riesco a leggere i segni.Sa fare qualche altra medicina?
Sì, so fare la medicina per lo spavento, quando, per esempio, qualcuno ha avuto un incidente e gli rimane la paura oppure per i bambini che spesso, guardando la televisione, vedono qualcosa che li spaventa e non riescono più a dormire. Per questo tipo di malesseri giro una candela benedetta, quella della candelora, oppure quelle che sono state usate nelle fiaccolate, e dico:
Nosta Sennora candu gireis
Dònnia umbra mala ndi pigheis
Nosta Sennora candu giratDònnia umbra mala ndi pigat.Nosta Sennora de sa Defentzachi ndi pighit custa timentza
sa timentz’‘e Maria ndi pighit custa timoria.
E si ripete per tre volte, ma si può dire tutte le volte che si vuole.Si fa solo una volta?
No, si fa per tre giorni di seguito, ma se sono impossibilitati a venire a casa mia la faccio ugualmente e funziona; mi è capitato di incontrare dopo un certo tempo persone a cui l’avevo fatta e mi hanno ringraziato.Lei fa anche degli unguenti?
No, li ho visti fare ma non mi è mai piaciuto farli, forse perché ho paura; gli unguenti vanno a contatto con la pelle e si possono avere delle reazioni allergiche, per questo non mi prendo la responsabilità. -
Rosa Pisu - seconda parte
Testimonianza di Rosa Pisu
Che tipo di medicina pratica?
La medicina per la mastite. L’ho vista fare a un signore anziano negli anni Cinquanta, quando avevo vent’anni, ed essendo una persona curiosa gli chiesi di insegnarmela.Sono molte le persone che ancora le chiedono di praticarla?
Sì, abbastanza; mi telefonano anche quando sono ricoverate all’ospedale e mi chiedono di farla anche se non possono essere presenti. Prendo un bicchiere con del latte e facendo il segno della croce dico:Santu Simoni mannu
artu unu guidu e de braba unu pramusorris carralis chi de sa braba mia arrieispill’‘e ttta si callit e no ndi saneis
nosu no seus arriendi de sa braba bostra
seus prangendi de is titas nostas.
Chi is titas de bosatri seis prangendi
si ddas agateist sanas e fortis
chi de Simoni seis in sa lega
is titas de bosatri torrint prenas
che s’àcua in is benas.
Si ripete per tre volte facendo il segno della croce con il dito anulare unito al pollice.
Cosa succede quando la fa direttamente alla persona?
Invece di fare il segno della croce sul bicchiere lo faccio sul seno e verso un po’ di latte sull’unghia del pollice, poi lo butto per terra. Questo si fa tre volte al giorno per tre giorni.Fa qualche altro tipo di medicina?
Faccio la medicina contro il malocchio, utilizzando s’àcua abrebada, di fronte a dolori di varia natura, come il mal di testa, dolori intercostali, sciatalgia e altri malesseri; e per riconoscere i segnali controllo come si posizionano i grani dentro l’acqua.Ci racconti come fa.
Prendo un bicchiere, ci metto dell’acqua e prendo dei chicchi di grano e, facendo il segno della croce sul bicchiere, faccio cadere il chicco del grano dicendo:
Cestu Sant’Antiogu
Deus ti sanit s’ogu
e Santu Pantaleu s’ogu ti sani ‘eu
e bandit a inni’
s’ogu sanau ti.
Ripeto questi versi per tre vosolte e ogni volta lascio cadere un chicco; in base a come si posiziona e dove forma una bollicina capisco di che male si tratta. Quando il chicco si solleva e forma una bollicina in alto, per esempio, vi è il malocchio scorau de ogu, se invece il chicco è coricato e la bollicina si forma al centro può essere mal di pancia, se si pone di fianco è un dolore intercostale, se si pone al centro in alto è mal di stomaco. La medicina con l’acqua veniva fatta anche per gli animali che non stavano bene e per gli ovili quando non tutto andava per il meglio.
Quando fa questa medicina la persona deve essere presente?
No, basta che io pensi alla persona quando dico i brebus, certe volte mi chiamano al telefono, spesso la faccio ai miei nipoti che vivono nel continente.Ci sono delle persone che fanno i brebus anche quando smarriscono delle cose o degli animali. Lei conosce questa medicina?
Sì è vero, ci sono persone che la sanno fare, ma io non la faccio perché non riesco a leggere i segni.Sa fare qualche altra medicina?
Sì, so fare la medicina per lo spavento, quando, per esempio, qualcuno ha avuto un incidente e gli rimane la paura oppure per i bambini che spesso, guardando la televisione, vedono qualcosa che li spaventa e non riescono più a dormire. Per questo tipo di malesseri giro una candela benedetta, quella della candelora, oppure quelle che sono state usate nelle fiaccolate, e dico:
Nosta Sennora candu gireis
Dònnia umbra mala ndi pigheis
Nosta Sennora candu giratDònnia umbra mala ndi pigat.Nosta Sennora de sa Defentzachi ndi pighit custa timentza
sa timentz’‘e Maria ndi pighit custa timoria.
E si ripete per tre volte, ma si può dire tutte le volte che si vuole.Si fa solo una volta?
No, si fa per tre giorni di seguito, ma se sono impossibilitati a venire a casa mia la faccio ugualmente e funziona; mi è capitato di incontrare dopo un certo tempo persone a cui l’avevo fatta e mi hanno ringraziato.Lei fa anche degli unguenti?
No, li ho visti fare ma non mi è mai piaciuto farli, forse perché ho paura; gli unguenti vanno a contatto con la pelle e si possono avere delle reazioni allergiche, per questo non mi prendo la responsabilità.
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La pietra del fulmine, acotza de is lampus.
Amuleto usato per proteggersi dai i fulmini.Foto di Emilia Sanna.
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La pietra del fulmine, acotza de is lampus.
Amuleto usato per proteggersi dai i fulmini.Foto di Emilia Sanna.
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La pietra del fulmine, acotza de is lampus.
Amuleto usato per proteggersi dai i fulmini.Foto di Emilia Sanna.
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Il corno del muflone, su corru de sa muvra.
Amuleto usato contro il malocchio e come porta fortuna.Foto di Emilia Sanna.
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Is iscritus.
Amuleti che potevano contenere immagini o vesti di santi, petali di fiori benedetti e preghiere. Venivano utilizzati contro il malocchio e dolori di varia natura.Foto di Emilia Sanna.
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Is iscritus.
Amuleti che potevano contenere immagini o vesti di santi, petali di fiori benedetti e preghiere. Venivano utilizzati contro il malocchio e dolori di varia natura.Foto di Emilia Sanna.
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Is iscritus.
Amuleti che potevano contenere immagini o vesti di santi, petali di fiori benedetti e preghiere. Venivano utilizzati contro il malocchio e dolori di varia natura.Foto di Emilia Sanna.
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Is iscritus.
Amuleti che potevano contenere immagini o vesti di santi, petali di fiori benedetti e preghiere. Venivano utilizzati contro il malocchio e dolori di varia natura.Foto di Emilia Sanna.
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Anello in argento con incisioni e, incastonato, l’opercolo di gasteropode Turbo rugosus, noto come s’ogu de Santa Luxia, XIX secolo, cm 2.
Foto di Emilia Sanna.
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Bracciale da uomo con medaglia portafortuna con il numero tredici.
Collezione Efisia Saddi.Foto di Carlo Ballocco.
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La medaglia del bracciale con il numero tredici.
Collezione Efisia Saddi.Foto di Carlo Ballocco.
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Catena per orologio in argento con due passanti a tre catene, bussola, pietra portafortuna bordeaux e un pendente, XIX secolo, cm 40.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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Catena per orologio in argento con due passanti a tre catene, bussola, pietra portafortuna bordeaux e un pendente, XIX secolo, cm 40.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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La pietra portafortuna bordeaux e il pendente della catena per orologio.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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La pietra portafortuna bordeaux e il pendente della catena per orologio.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
600402 - images/morfeoshow/gioielli-5831/big/17-DSC_0011.JPG503.jpg
Particolare della catena per orologio.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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La bussola della catena per orologio.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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La bussola della catena per orologio.
Collezione Luciana Lobina.Foto di Emilia Sanna.
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Pendente in oro, parte di una catena per orologio. Da un lato vi è l’icona della fortuna con la scritta “fortuna assistimi”, dall’altro una mano con le corna e la scritta “invidia crepa”, XIX secolo.
Collezione privata.Foto di Emilia Sanna.
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Pendente in oro, parte di una catena per orologio. Da un lato vi è l’icona della fortuna con la scritta “fortuna assistimi”, dall’altro una mano con le corna e la scritta “invidia crepa”, XIX secolo.
Collezione privata.Foto di Emilia Sanna.
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Medaglia in argento che veniva passata sulla bocca in quanto si riteneva guarisse tutti i mali del cavo orale, XIX secolo.
Collezione privata.Foto di Emilia Sanna.
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Medaglia in argento che veniva passata sulla bocca in quanto si riteneva guarisse tutti i mali del cavo orale, XIX secolo.
Collezione privata.Foto di Emilia Sanna.
600402
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Antico scrigno di legno intarsiato contenente gioielli antichi.
Collezione privata, Burcei.Foto di Emilia Sanna.
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Rosario con corona in madreperla e legatura in argento. Crocifisso inciso in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, seconda metà del XVIII secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Crocifisso inciso in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, seconda metà del XVIII secolo, cm 6.Foto di Carlo Ballocco.
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Crocifisso col Cristo inciso, in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, seconda metà del XVIII secolo, cm 7.Foto di Carlo Ballocco.
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Crocifisso con Madonna incisa, in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, seconda metà del XVIII secolo, cm 7.Foto di Carlo Ballocco.
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Rosari, di cui uno in madreperla e argento − incadenazzau a prata − l’altro in argento.
Collezione privata, fine XVIII secolo, cm 60 e cm 65.Foto di Emilia Sanna.
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Rosone di rosario a petali in filigrana d’argento con al centro un’immagine sacra.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 4.Foto di Emilia Sanna.
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Rosone di rosario a petali in filigrana d’argento con al centro l’immagine della Madonna con bimbo in braccio.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 4.Foto di Emilia Sanna.
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Rosario in pietra nera a sei poste con rosone a petali in filigrana d’argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 50.Foto di Emilia Sanna.
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Croce d’argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Croce d’argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Catena e croce in oro.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 90.Foto di Emilia Sanna.
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Croce in oro finemente incisa e al centro castone in vetro.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Croce in oro.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2,5.Foto di Emilia Sanna.
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Crocifisso col Cristo inciso, in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, XVIII secolo, cm 8.Foto di Emilia Sanna.
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Crocifisso con Madonna incisa, in madreperla e terminali in lamina d’oro con applicazioni in filo d’oro ritorto.
Collezione privata, Burcei, XVIII secolo, cm 8.Foto di Emilia Sanna.
402600 - images/morfeoshow/gioielli-6528/big/17.JPG982.jpg
Croce di rosario in argento.
Collezione privata, Burcei, fine XVIII secolo, cm 8.Foto di Emilia Sanna.
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Rosario in madreperla e argento − incadenazzau a prata.
Collezione privata, Burcei, fine XVIII secolo, cm 80.Foto di Emilia Sanna.
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Retro della croce del rosario in madreperla e argento.
Collezione privata, Burcei, fine XVIII secolo, cm 8.Foto di Emilia Sanna.
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Rosario in madreperla e argento − incadenazzau a prata.
Collezione privata, Burcei, fine XVIII secolo, cm 58.Foto di Emilia Sanna.
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Retro della croce del rosario.
Collezione privata, Burcei, fine XVIII secolo, cm 8.Foto di Emilia Sanna.
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Croce di un rosario in argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2.Foto di Carlo Ballocco.
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Rosario in argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Croce in argento del rosario.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Particolare del rosario in argento.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 60.Foto di Carlo Ballocco.
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Croce in argento di un rosario.
Collezione privata, Burcei, XX secolo, cm 2,5.Foto di Carlo Ballocco.
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- images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/01 Confraternita del Rosario 2.jpg75.jpg
Confraternita del Rosario, processione di Santa Maria di Monserrato, anni Quaranta.
Archivio fotografico di Emilia Sanna.
600423 - images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/02-scansione0023.jpg618.jpg
Le donne di Maria, processione di Santa Maria di Monserrato, anni Quaranta.
Archivio fotografico di Emilia Sanna.
600403 - images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/03-scansione000.jpg285.jpg
Processione di Santa Maria di Monserrato, anni Sessanta.
Archivio fotografico di Ignazio Lorrai.
600410 - images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/04-Chiesa-1940-senza-campanile.JPG296.jpg
La chiesa parrocchiale di Santa Maria di Monserrato nel 1940, priva del campanile.
La prima costruzione, a destra, è la vecchia caserma; la piazza, Sa mitza de su salixi, è fotografata da via Rettorale.Archivio comunale di Burcei.
600365 - images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/05-Prospettica-anni-70.jpg736.jpg
La chiesa parrocchiale di Santa Maria di Monserrato, anni Settanta.
Archivio comunale di Burcei.
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Particolare della facciata della parrocchiale di Santa Maria di Monserrato, in stile neoclassico.
Foto di Giovanni Pilloni.
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Particolare della cupola di Santa Maria di Monserrato con la data della fine dei lavori, 1902. La copertura è a squame di laterizio vetrato.
Foto di Donato Cannas.
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Pianta della parrocchiale.
Archivio comunale di Burcei.
526600 - images/morfeoshow/feste_e_chie-9784/big/09-Processione-S.-Antonio-1.jpg288.jpg
Processione di Sant’Antonio, fine anni Quaranta.
Archivio comunale di Burcei.
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Processione della Resurrezione, s’incontru, anni Sessanta.
Archivio fotografico di Emilia Sanna.
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Famiglia Maria Cuccu Cinus. Foto ricordo del battesimo della figlia, 1930.
Archivio fotografico di Ignazio Lorrai.
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Chiesa di Santa Barbara, realizzata negli anni Venti, è posizionata su un piccolo altopiano vicino all’ingresso di Burcei.
Foto di Emilia Sanna.
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Simulacro di Santa Barbara con i gioielli dati in voto durante la processione in occasione della festa della santa, la prima domenica di giugno.
Foto di Doriana Mattana e Gina Muccelli.
389600
I gioielli
A Burcei i gioielli tradizionali sardi non erano molto diffusi, perché erano privilegio di pochi possidenti; tuttavia erano e sono tuttora molto apprezzati, ricordati con orgoglio dalle vecchie generazioni e amati dalle nuove. Vi sono, infatti, molti appassionati e chi non li ha ricevuti in eredità acquista le riproduzioni, sia per utilizzarli con il vestito tradizionale sardo ma anche con i vestiti comuni. A Burcei, inoltre, non c’è mai stato un artigiano orafo che realizzasse gioielli, pertanto i pochi gioielli documentati sono stati acquistati nel Campidano ma non si hanno notizie di chi li abbia realizzati né del luogo esatto di produzione.
L’indagine, che si è svolta nel territorio attraverso contatti telefonici e verbali, interviste, documentazione fotografica e video e con l’uso preponderante della lingua sarda ancora largamente diffuso e che ha svolto anzi la funzione di facilitare l’interazione, ha evidenziato un notevole interesse e partecipazione da parte di alcune persone estremamente onorate di mettere a disposizione le proprie conoscenze e i propri oggetti. Pertanto, nonostante la mancanza di un archivio storico nel paese, si sono raccolte molteplici informazioni sugli usi del gioiello e si è potuto reperire un consistente materiale fotografico di gioielli appartenenti a varie collezioni private e alla collezione di Efisia Saddi. In particolare è emerso che a Burcei il gioiello era un oggetto decorativo o celebrativo, non esistevano gioielli con funzione di amuleto. Per la protezione dal malocchio o per altri disturbi ci si rivolgeva direttamente alle donne che conoscevano is brebus o che praticavano le varie mexinas.
I gioielli venivano regalati prevalentemente al momento del fidanzamento, quando i genitori dello sposo si recavano a casa della futura sposa per chiederne ufficialmente la mano. L’anello era, pertanto, il gioiello più popolare, un elemento fondamentale per rendere il fidanzamento ufficiale. Fra gli anelli più regalati vi era quello a castone piatto con la lettera R (ricordo) incisa sulla piastra; un altro era quello con il sigillo della chiave, simbolo e augurio di buona amministrazione della casa, perché questa era l’aspettativa e la speranza che i futuri suoceri riponevano nella futura sposa. Dopo il matrimonio, prima di varcare la soglia della nuova casa e dopo la benedizione − s’arazzia − impartita dai genitori dello sposo, il suocero consegnava ufficialmente la casa, le chiavi e il proprio figlio alla sposa e pronunciava queste parole: «teni contu dei is craixi e de sa dommu e de fillu miu». Vi erano inoltre anelli definiti “a buccia”, cioè vuoti dentro, in lamina d’oro incisa a bulino e pietre di vetro colorate e incastonate. Avevano un diametro largo, di almeno due centimetri, e venivano tenuti fermi da un cuscinetto, formato da una striscia di stoffa che si inseriva tra il dito e l’anello.
Gli orecchini sono il gioiello più diffuso e utilizzato sia per l’abbigliamento giornaliero che per le occasioni di festa. Tra gli orecchini che più si ricordano e apprezzano vi sono quelli definiti a caboniscu, con una parte superiore a mezza luna costituita da due lamine bombate con filo d’oro ritorto e galletto inserito su decorazione floreale e la parte inferiore in lamina, filigrana e filo d’oro ritorto con granulazione oppure con pendente a lantioni (a forma di lanterna) in filigrana su lastra d’oro. Orecchini più comuni rispetto ai precedenti erano i gioielli maggiormente regalati alle bambine al momento del battesimo; infatti era usanza praticare i buchi nelle orecchie nei primi mesi di vita.
La collana più diffusa era quella con i vaghi sferici − su ghettau − in filigrana e altre decorazioni. Ogni vago ha alle estremità due cilindretti; ad ognuno di essi è saldata una maglia fissa collegata ad altre maglie mobili per l’allaccio alla maglia fissa del vago successivo. Spesso i vaghi sono infilati su un cordoncino. Molte collane sono state frammentate e divise tra gli eredi e con i vaghi si sono creati altri gioielli, per esempio braccialetti.
Le catene si mettevano in modo da formare una M sul petto e venivano fermate da una spilla; spesso lo stesso pendente della catena era provvisto di spillo che svolgeva questa funzione. I pendenti erano quasi sempre costituiti da una lamina d’oro sulla quale, nella parte centrale, era sovrapposta un’altra lamina d’oro più piccola con sopra un fiore con incastonate delle pietre in pasta vitrea e piccole sfere d’oro.
Le spille sono in lamina d’oro con bordi incisi e con decorazioni floreali e pietre in pasta vitrea colorata e scaramazze e venivano usate per chiudere la camicia sul petto, trattenere lo scialle o fermare altri gioielli sul petto.
Gli amuleti più utilizzati a Burcei non erano appunto costituiti da gioielli, ma da is scrittus che si facevano fare da alcuni preti perché, si diceva, essi avevano su libru de su cumandu, che poi pare fosse il breviario. Is scrittusu contenevano una immaginetta del santo protettore di cui la persona era più devota; alcuni contenevano anche pezzetti di vesti del santo oppure petali di fiori benedetti e alcune preghiere. Venivano utilizzati contro il malocchio, sa stria, per i dolori reumatici, il mal di denti, le convulsioni e per is puntas, dolori cioè di varia natura. Venivano usati anche come protezione quando si dovevano affrontare lunghi viaggi. Erano tanto importanti e preziosi che quando venivano prestati, si richiedeva in pegno un oggetto d’oro. Contro il malocchio veniva utilizzato anche l’anello con s’ogu de Santa Luxia, realizzato con l’opercolo di gasteropode Turbo rugosus, ma pochi privilegiati potevano permetterselo.
Un altro oggetto utilizzato contro il malocchio era su corru de sa muvra, il corno del muflone; quando non si possedevano oggetti scaramantici si usava mettere sui bambini delle foglie verdi, quelle più utilizzate erano le foglie di prezzemolo. Per proteggersi dai fulmini si utilizzava sa accozza de su lampus, una pietra che si riteneva proteggesse la propria casa e le sette case più vicine.
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