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Età aragonese e spagnola
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    Collana, sec. XVII-XVI a.C.
    Composta da vaghi di conchiglie e denti di cervo; proviene da una sepoltura in cista litica di Settimo San Pietro, Cuccuru Nuraxi.
    Cagliari, Museo Archeologico Nazionale,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Collana, sec. XX-XVII a.C.
    Composta da vaghi in pietra verde e nera con pendente a mandorla in pietra verde; proviene da Alghero, necropoli di Anghelu Ruju.
    Cagliari, Museo Archeologico Nazionale,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Collana, sec. XI-VIII a.C.
    Collana composta da grani in bronzo; proviene da Sassari, nuraghe Attentu.
    Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Collana, sec. XI-IX a.C.
    Collana composta da elementi in ambra e da un grano in osso; proviene da Sassari, nuraghe Attentu.
    Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Scarabeo, sec. VII a.C.
    Scarabeo fenicio punico in oro e diaspro verde con un’aragosta incisa.
    Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Scarabeo, sec. IV-II a.C.
    Scarabeo fenicio punico in oro fuso e corniola intagliata; la scena raffigura il dio Poseidone-Nettuno.
    Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Orecchino, sec. VII-VI a.C.
    Orecchino fenicio-punico in oro laminato, inciso e granulato; proviene da Tharros.
    Cagliari, Museo Archeologico Nazionale,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Orecchini, sec. VII-VI a. C.
    Coppia di orecchini fenicio-punici in oro laminato e granulato; proviene da Tharros.
    Sassari, Museo Nazionale “G.A. Sanna”,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Madonna del Carmine, sec. XVI.
    Statuetta in ceramica rivestita alla maniera seicentesca di tradizione ispanica e ornata con preziosi gioielli in oro, argento dorato, smalti, perle e pietra preziose, databili in parte al Cinquecento e al Seicento.
    Cagliari, chiesa del Carmine.
    Foto Nicola Monari,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Fede sarda tipica della parte meridionale della Sardegna, realizzata su lamina d’oro, microsfere e foglioline e ritagliata a traforo. Interamente realizzata a mano.
    Collezione Pillitu, San Sperate, 2009
    Foto di Fabio Pillitu.

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Età aragonese e spagnola

Rispetto all’epoca fenicio punica l’uso dei metalli preziosi negli ornamenti subisce una drastica riduzione anche a causa delle norme emanate dai Romani (Leggi suntuarie) che di fatto limitavano la quantità di oro che poteva essere mostrata in pubblico per motivazioni sociali legate alla moderazione del lusso, considerato un potenziale fattore di conflitto tra le diverse classi sociali.


Con la dominazione aragonese e spagnola (1300-1700) si diffonde nell’isola l’usanza di associare alle pietre preziose e semipreziose e ai colori dei significati magico religiosi. Il bianco e i cristalli rappresentano il tramite col divino, il rosso e i coralli rappresentano la natura mortale del Cristo e il verde la speranza di salvezza. Oltre al diffusissimo uso di cristalli, di coralli e madreperla, fu introdotto anche l’uso di una pietra nera e lucida, l’atzabeja (cast. azabache), che ancora oggi dà il nome, diverso a seconda delle zone dell’Isola, a uno degli amuleti più diffusi in Sardegna, sa sabegia.
Della diffusione dei gioielli in Sardegna nel cinquecento abbiamo notizia soprattutto dagli inventari notarili; si documenta tra l’altro l’uso di far portare ai bambini come protezione diversi amuleti: cipree o frammenti di conchiglie incastonate in argento dette porcellanes, rametti e cornetti di corallo detti trossets de coral, sonaglietti detti cascavells e vetri dalla forma di dentaruoli detti chupador. Erano parte dell’abbigliamento catenelle con stuzzicadenti che chiamavano mondadientes o anche netejadientes; le donne usavano come orecchini, dei coralli scolpiti a forma di manufica detti mano de coral e globetti di cristallo detti arrecades de cristal.

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