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Sa maghia
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    Portaprofumi o agoraio.
    Contenitore cilindrico in lamina d’argento con ornamenti in filo d’argento ritorto, con campanelli pendenti in lamina d’argento, catenelle in filo d’argento con piccole perle in pasta vitrea policroma.
    Collezione Cocco.

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    Portaprofumi o agoraio.
    Contenitore cilindrico in lamina d’argento con ornamenti in filo d’argento ritorto, con campanelli pendenti d’argento di forma allungata, catenelle in filo d’argento e pendente centrale costituito da una sabbegia incapsulata in calotte d’argento.
    Collezione Cocco.

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    Portaprofumi in vetro trasparente montato in argento con campanelli pendenti in lamina d’argento.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Portaprofumi o agoraio in oro e scaramazze, con campanellino pendente in lamina d’oro.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Spuligandentes in filigrana d’oro e granulazione con turchese.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Spuligandentes in lamina d’oro e granulazione con granati e pietre dure.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Amuleto pietra del fulmine, prima metà sec. XIX, montato in argento.
    Si riteneva che questa pietra cadesse dal cielo assieme al fulmine e portasse la pioggia; era considerata quindi simbolo di fertilità e di protezione durante la gravidanza.Collezione privata,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Amuleto pietra del tuono, prima metà sec. XIX, argilla cava contenente un seme, montati in argento.
    Quando l’amuleto viene scosso il seme, simbolo di fertilità, produce un rumore che ricorda il tuono; il suono ha da sempre una valenza apotropaica di allontanamento delle forse negative.
    Collezione privata,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Amuleto in pasta vitrea lattescente montato in lamina d’argento.
    Veniva portato sul seno dalle donne nel periodo dell’allattamento per favorire la produzione del latte e aveva, inoltre, la funzione di proteggere i neonati dal malocchio.
    Nuoro, Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Sonagli in lamina d’argento e grani in pasta vitrea rossa.
    Collezione Cocco.

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    Pendente amuleto.
    Dente montato in oro.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Pendente amuleto.
    Corallo montato in lamina d’oro.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Ciprea montata in argento con ornamenti in filo ritorto e campanelli in lamina d’argento pendenti.
    Per la chiara allusione all’organo genitale femminile era considerata in grado di propiziare fertilità e ricchezza; veniva chiamato anche sorighe, soriche de mare, porceddana de mari.
    Collezione Cocco.

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    Amuleto composito.
    Due cipree montate in argento, di cui una in vetro con campanellini in argento pendenti, l’altra formata da una conchiglia, un campanellino d’argento pendente e due piccole perle in pasta vitrea azzurra pendenti; un cilindro di vetro montato in argento; una goccia di vetro sfaccettato montato in lamina d’argento; un occhio di Santa Lucia montato in lamina d’argento; una teca in argento contenente un frammento di tessuto sottovetro montata in lamina d’argento e un dente montato in argento, raccordati da una catena d’argento.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Sabegia.
    Globo in pasta vitrea nera, incapsulato in lamina d’argento incisa, con campanello in argento e grano montato in argento pendenti.
    Nuoro, Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Spilla sabegia.
    Globo in pasta vitrea nera, incapsulato in calotte di filigrana d’oro e sostenuto da piastrine in filigrana d’oro con piccole perle di corallo.
    Collezione I.S.O.L.A.

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    Amuleto “occhio di Santa Lucia” montato in argento.
    Nuoro, Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Reliquiario circolare contenente entro vetri un frammento di tessuto, montatura in lamina d’argento e filo ritorto.
    Nuoro, Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Sabegia.
    Globo in pasta vitrea nera, incapsulato in lamina d’argento incisa, con campanello in argento e grano montato in argento pendenti.
    Nuoro, Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde,
    dal volume Gioielli, Nuoro, Ilisso, 2004

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    Spilla sabegia.
    Globo in pasta vitrea nera, incapsulato in calotte di filigrana d’oro e sostenuto da piastrine in filigrana d’oro con piccole perle di corallo.
    Collezione I.S.O.L.A.

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Sa maghia

Is prendas de Sardigna paris cun su balore de bellesa, ant puru tentu unu balore de bonasorte, aende semper tentu balia màgica e religiosa. Unas cantas prendas beniant regaladas pro is batiales, acraròngios, cojuas. Dae s’antighidade, difatis, is prendas paret chi giughiant propriedades de amparu e de sanòngiu e serbiant puru pro bonasorte e pro istirire sa malasorte e s’imbìdia. Unas cantas bortas si tratat de custòdias tribballadas a fine e in intro ddis mantenent tzapuleddos de roba colorada, cogotzas, linna, pedras e àteru materiale.


Giulio Ulisse Arata e Giuseppe Biasi iscrìiant, in su 1935, in Arte Sarda:

«La civetteria femminile trova la sua più spiccata rappresentazione in tanti altri piccoli oggetti d’argento, dove il metallo acquista forme strane e capricciose. Alcuni di essi, e sono dei minuscoli e graziosissimi portaprofumi, conservano ancora linee primitive, non ostante siano recenti di fattura; e ve ne sono altri, contornati da fragili filigrane, che sono i più antichi.

Non meno interessanti e curiosi, per il loro carattere regionale, sono i cosiddetti “spuligadentes”. Anch’essi, come i precedenti, fanno parte dell’armamentario muliebre; e, dovendo servire ai ritocchi della toeletta femminile, si vedono ancora oggi appesi alle cinture d’argento che fasciano i corsetti. Molti degli esemplari, tanto quelli semplici che quelli a più elementi e chiusi da due valve finemente lavorate, sono per lo più di origine e di carattere spagnolesco.

Altri oggetti ancora, fusi nell’argento e con appesi simboli magici contro la jettatura o feticci contro il malocchio, danno una copiosa messe che interessa non solo il folklore, ma tutta la psicologia umana, anche se il loro valore non può riassumersi in un giudizio sicuro. Le radicate leggende di cui ha bisogno la fantasia popolare per spiegare e giustificare i fenomeni malefici della natura, trovano il loro contrapposto nella creduta magia di un minuscolo oggetto.

La credenza nelle virtù specifiche dei feticci e degli amuleti è un fatto che non è comune soltanto in Sardegna, ma è prerogativa di tutti i secoli, di tutti i tempi e di tutti i popoli. Il  fenomeno non interessa soltanto gli strati inferiori delle razze umane, più inclini a servirsi dei talismani per combattere le avversità della vita o premunirsi da malefizi e da sortilegi astratti; ma è un fenomeno che abbraccia anche popolazioni progredite e più avviate al raziocinio: se non vogliamo soggiungere che anche l’uomo evoluto, sempre turbato da mille vicende, si serve anch’esso dei più svariati talismani, vive di mille pregiudizi ed è sempre incline ai più significativi e grotteschi scongiuri.

Amuleti dispensatori di salute, e infallibili contro la jettatura e il malocchio, se ne incontrano, in Sardegna, di tutte le forme e per tutti gli usi; e la donna sarda li appende al collo dei propri figli o li indossa costantemente con soddisfatto compiacimento.

Qualunque oggetto trovato o scoperto in determinate condizioni diventa un istrumento contro la mala sorte; una pietruzza ereditata da un’avola centenaria, il manico di un bicchiere spezzatosi in caso fortuito, un frammento miracolosamente salvato da una catastrofe, un oggetto qualsiasi appartenuto ad un personaggio e mille altre cose, sono pretesti per mettere insieme un simbolo magico e poi conservarlo con religiosa cura: avanzo di un paganesimo remoto, ma così radicato nell’indole sarda che nemmeno la religione cristiana è riuscita a farlo totalmente scomparire, non ostante che il seme della superstizione sia oggi meno vitale e il popolo più evoluto».

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